In Serie A come alle urne, c’è una Napoli che vuole risorgere

Il Napoli ha colto a Firenze una doppia vittoria. Sul campo, la squadra ha prevalso su una buona Fiorentina, calata alla distanza e colpita con maestria dall’allungo di Osimhen, un soffio di vento e prepotenza fisica che terrorizza l’occidente come l’urlo di Chen e che ha procurato il rigore dal quale è nato il gol di Lozano, e dall’ennesima rete su calcio piazzato firmata da Rrahmani su splendido suggerimento di Zielinski. Al termine della partita, il Newpolitan Black Power ha reagito con determinazione alle provocazioni razziste provenienti dagli spalti, costringendo la Fiorentina a una seconda sconfitta, morale e mediatica, assai peggiore di quella sportiva.

Anche Aurelio De Laurentiis si gode un doppio primato, certamente inatteso dopo le ambasce estive, perché se il Napoli vola a punteggio pieno in Serie A, anche il Bari ha scalato la vetta del girone C della Lega Pro. Dopo la riforma delle multiproprietà voluta dalla Federazione, il tempo delle scelte per la Filmauro si avvicina ed entro il 2023 una delle due squadre dovrà essere ceduta; lanciare un’asta tra i tanti fondi interessati al calcio italiano con il Napoli in Champions e il Bari di nuovo tra i cadetti è un sogno a occhi aperti che potrebbe spingere – almeno per una volta – De Laurentiis ad abbandonare il suo proverbiale immobilismo invernale sul mercato di gennaio. Quello di Gaetano Manfredi, invece, è stato un mezzo trionfo, ridimensionato solo dall’enorme astensionismo che ha attraversato tutta la città. Un napoletano su due non ha votato, ma tra quelli che lo hanno fatto oltre il 60% ha scelto l’ex rettore della Federico II ed ex ministro. Manfredi ha ringraziato con dichiarazioni sobrie e interessanti, in linea con quelle degli ultimi mesi, puntando su competenza, efficienza e la ricostruzione in tempi brevi di una qualità della vita normale e degna di una grande città europea. Obiettivi scontati, ma evidentemente seducenti per i napoletani, reduci da dieci anni di disastri e di bassa demagogia.

La città “scassata” ha scelto come sindaco un profilo tecnico e discreto, agli antipodi dell’ormai “ex sindaco a distanza” Luigi de Magistris, divenuto nel frattempo consigliere, ma solo immaginario, in Calabria, tra la sorpresa dei media nazionali che hanno parlato di inedita vittoria dei competenti perché sconvolti dal fatto che Napoli non abbia eletto il Pulcinella di turno. Stereotipi che Manfredi faticherà ad archiviare, così come sarà difficile per lui tenere insieme il caravanserraglio delle liste e dei partiti che lo hanno sostenuto, una sorta di riedizione locale della famigerata Unione, più che dello stagionato Ulivo o del recente governo giallorosso. Del resto, la foto tra i “quasi amici” Vincenzo De Luca e i principali leader del Movimento Cinque Stelle – a cominciare dal presidente della Camera Roberto Fico per finire col dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio passando per l’ex premier Giuseppe Conte – ha immortalato un’intesa frettolosamente ribattezzata “Pace del Terminus” e già naufragata sotto gli attacchi del presidente della Campania che ha ribadito: «L’Ètat c’est moi!». Poi De Luca ha definito i vari Fico, Di Maio e Conte esponenti di un partito «irrilevante» che pesa solo il 9% in città, praticamente quanto ha racimolato da solo l’altro aspirante sindaco Antonio Bassolino. Se il buongiorno si vede dal mattino…