Sul tema delle ingiuste detenzioni si sostiene frequentemente, senza contraddittorio ed a mezzo di canali televisivi, che i numeri delle ingiuste detenzioni nel distretto catanzarese non sarebbero poi così gravi e si attesterebbero sulla media nazionale. Le denunce delle camere penali circa un uso eccessivo delle misure cautelari sarebbero, pertanto, strumentali e non vere. La presa di posizione dei penalisti sul tema non è un attacco alla magistratura ma la constatazione che il sistema presenta delle forti anomalie. E quando si parla di sistema il riferimento non è certo ai singoli magistrati, poiché la distorsione riguarda tutti gli uffici giudiziari dello Stivale con una specificità nei distretti calabresi, e non riguarda solo le Procure ma anche gli organi giudicanti chiamati a decidere sulle misure cautelari.

Per cercare di mettere un po’ d’ordine nella vicenda, l’unico strumento a disposizione è il rapporto che il Ministero della Giustizia invia ogni anno al Parlamento sullo stato dell’applicazione delle misure cautelari e sulle ingiuste detenzioni. Il primo dato del rapporto riferito al 2024 è che lo Stato italiano ha riconosciuto come “ingiustamente detenuti” ben 589 cittadini. A queste 589 persone ne vanno aggiunte altre 704 che, sebbene abbiano fatto domanda di indennizzo, si sono viste dichiarare inammissibile l’istanza o rigettare la richiesta sulla base di un orientamento restrittivo elaborato dagli uffici giudiziari, oltre a quelli che, pur vedendo riconosciuta la loro estraneità alle accuse, hanno rinunciato a qualsiasi domanda perché sfiancati dalla vicenda giudiziaria patita.

Ingiuste detenzioni, Calabria in testa col 30%

Entrando nel dettaglio del rapporto e nell’analisi dei Distretti di Corte d’Appello calabresi (Catanzaro e Reggio Calabria), emerge che nel 2024, dei 589 cittadini ingiustamente detenuti e riconosciuti come tali, ben 117 riguardano il distretto catanzarese e 62 quello reggino, per un totale nella regione Calabria di 179 persone. In termini percentuali questo significa che, dei 589 cittadini che hanno beneficiato dell’indennizzo, perché sottoposti a carcere nelle patrie galere, ben il 20% riguarda il Distretto della Corte d’Appello di Catanzaro ed il 10,30% il distretto della Corte d’Appello di Reggio Calabria, per un totale nella regione Calabria del 30,30%. Ciò significa che nel 2024 – su 5 cittadini indennizzati in tutta Italia – 1,5 di questi è stato ingiustamente detenuto per misure restrittive emesse nei distretti calabresi (1 nel distretto catanzarese e 0,50 nel distretto reggino).

Risarcimenti, in Calabria speso un terzo del totale nazionale

Sempre nell’ambito della lettura dei numeri, non può non essere messo in evidenza come le percentuali appena descritte siano ancora più considerevoli se rapportate al numero di abitanti residenti nei territori di competenza dei distretti calabresi, collocati tra i distretti di media dimensione (con meno di 2 milioni di abitanti). Per dare un’idea dello stato dell’arte in Calabria e sempre prendendo come riferimento l’anno 2024 (ma purtroppo il trend è lo stesso dal 2019), sul totale di 26,9 milioni di euro spesi dallo Stato per l’indennizzo delle ingiuste detenzioni, ben €8.817.111 (32,80%) sono stati destinati per le Corti d’Appello calabresi, ossia €4.274.784 per Catanzaro (15,90%) ed €4.543.327 per Reggio Calabria (16,90%). Sempre in termini percentuali questo significa che il 32,80% delle risorse pagate dallo Stato è stato assegnato alla Calabria che – con meno di 2 milioni di abitanti – si colloca al 1° posto in assoluto, seguita dalla vicina Sicilia a cui – con una popolazione di gran lunga superiore – viene assegnato il 22,80% delle risorse.

Il costo umano non quantificabile

Dietro questi numeri purtroppo c’è un enorme costo umano, rappresentato dai patimenti e dalla sofferenza che gli ingiustamente detenuti ed i loro familiari hanno dovuto patire, oltre al costo economico rappresentato dagli esborsi monetari ed al costo sociale rappresentato dall’aumento della sfiducia dei cittadini nell’amministrazione della giustizia. A cosa può essere addebitato tale fenomeno? A meno di voler rispolverare le teorie del Lombroso e quindi accedere alla teoria che i calabresi sono più inclini al delinquere per una predisposizione biologica al crimine, o che i magistrati operanti nel territorio calabrese siano più portati all’errore, si può sostenere che tale fenomeno sia il frutto delle c.d. maxi-operazioni che colpiscono centinaia di persone con un setaccio a maglia larga.

Le maxi operazioni con… centinaia di assoluzioni

I dati delle maxi operazioni, alcuni totali ed altri ancora parziali, sembrano confermare questa conclusione: decine e decine (centinaia) di assolti, alcuni già dopo il primo grado di giudizio (es. Stige-Rinascita Scott), consentono di poter affermare che la causa principale dei numeri di ingiusta detenzione può essere ricondotta essenzialmente al gigantismo processuale. A questa conclusione si perviene anche partendo da una ulteriore considerazione, che non può sfuggire all’attento lettore, ossia dal fatto che le sedi dove risultano liquidate le somme più alte siano proprio quelle nelle quali si celebra un numero rilevante di maxi processi alla criminalità organizzata per reati di natura associativa, e dove si registra un’enorme differenza tra il numero di soggetti sottoposti a misura cautelare e quello di coloro i quali, all’esito del giudizio, vengono condannati.

La malattia del sistema

Sistema di indagine dei grandi numeri che non è ben visto neanche da una parte della stessa magistratura, il più delle volte chiamata a dover decidere, con gli stretti tempi processuali previsti per le misure cautelari, sulla libertà di un numero esorbitante di indagati. L’unico obiettivo di questa analisi è quello di denunciare una malattia del sistema ormai cronicizzata che colpisce centinaia di vite umane, distruggendole, e che richiede un intervento non più rinviabile. Per i penalisti delle camere penali italiane contano le garanzie dei cittadini e le battaglie sostenute sono e saranno indirizzate sempre alla tutela dei diritti di libertà dell’uomo. La speranza è che il Parlamento analizzi attentamente il rapporto e, spogliandosi dal timore reverenziale verso la magistratura ed esercitando in pieno le prerogative che il popolo gli assegna, ne tragga le dovute conseguenze.

Giuseppe Mario Aloi - avvocato penalista

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