L'incontro
Intercettazioni Cosimo Ferri, la verità sulla sentenza shock della Consulta
Il Pg di Perugia Sergio Sottani intende far luce su quanto accaduto nella Procura umbra

Fra i dieci casi di “Opinioni dissenzienti in Corte Costituzionale”, come recita il titolo dell’ultimo libro di Nicolò Zanon, professore di diritto pubblico alla Statale di Milano e fino allo scorso novembre vice presidente della Consulta, uno riguarda l’utilizzabilità delle intercettazioni contro il giudice Cosimo Ferri, allora deputato di Italia Viva, effettuate la sera dell’8 maggio del 2019 presso l’hotel Champagne di Roma mediante il trojan inserito nel cellulare dell’ex presidente dell’Anm Luca Palamara.
Le tappe del conflitto
Nel libro, edito da Zanichelli, Zanon ripercorre le tappe del conflitto di attribuzione che era stato sollevato dalla Sezione disciplinare del Csm che aveva l’interesse ad utilizzare tali ascolti contro Ferri. La Consulta aveva sancito che non vi fosse stata alcuna violazione delle guarentigie parlamentari. La Corte aveva anzitutto stabilito che le intercettazioni di Ferri non fossero “indirette” bensì “casuali” e che pertanto non potessero ritenersi inutilizzabili, come ritenuto invece dalla Camera “perché effettuate in violazione dell’art. 4 della legge n. 140 del 2003”. Altresì aveva sancito che “la richiesta di autorizzazione avanzata dalla Sezione disciplinare richiede una nuova valutazione, da parte della stessa Camera, della sussistenza dei presupposti ai quali l’utilizzazione delle intercettazioni effettuate in un diverso procedimento è condizionata, ai sensi dell’art. 6, comma 2, della medesima legge” . E con ciò richiamando il Parlamento al dovere di leale collaborazione, in quanto “l’ulteriore esercizio o del potere di autorizzazione dovrà conformarsi al canone di leale collaborazione istituzionale, che si svolge in base ai “ paradigmi e alle regole della correttezza nei rapporti reciproci e del rispetto dell’altrui autonomia» (sentenza n. 379 del 1992)” canone al quale i poteri in conflitto si sono d’altronde finora attenuti”.
Palla in campo
Una decisione quanto mai singolare, dunque, che aveva rimesso la palla in campo dopo aver tuttavia posto “in sicurezza” magistrati e polizia giudiziaria ritenuti responsabili dalla Camera di aver volontariamente intercettato Ferri senza l’autorizzazione preventiva richiesta dall’articolo 68 Costituzione. Per giungere a questa decisione la Corte Costituzionale aveva tuttavia dovuto avallare l’eclatante dato documentale rappresentato dalla intercettazione al progressivo numero 187 del 7 maggio 2019 ore 23:19, classificata dalla stessa guardia di finanza “molto importante”, che era stata ascoltata alle ore 18:42 dell’8 maggio 2019 e quindi 5 ore e 25 minuti prima dell’incontro all’hotel Champagne che ebbe inizio il 9 maggio 2019 alle ore 00:07:29 e dal quale risultava che Palamara e Ferri avessero stabilito di incontrarsi. In altre parole, il Gico della guardia di finanza avrebbe volontariamente intercettato Ferri ben sapendo che si trattava proprio del parlamentare di Italia Viva. Nessun accenno in sentenza a questo dato documentale benché fosse ben evidenziato sia nella delibera della Camera e sia nelle memorie e nelle discussioni svolte dal difensore di Ferri all’udienza del 4 aprile 2023 davanti alla Corte Costituzionale. Nessun accenno, inoltre, alla richiesta di astensione avanzata dal pubblico ministero di Perugia che procedeva alle indagini, dottoressa Gemma Miliani, dell’8 maggio 2019, quindi prima dell’incontro dell’hotel Champagne, nella quale la Pm segnalava al Procuratore di Perugia Luigi De Ficchy che erano emersi “molteplici contatti telefonici tra un indagato e l’onorevole Ferri” e di “aver preso parte” al matrimonio di quest’ultimo quale testimone di nozze della moglie (anch’ella magistrato, ndr) “in quanto legata da un rapporto di amicizia”.
La sentenza
Non si comprende come pertanto nella sentenza, il redattore Stefano Pettiti, magistrato, che aveva sostituito il professor Franco Modugno, evidentemente in disaccordo, possa aver affermato che “innanzi tutto, quanto alla circostanza concernente la denunciata intensità dei contatti tra L. P. e l’on. Ferri, è ragionevole ritenere, al contrario di quanto asserito nella delibera impugnata, che la stessa non fosse particolarmente rilevante, non solo per la quantità, ma anche per l’oggetto delle comunicazioni, legato essenzialmente al loro ruolo nelle associazioni interne alla magistratura e privo di ogni connessione con ipotesi di reato”, quando la stessa pm Miliani le aveva ritenute talmente rilevanti da comunicare i propri rapporti personali con Ferri al suo procuratore. A ciò si aggiunga che Petitti aveva richiamato, per giustificare la propria decisione, le sentenze della Corte di Cassazione emesse nei confronti di Palamara il 15 gennaio 2020 e il 4 agosto 2021 quando ancora alle difese non erano state depositate né le “smarcature” delle intercettazioni che avevano poi consentito di rilevare il dato del progressivo 187 ascoltato 5 ore e 25 minuti prima dell’incontro, né la richiesta di astensione della pm Miliani. E di ieri, comunque, una nota del procuratore generale di Perugia Sergio Sottani con cui ha comunicato che intende far luce su quanto accaduto nella Procura del capoluogo umbro nell’ultimo periodo.
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