Il tycoon sembra indifferente ai destini africani
Incontro Meloni-Trump: i dossier dimenticati, Libia e Piano Mattei, quello di cui non si parlerà alla Casa Bianca
Il vertice di Washington si regge sul sottile equilibrio dei rapporti Ue-Usa e quello dei bilaterali Usa-Italia.

Il blitz di Giorgia Meloni a Washington arriva in uno dei momenti più complessi dei rapporti tra Stati Uniti e Unione Europea. E di conseguenza anche tra Stati Uniti e Italia. La tensione è alta. Tanto che Meloni, prima di partire per gli States, si è coordinata con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. È possibile che la premier cercherà di fare anche da tramite per promuovere un contatto tra The Donald e Ursula.
Ma il vertice di Washington si snoda su un sottile equilibrio: quello dei rapporti tra Ue e Usa e quello dei rapporti bilaterali tra Usa e Italia. Ed è su questo secondo piano che si giocano le partite forse più delicate per la politica estera di Meloni. Nell’incontro, tutto ruoterà intorno ai dazi, probabilmente si parlerà anche di spese militari. In ballo ci sono i rapporti con la Cina. Non è da escludere che venga fatto anche il punto della situazione sull’importazione di gas naturale liquefatto dagli Stati Uniti. Ma se questi temi interessano agli Usa, il rischio è che l’incontro venga “dirottato” solo su questi temi, senza che Trump riesca a comprendere le logiche italiane. Per Meloni, però, la vicinanza del tycoon serve come leva per tutta una serie di dossier strategici a cui Roma deve prestare attenzione. Sul fronte ucraino, la “palla”, in Europa, sembra ormai saldamente nelle mani di Francia e Regno Unito.
Tanto che Emmanuel Macron oggi riceverà il segretario di Stato americano, Marco Rubio, e l’inviato della Casa Bianca, Steve Witkoff. Il nucleare iraniano vedrà Roma come base di un secondo round di colloqui tra Teheran e Washington, ma l’Italia, più che da mediatore, fa da palcoscenico. E se il fronte orientale e mediorientale è una partita in cui Roma ha ormai poco margine (se non per ricordare le missioni di pace italiane in Libano e Iraq come leva sulle spese e sul possibile ruolo in altri scenari bellici), è quello meridionale in cui Palazzo Chigi spera di spingere sull’acceleratore. Meloni ha scommesso molto, anche a livello mediatico, sul “Piano Mattei”, l’iniziativa diplomatica per ristabilire e rafforzare i legami dell’Italia con l’Africa.
E in questo progetto, il placet di Washington è essenziale, tanto che si sta cercando di ottenerlo anche mostrando il “Piano Mattei” come alternativa all’influenza cinese e russa. Trump però sembra indifferente ai destini africani. E questo, per il governo, è un problema.
Specialmente se proiettato su uno dei dossier più importante per l’Italia: la Libia. Un terreno dove Roma e Washington avrebbero in realtà molti interessi in comune. Come ha scritto l’Atlantico Council, Trump, che in questo secondo mandato appare molto meno legato ai vecchi schemi della diplomazia Usa, potrebbe anche rivoluzionare i suoi rapporti con i vari leader libici. Per ora, gli Stati Uniti sono rimasti in disparte. Cosa che ha permesso soprattutto a due attori, Russia e Turchia, di prendere in mano il destino del Paese nordafricano, con la Cina a fare da spettatore interessato. Ma per l’Italia riportare gli Usa nella partita libica è un passaggio indispensabile.
Dal controllo delle rotte migratorie fino all’acquisto di gas e petrolio, dagli investimenti delle grandi aziende fino al ruolo di Mosca in Cirenaica, con il sostegno di Khalifa Haftar (legato però anche a Washington), la Libia rappresenta uno snodo strategico fondamentale per l’Italia. E gli Stati Uniti possono dare un contributo decisivo. Qualcosa si sta muovendo. Di recente, il comandante dello United States Africa Command (Africom) ha ribadito che gli Usa sostengono la riunificazione dell’esercito sotto un’unica autorità legittima. A marzo, i bombardieri B-52 americani hanno sorvolato la Libia fino a Sirte per un’esercitazione che a molti è apparsa come un chiaro avvertimento nei riguardi di Mosca, che a pochi chilometri da lì ha una delle sue basi più importanti. Il Pentagono non ha dimenticato la Libia né il fatto che il Sahe, a sud, sia ormai in mano a regimi golpisti quasi tutti legati alla Russia.
Ma nel faccia a faccia a Washington tra Meloni e Trump probabilmente la Libia sarà più che in secondo piano, lontanissima dagli attuali di The Donald. E forse è proprio questo tema così distante dalla Casa Bianca a essere quello più importante per la sicurezza italiana.
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