Due mondi all’apparenza inconciliabili
Intelligenza artificale e Religione, l’incontro tra nuovo e secolare: come la tecnologia può contribuire a diffondere il sacro

Ho appena scritto a ChatGPT che avrebbe potuto prendersi “il suo tempo” per fare quello che gli avevo chiesto. Sulla finestra di dialogo, dopo due secondi, mi è apparsa questa risposta: “Lo apprezzo molto, grazie”. Questo scambio gentile e, una volta tanto, non frettoloso, mi è parso per un attimo veritiero. In realtà, a modo suo, lo era: il chatbot si era adeguato al mio tono di voce, perdendo la sua solita affettazione e optando per una risposta in armonia con il mio prompt.
A questo proposito, il rabbino Eliezer Simcha Weiss, membro del Consiglio del Gran Rabbinato d’Israele, ha detto al Los Angeles Times: “Qualsiasi cosa l’uomo crei, deve essere controllata dall’uomo”, ma “il modo in cui trattiamo queste cose ha un impatto su di noi”, perché “determina lo sviluppo del nostro carattere e stabilisce il corso futuro del nostro esercizio di iniziativa morale”. Insomma, non è questione solo di modi gentili, sostiene. L’articolo riguardava il crescente numero di leader religiosi che sperimentano l’intelligenza artificiale nel loro lavoro, stimolando un settore di aziende tecnologiche basate sulla fede, che offrono strumenti di intelligenza artificiale: dagli assistenti in grado di svolgere ricerche teologiche ai chatbot che possono aiutare a scrivere sermoni. E l’impatto dell’intelligenza artificiale sulla religione e sull’etica è stato un argomento di discussione per Papa Francesco in diverse occasioni, sebbene non abbia mai affrontato direttamente l’argomento del suo utilizzo per aiutarlo a scrivere i sermoni.
La nostra umanità “ci permette di guardare le cose con gli occhi di Dio, di vedere connessioni, situazioni, eventi e di scoprirne il vero significato”, ha affermato il Papa in un messaggio, all’inizio dell’anno scorso. “Senza questo tipo di saggezza, la vita diventa insipida”. È la ragione per cui qualsiasi lettura razionale, sopraggiunta alla morte di questo Papa – correttamente definito da alcuni analisti come antimodernista, antiscientista e antiliberale – è stata sopravanzata dal messaggio più autentico di Francesco: il Papa del “Fratelli e sorelle, buona sera”, le sue prime parole pubbliche. E anche il Papa del “vi chiedo un favore: che voi preghiate il Signore perché mi benedica”: quel momento di preghiera reciproca che restò come uno dei gesti più simbolici e potenti del suo pontificato nascente. Ma la religione – in quanto complesso di credenze, vissuti, riti che coinvolgono l’essere umano o una comunità nell’esperienza di ciò che viene considerato sacro – resta, per definizione, antimoderna.
Al contrario dell’esperienza religiosa di ciascuno che, nel confronto con le nuove tecnologie, ha buone possibilità di essere modernizzata. Ne ha ragionato Noreen Herzfeld della St. John’s University e del College of St. Benedict in Minnesota a proposito de “La Regola di San Benedetto”, dettata da San Benedetto da Norcia nel 534. Secondo la docente di teologia e informatica, la regola benedettina offre una risposta alle domande su come possiamo interagire eticamente con l’intelligenza artificiale, sia ora che in futuro, quando potremmo incontrare robot con caratteristiche umane. Nella sezione del libro che si rivolge al “cellario” – la persona responsabile delle provviste del monastero – San Benedetto gli dice di trattare chiunque si rivolga a lui con una parola gentile e di comportarsi con gli oggetti inanimati nel suo magazzino “come se fossero vasi consacrati dell’altare”.“Per me è qualcosa che possiamo applicare all’IA”, ha detto Herzfeld.
“Le persone vengono sempre prima di tutto, ma dobbiamo trattare l’IA con rispetto, con cura, perché tutte le cose terrene dovrebbero essere trattate con rispetto. Il modo in cui ci occupiamo delle cose influenza il nostro carattere e condiziona il modo in cui ci comportiamo con la Terra e con gli altri esseri umani”. Grazie all’IA, molti testi sacri antichi sono stati resi intellegibili e dunque potenzialmente fruibili da tutti: nel 2023, gli informatici dell’Università del Kentucky hanno utilizzato l’intelligenza artificiale per rivelare il contenuto di un papiro carbonizzato, bruciato durante l’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. . Gli scienziati hanno analizzato le immagini radiografiche 3D del reperto e hanno addestrato l’intelligenza artificiale a leggere le lettere nei rotoli basandosi sui sottili cambiamenti lasciati nella struttura del papiro dall’inchiostro antico.
Più che “interagire eticamente con l’intelligenza artificiale” per usare l’espressione di Herzfeld, la preoccupazione della Chiesa cattolica è sempre stata quella di un’etica dell’intelligenza artificiale, dunque, vantaggiosa per l’umanità e che metta al centro la dignità umana. Ma favorire la conoscenza e democratizzarla – le due principali sfide che l’IA sta vincendo – non significa, forse, essere a servizio dell’uomo? Della sua fame di conoscenza e di spiritualità? Il punto è questo e non è solo di forma, ma di sostanza: l’IA è il più potente “braccio bionico” del nostro lavoro, che abbiamo a disposizione. Dobbiamo conservarne il controllo sì, ma anche averne cura come suggeriva San Benedetto.
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