Intercettazioni, il Senato calpesta la Costituzione: piena libertà (e poteri) ai Pm

Matteo Renzi e Giuseppe Conte si incontreranno a palazzo Chigi la prossima settimana per mettere fine al “teatrino”, come l’ha definito lo stesso Renzi. Per il leader di Italia Viva c’è bisogno di un chiarimento che investa i temi della giustizia, ma anche la proposta di sbloccare i cantieri con cento commissari e il tema delle riforme, a partire da quella sul sindaco d’Italia. Il fiorentino giura: «Non abbiamo il desiderio di rompere, serve un chiarimento per giungere a un compromesso». E il premier fa buon viso a cattivo gioco: «La mia porta è sempre aperta, ci vedremo». Poi esclude la ricerca di nuove maggioranze e annuncia: «Farò un passaggio in Parlamento sull’agenda 2023».

Ma al centro del confronto rimane anche il tema delle nomine. Quattrocento tra manager ed amministratori che fanno gola ai partiti e che tradiscono trattative accese. Sulle quali si stagliano anche gli accordi sulla legge elettorale.

Non si registra alcun passo indietro sul Brescellum. La maggioranza “blinda” il proporzionale con soglia di sbarramento nazionale al 5% e diritto di tribuna per le forze minori. Nessuna apertura verso chi, come Renzi, voleva riaprire il tavolo. Non solo. I giallorossi confermano la volontà di accelerare, per rispettare l’impegno siglato nell’ultimo vertice da tutte le forze che sostengono il governo, Italia viva compresa: arrivare al via libera in commissione a Montecitorio prima del referendum costituzionale sul taglio degli eletti, che si svolgerà domenica 29 marzo. Certo, molto dipenderà anche dall’atteggiamento delle opposizioni: sarà collaborativo o il centrodestra, contrario al Brescellum, tenterà di mettere i bastoni tra le ruote? Intanto, partiranno le audizioni sulla riforma elettorale, che dovranno intersecarsi con l’esame del decreto Miur, all’esame della commissione dalla prossima settimana. Al momento, viene riferito, sono circa una trentina i soggetti che dovrebbero essere auditi. E la riforma elettorale rischia di accavallare il dibattito con la bomba lanciata da Renzi: il premierato a elezione diretta.

Iv in realtà non ha ancora depositato una sua proposta di legge sull’elezione diretta del premier, sul modello del “sindaco d’Italia”, ma il veicolo potrebbe essere una Pdl a firma del senatore Cerno, che ha lasciato il Pd per unirsi ai renziani. La Riforma Cerno, depositata in Senato e composta da 14 articoli, prevede l’elezione del presidente della Repubblica «a suffragio universale e diretto a maggioranza assoluta dei votanti», dispone che si possa candidare chi abbia compiuto 35 anni e riduce il mandato del capo dello Stato da sette a cinque anni. «Gli italiani che leggono Berlusconi, Salvini sulle schede elettorali – dichiara Cerno al Riformista – si illudono di votare per il leader che verrà eletto premier. Per questo si parla sempre di “ennesimo governo non eletto”, quasi si fosse rimosso il dettaglio che in Italia i governi non si eleggono, e i presidenti del Consiglio sono nominati come conseguenza dell’accordo tra i partiti».

Con 156 voti favorevoli e 118 contrari, il Senato ha approvato ieri con la fiducia il decreto sulle intercettazioni. Il decreto, che scade a fine mese, approderà già lunedì in aula alla Camera, secondo quanto stabilito nel pomeriggio dalla conferenza dei capigruppo: possibile che anche a Montecitorio il governo ponga la questione di fiducia. Tra le novità un maggiore controllo sulle intercettazioni per i pubblici ministeri, sottraendolo alla polizia giudiziaria e il completamento della parificazione dei reati dei pubblici ufficiali e degli incaricati di pubblico servizio contro la pubblica amministrazione con i reati di criminalità organizzata, estendendo ai primi l’utilizzo dei trojan, ovvero dei “captatori informatici”.

È giallo sull’assenza di Renzi al momento del voto. Il leader di IV era a Palazzo Madama, dove ha tenuto poco prima una conferenza stampa. Poi però non ha preso parte alla votazione sulla fiducia, come pure ha fatto il senatore Cerno, transitato dal Pd a Iv. Il gruppo di Italia Viva ha votato la fiducia, ma con il segnale della mancanza morettiana  (“mi si nota di più se vado o se non vado?”) del leader.

Tanto che Leu, per bocca di Pietro Grasso, si incarica di conferire al passaggio del dl intercettazioni un valore demiurgico. «Questo voto di fiducia sul cosiddetto decreto Bonafede è indirettamente un voto di fiducia anche nei confronti del Ministro della giustizia, che ha dimostrato di saper ritornare sui suoi passi, riflettere e arrivare a una mediazione, senza affannarsi sulla strada dei ricatti e delle minacce per un titolo in più», ha detto in aula Grasso. Non si è fatta attendere la replica del leader di Italia Viva: «Per noi quello sulle intercettazioni non è un voto di fiducia a un singolo ministro, tra le fonti normative non c’è Piero Grasso«. Di nuovo Cerno, al Riformista confida: «Io sui voti di fiducia non garantisco fedeltà a nessuno. Valuto di volta in volta, e la prossima volta potrei votare contro questo governo, che non mi piace affatto».

All’attacco le opposizioni: «Oggi la maggioranza compie un altro passo avanti verso la democrazia giudiziaria. Un governo politicamente morto sta trascinando con sé anche la democrazia, ed è singolare che Renzi dica che tra le priorità del suo partito c’è una giustizia garantista, se allo stesso tempo il suo partito dà via libera alla Repubblica dei trojan» dichiara invece Anna Maria Bernini, presidente dei senatori di Forza Italia.

La commissione Giustizia della Camera esaminerà il dl Intercettazioni inusualmente questa domenica 23, dalle ore 14. Il decreto è atteso in Aula il giorno dopo, lunedì. Sarà un’altra settimana di passione per maggioranza e governo. Anche l’Anm ha annunciato che diserterà il tavolo tecnico con il ministro Bonafede sulla riforma del processo penale come forma di protesta per l’ipotesi di sanzioni per i togati che non rispettano i tempi. Avvocatura e magistratura si ritrovano unite nel contestare il Guardasigilli. Fosse per loro, la mozione di sfiducia al ministro Bonafede passerebbe all’unanimità.