Lavoro e pari opportunità
Includere le “diversità” per combattere le disuguaglianze
«Come si può fare a difendere la propria unicità? Si prendono per mano tutte le cose che ci abitano, quelle belle e quelle brutte, e si portano in alto, si sollevano insieme a noi, alla luce del sole. Sarà bellissimo abbracciare la nostra unicità e sarà più probabile aprirci all’unicità dell’altro, mentre il conflitto ci allontana». Eccolo, il passaggio più citato del monologo – colto, elegante e arguto – di Drusilla, alter ego di Gianluca Gori, al Festival di Sanremo. Parla di unicità l’artista, e la preferisce al termine “diversità” perché quest’ultima, spiega, avrebbe “in sé qualcosa di comparativo, una distanza”.
Eppure “diversity” – termine adottato negli Usa alla fine degli Anni ’80 con riferimento al mondo del lavoro – è diventato, nella sua declinazione quotidiana, un termine “ombrello” abbastanza ampio da avvicinarsi il più possibile alla complessità del reale. Perché, come ha spiegato Marco Frey, presidente di UNGCN Italia, non si riferisce solo alla diversità di genere, ma comprende tutti i gruppi considerati più vulnerabili e che rischiano di non avere pari accesso e opportunità: persone con disabilità, migranti, giovani, anziani, persone LBGTQ+. Insomma, le forme e gli elementi che compongono la diversità sono molteplici, senza contare il fatto che esiste una “diversità nella diversità”: non tutti quelli che ricevono la stessa etichetta hanno gli stessi bisogni.
Ne sanno qualcosa i Diversity e Inclusion manager delle aziende che hanno deciso di adottare politiche di gestione del personale aperte a tutte le diversità e, dunque, il più possibile inclusive: il percorso di “D&I” affonda le radici nei diritti umani fondamentali ed è – in molti casi – previsto e regolato dalla normativa italiana ed internazionale. Tanto più che la pandemia da Covid-19 ha approfondito le disuguaglianze già presenti negli assetti lavorativi. Questo il senso delle nuove linee guida su “Diversity & Inclusion in azienda” che rappresentano il risultato del primo anno di attività dell’Osservatorio dedicato con il coinvolgimento di 17 grandi aziende che vi hanno aderito, provenienti da settori diversi. Lanciate dal Global Compact delle Nazioni Unite lo scorso dicembre, in partnership con ILO – Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ufficio per l’Italia) e AIDP – Associazione Italiana Direzione Personale – hanno l’obiettivo di fornire i riferimenti normativi nazionali e internazionali ai diversi contesti aziendali, orientate al pieno sviluppo delle competenze e dei talenti presenti.
In Italia che, come sappiamo, per occupazione femminile è ultima in Europa con un tasso del 48% secondo i dati Istat e Eige, e dove il fenomeno dell’inattività è sempre più allarmante, c’è ancora molto lavoro da fare in questa direzione. Tra i fattori che incidono sul godimento di pari opportunità lavorative, la maternità è uno dei primi: le donne con figli non solo hanno meno possibilità di assunzione e carriera, ma solitamente guadagnano meno a parità di lavoro svolto (c.d. employment penalty). Per non parlare dello scarso accesso femminile alle professioni afferenti alle materie STEM (Science, Technology, Engineering & Math) e agli impieghi del futuro, in cui gli stipendi sono generalmente più alti. Oltre a garantire l’accesso al mercato del lavoro, è prioritario dunque risolvere la differenza salariale e la mancata possibilità di carriera.
«È necessario diffondere a livello globale una vera cultura delle diversità che ne promuova il valore nelle imprese», spiega Luciana De Laurentiis che guida in Fastweb la funzione di Corporate Culture & Inclusion. Come? «Lavorando su azioni specifiche che permettano alle persone di sentirsi accolte e al sicuro». Per esempio, «come società Benefit – quelle società che nell’esercizio di un’attività economica, oltre allo scopo di dividerne gli utili, perseguono anche finalità di beneficio comune e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente, ndr – diamo maggiore forza a iniziative di sostenibilità inclusiva su vari ambiti sia all’interno che all’esterno della nostra organizzazione: dalla disabilità al sostegno ai caregiver, dalla lotta alle discriminazioni di qualunque natura alla parità di genere, fino alla valorizzazione delle competenze femminili in ambito STEM».
L’inclusione digitale e in particolare l’avvicinamento di ragazze e donne verso le materie STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics) è un altro degli ambiti in cui Fastweb agisce «nella convinzione che ci sia bisogno del contributo delle ragazze e delle donne in area STEM per sostenere innovazione e progresso sociale ed economico». «Le ragazze, in Italia in particolare», spiega De Laurentiis, «tendono ad evitare gli studi relativi alle materie scientifiche e tecnologiche, per questo, le nostre colleghe si propongono come ‘role model’ nelle scuole, già a partire dalle medie, per diffondere una cultura dell’educazione sempre più inclusiva, che permetta alle bambine di oggi di diventare donne più libere di scegliere per sé e il proprio futuro, professionale e personale. Agiamo anche nelle scuole superiori e nelle Università con vari programmi di orientamento e sostegno alle studentesse di materie STEM e in particolare offriamo attraverso la nostra Fastweb Digital Academy accesso gratuito a corsi e percorsi per accrescere le proprie competenze digitali e prepararsi alle professioni del futuro».
Ma creare un luogo più inclusivo, in cui le persone possano esprimere con orgoglio la propria unicità, significa anche «rappresentare in modo realistico e non patinato il mondo del lavoro di oggi», prosegue la manager di Fastweb: «Per questo, abbiamo coinvolto le persone di Fastweb a creare, con le loro foto, una Library pubblica con una prospettiva diversa che racconta chi opera in un mondo del lavoro in cui gli uomini non sono per forza più alti delle donne, in cui non tutti vantano una perfetta forma fisica e dove etnie differenti e disabilità rientrano nella normalità quotidiana».
«#TuSeiFuturo non è solo il nostro claim», conclude De Laurentiis, «ma la testimonianza diretta di un impegno inclusivo». L’unico in grado di far crescere un’azienda, dando valore a proprio tutti i lavoratori. Nessuno escluso.
© Riproduzione riservata