L'editoriale
Intercettazioni, cosa accade in un Paese assuefatto al Trojan: la deriva indecifrabile di Nordio

Non piace al senatore Scarpinato la riforma appena approvata dal Senato, che rafforza le garanzie del cittadino il cui smartphone venga sottoposto a sequestro. C’è tutta la nostra vita privata, la più intima ed inviolabile, nella capiente memoria del nostro ormai inseparabile strumento di comunicazione con il mondo, e dunque si sta finalmente stabilendo che l’eventuale suo sequestro debba essere vagliato da un Giudice, e non più affidato alla solitaria iniziativa del Pubblico Ministero. Quando doverosamente si rafforzano le garanzie del cittadino nei confronti del potere investigativo dello Stato, occorre prevedere tempi serrati ma adeguati a dare effettività a quelle regole di tutela. Tempi per il giudice di vagliare, discernere, decidere; tempi per il cittadino di difendere la riservatezza della propria vita. Ma secondo lo Scarpinato-pensiero, “i malintenzionati” a cui lo smartphone sia stato sequestrato, avranno ora il tempo di accedere dal computer a “wapp web”, e cancellare le chat che li inguaiano. Scarpinato dovrebbe sapere benissimo che queste operazioni di cancellazione non avranno alcuna efficacia reale, ma non è questo il punto.
Tutele e garanzie per farla franca
Il fatto è che le parole del senatore grillino, come ha ben colto immediatamente in aula il senatore Renzi, danno la misura del quadro valoriale che esprime l’ex magistrato, e chi la pensa come lui. I cittadini sono potenzialmente tutti dei malintenzionati, sicché munirli di tutele e garanzie troppo stringenti consentirà loro di farla franca. Per questi populisti e giustizialisti nostrani, il mondo è popolato da mascalzoni, e dunque l’unico compito delle istituzioni è quello di scovarli, ovunque essi si annidino e con qualunque mezzo. Le garanzie intralciano questa sacra missione, e i colpevoli -come ama dire Davigo- la fanno franca. Ci dobbiamo stupire? Nossignore, questo è il pensiero dei populisti italiani, Scarpinato è perfettamente coerente con quell’universo di valori.
La rivendicazione di Nordio
Non possiamo dire lo stesso di Carlo Nordio, che in una lunga intervista rivendica certo il valore di questa riforma, ma allo stesso tempo afferma che invece “il problema del trojan è secondario”. Si tratta di una affermazione assai lontana da quanto da lui affermato non solo negli anni da semplice editorialista, ma ancora poco tempo fa da Ministro (“trojan incivile”, 22 dicembre 2022). D’altronde, occorre prendere atto che il Ministro ha messo la propria convinta firma sulla estensione dell’uso di questo strumento, prima riservato alla sola ipotesi di associazione mafiosa, anche ai reati comuni commessi con “modalità mafiose”, determinando un ampliamento micidiale dell’uso legittimo di questo strumento. Nordio cede dunque al fascino del trojan, senza avvedersi di come questo strumento sia al contrario divenuto addirittura il protagonista della vita democratica del Paese.
Assuefatti all’ascolto
Siamo una democrazia ascoltata, le sorti politiche ed elettorali, a livello sia locale che nazionale, ruotano intorno agli esiti di questi ascolti, in gran parte, badate bene, penalmente irrilevanti ma voluttuosamente rilanciati dai media e largamente sufficienti a suscitare, non di rado fondatamente, riprovazione morale per il modo di vivere la cosa pubblica da parte di questo o di quel rappresentante politico. Il fatto è che ci siamo assuefatti all’idea di questo ascolto indiscriminato, di questa pesca a strascico che il trojan per sua natura consente ben al di là della rilevanza penale dei comportamenti che esso sarebbe esclusivamente destinato a disvelare, e riteniamo sia nostro diritto ascoltare, giudicare, riprovare.
Dunque, definire “secondario” il problema invece impellente di una rigorosa regolamentazione restrittiva dell’uso del captatore informatico, appare davvero sorprendente. Non mi stupisce Scarpinato ed il suo mondo ossessivamente popolato non da cittadini ma da “malintenzionati”; mi sconforta invece la deriva davvero indecifrabile, e francamente ormai indifendibile, di quello che doveva essere il primo Ministro liberale della Giustizia.
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