Le utenze telefoniche messe sotto intercettazione nell’ultimo anno, su richiesta della Procura di Napoli, sono state 2.079, le captazioni ambientali sono state 200. A questi numeri vanno aggiunte le 6.760 intercettazioni telefoniche e le 906 ambientali disposte, in un anno, dalla Direzione distrettuale antimafia, vale a dire nell’ambito di inchieste per reati di matrice camorristica, affiliazioni a clan della camorra, collusioni varie. Infine, si sono contate 84 utenze finite sotto il controllo di trojan e altri dispositivi nel contesto di indagini finalizzate, a Napoli, alla lotta al terrorismo. Eccoli i numeri dello strumento investigativo più usato dalle Procure e più dibattuto negli ultimi tempi, soprattutto alla luce della sentenza Cavallo emessa a gennaio scorso dalla Corte di Cassazione a sezioni unite per dire basta all’uso improprio delle cosiddette intercettazioni a strascico. Dal bilancio sociale della Procura di Napoli è già emerso che in un anno le spese sostenute per le intercettazioni ammontano a più di 12 milioni di euro.

Per comprendere quanto diffuso sia nelle indagini il ricorso alle intercettazioni basta confrontare il dato napoletano con i numeri delle altre Procure campane, dove i dati riguardano esclusivamente le intercettazioni disposte ini indagini coordinate dalla Procura ordinaria, quindi per reati ambientali, finanziari, di criminalità comune o di pubblica amministrazione, ma non di Dda per intenderci. A Santa Maria Capua Vetere, per esempio, i pubblici ministeri hanno intercettato 2.076 utenze telefoniche solo nell’ambito di indagini della Procura ordinaria e 246 ambienti. A Napoli Nord, in un anno, si sono eseguite 910 intercettazioni telefoniche e 150 ambientali, mentre a Nola 256 captazioni telefoniche e 94 ambientali e a Torre Annunziata 374 telefoniche e 84 ambientali. A Benevento e Avellino, infine, i numeri sono più contenuti ma, se rapportati al numero di indagini, tutt’altro che irrilevanti: 823 intercettazioni telefoniche e 179 ambientali su richiesta dei pm a Benevento e 107 telefoniche e 16 ambientali ad Avellino.

Nel complesso, quindi, le intercettazioni disposte dalle Procure del distretto sono state, in un anno, più di 13mila. Il discorso sulle intercettazioni si lega inevitabilmente a quello sulla durata delle indagini preliminari, altro tema delicato e controverso nel dibattito giudiziario e sul quale da tempo si chiede un intervento riformista. Sotto accusa, soprattutto da parte degli avvocati, ci sono i tempi eccessivamente lunghi delle indagini preliminari che possono anche portarsi per anni senza che sia prevista alcuna sanzione. E alla fine, come emerge dagli ultimi bilanci sulla giustizia, accade che il 53 per cento delle prescrizioni maturi proprio nel corso delle indagini preliminari e il 24 per cento nel corso del giudizio di primo grado.

Puntando la lente di ingrandimento sui numeri della Procura di Napoli, in particolare sui procedimenti contro noti definiti presso la Procura del Centro Direzionale, la realtà può essere rappresentata ancora attraverso i numeri: nel 2019 ci sono state 19.871 richieste di archiviazione, 3.130 richieste di giudizio, 5.676 richieste di riti alternativi e 12.203 citazioni dirette a giudizio. Mentre i procedimenti definiti presso l’ufficio del giudice dell’udienza preliminare sono stati, in un anno, 20.932 quelli chiusi con decreto di archiviazione, 1.259 con sentenze di rito alternativo, 839 con decreti di condanna esecutivi, 2.973 con rinvio a giudizio.

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).