Il presunto malore dell’autista Alberto Rizzotto, il guardrail-ringhiera (con qualche buco) e i lavori di ammodernamento in programma da anni e non ancora partiti, il lancio dell’estintore da una altezza di circa dieci metri verso l’autobus precipitato e in fiamme. Sono ancora diversi gli aspetti da chiarire da parte della procura di Venezia che procede nelle indagini sulla strage di Mestre dove martedì sera, 3 ottobre, un bus che trasportava turisti è precipitato da un cavalcavia provocando la morte di 21 persone e il ferimento di altre 15 di cui 6 in gravi condizioni. A perdere la vita nove ucraini, quattro rumeni, tre tedeschi e due portoghesi, a cui si aggiungono un croato, un sudafricano e un italiano, ovvero l’autista Alberto Rizzotto.

Proprio l’autopsia sul corpo dell’autista chiarirà l’ipotesi malore del 40enne. “Il primo a dare i soccorsi è stato l’autista di un altro bus che è stato affiancato, non toccato, dal mezzo precipitato” ha detto ieri, 4 ottobre, il procuratore di Venezia Bruno Cherchi sull’incidente di ieri a Mestre. “Nel dare l’allarme – ha sottolineato – ha anche lanciato un suo estintore verso il mezzo precipitato, che sprigionava fiamme”. Estintore lanciato da un’altezza di circa dieci metri dopo che il bus, precipitato vicino ai binari della stazione di Mestre, si è capovolto, ‘schiacciato’ su se stesso e ha preso immediatamente fuoco, probabilmente, per il tipo di alimentazione ibrida metano-gasolio del mezzo.
Proprio le testimonianze, oltre alle immagini della videosorveglianza, escludono che il bus precipitato andasse veloce. Così come escludono contatti con altri mezzi. Nel filmato si vede l’autobus bianco superare un altro mezzo per poi costeggiare il guardrail per diversi metri prima di precipitare nel vuoto. “I testimoni – ha aggiunto Cherchi – hanno detto che andava piano, il tratto stradale prima è in salita e comunque, oggettivamente, non permette alte velocità. Comunque ci arriveranno i dati a certificare anche questo”, ha concluso.

Focus su manutenzione e lavori mai partiti

Da chiarire anche le condizioni dello stesso guardrail e gli interventi di manutenzione cui è stato (o meno) sottoposto nel corso degli anni. Tra l’altro è emerso che mancava una parte della protezione (circa due metri) lungo il tratto dove è avvenuto l’incidente. Un’immagine satellitare del 2022 di Google Maps restituisce che lungo il cavalcavia di Mestre in cui è precipitato il bus manca un tratto di guardrail. Per l’assessore alla Mobilità del capoluogo veneto Renato Boraso, però, quella ‘mancanza’ “di un metro e cinquanta è un punto di passaggio, un varco di accesso per motivi di sicurezza, per la manutenzione” spiega all’Adnkronos. “Si tratta – aggiunge- di una piccola interruzione che si trova, talvolta, lungo i guardrail. Non vorrei che qualcuno pensasse che 13,5 tonnellate (il peso del bus precipitato, ndr) si sarebbero fermate per un metro e cinquanta” in più di barriera. “Bisogna capire perché in un rettilineo in discesa questo bus ha perso il controllo, il guardrail non è neanche una concausa perché siamo in un rettilineo” evidenzia Boraso, ammettendo che “sicuramente la doppia fila di guardrail è vetusta perché così abbiamo ereditato questo cavalcavia”, ora al centro di un progetto di ammodernamento da 6,5 milioni di euro. “Non è che un metro e mezzo impedisce la caduta”, dice Boraso, assicurando che il bus è precipitato “25 metri dopo”.

“Non era guardrail ma ringhiera” la denuncia del titolare della compagnia di trasporti

“Purtroppo non era un guardrail ma una ringhiera” sottolinea Massimo Fiorese, amministratore delegato di “La Linea”, la compagnia di trasporti cui appartiene il bus precipitato. “C’è una telecamera fissa sopra il cavalcavia di cui ho visto solo frammenti di immagine: si vede l’autobus che a una velocità minima si appoggia su un guardrail – spiega Fiorese all’agenzia di stampa Ansa – che purtroppo non è un guardrail ma una ringhiera. Mi sembra che lo stiano sostituendo e ci sono dei lavori in corso, giusto poco prima” del punto dell’incidente.

Le indagini: al momento nessun indagato

Quel che è emerso in questa prima fase di indagini è che il bus precipitato non ha avuto contatti, in precedenza, con altri mezzi. E’ stata acquisita la scatola nera presente nell’autobus. Il fascicolo aperto dalla procura di Venezia è per omicidio stradale plurimo. “Non ci sono allo stato indagati – ha detto il capo dei pm Bruno Cherchi – mentre il guardrail, la zona di caduta del bus e lo stesso mezzo sono sotto sequestro”. Le ipotesi dell’incidente restano sempre la manovra azzardata o il malore.


Le vittime

Le vittime tutte identificate, sei feriti gravi

A perdere la vita, come detto, nove ucraini, quattro rumeni, tre tedeschi e due portoghesi, a cui si aggiungono un croato, un sudafricano e un italiano, ovvero l’autista Alberto Rizzotto.
Al momento sono 8 le vittime di cui è stato possibile accertare l’identità. Sette di queste sono femmine. L’unico maschio è un bambino di un anno e mezzo. La maggior parte sono giovani: una ragazzina di circa 11 anni, una ragazza di 28 anni, due giovani di 30, una di 38 anni e due donne di 65 e 70 anni. L’identificazione sta risultando complicata dal fatto che in molti non avevano documenti e anche perché i corpi sono irriconoscibili perché in parte carbonizzati. Per identificarli sarà usato il test del Dna. Critiche le condizioni di almeno 6 dei 15 feriti. Tra loro una coppia di fratelli, tre anni e 13 anni, austriaci e ricoverati a Treviso. La loro madre e il compagno sono morti nello schianto.

 

Redazione

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