Quasi 19mila persone spiate per un costo di 13 milioni (su 21 totali) ogni anno
Intercettazioni, Procura di Napoli sempre più Grande Fratello: ma sei indagini su dieci muoiono
Ci sono quasi 19mila persone (18.581 per la precisione) sotto intercettazione. Sono tante, tantissime. Le loro conversazioni sono spiate dagli 007 della Procura di Napoli, diventata ormai una sorta di Grande Fratello che ascolta e annota dialoghi e movimenti. Ma davvero si tratta sempre di attività di indagine necessarie e irrinunciabili? A leggere le percentuali di assoluzioni e di archiviazioni con cui si concludono poi le inchieste (parliamo di circa il 60 per cento), non sembra. E non sembra nemmeno che siano attività di indagine utilizzate sempre a completamento di ricostruzioni investigative su notizie di reato già in buona parte accertate, se è vero che molto alto è il dato sulle cosiddette “intercettazioni a strascico”, cioè intercettazioni attivate in un procedimento ma utilizzate anche in altri.
Come se le intercettazioni servissero a trovare la notizia di reato e non a verificarla. Come se fosse normale impiegare il Trojan come primo e unico strumento di indagine. Quasi 19mila persone intercettate in un anno è un numero elevatissimo. Nel 2021 la Procura di Napoli ha avanzato 13.909 richieste di proroga delle intercettazioni e 4.672 richieste di autorizzazione a disporre. Numeri che indicano un trend in crescita rispetto al passato, se si considera che sono state poco più di 10mila le richieste di proroga tra il 2019 e il 2020 e poco più di 2mila le richieste di autorizzazione a disporre. Ingente anche la spesa: quasi 13 milioni sui 21 milioni impiegati per il funzionamento della macchina giudiziaria della Procura partenopea. La Procura di Napoli, guidata dal procuratore Giovanni Melillo, ha reso noto questi e altri dati nel bilancio sociale, redatto con il supporto dell’università di Napoli Federico II e presentato sabato nel complesso di San Marcellino dell’ateneo federiciano.
Un atto di trasparenza di cui bisogna dare merito al procuratore Melillo, il primo anche a regolare le comunicazioni con la stampa e a formalizzare la modalità con cui i giornalisti possono avere accesso a un atto come l’ordinanza di custodia cautelare. «La magistratura funziona se si carica su spalle l’effettività delle garanzie, la durata del processo – ha spiegato il procuratore, capo della Procura più grande d’Italia – Io non ho mai considerato gli avvocati come utenti, penso che non sia lontano il momento in cui gli avvocati siederanno nel consiglio di amministrazione degli uffici giudiziari per partecipare alla definizione delle linee fondamentali dell’organizzazione degli uffici giudiziari», ha aggiunto sostenendo la necessità di una nuova apertura da parte della magistratura. Ma la questione non è solo quella morale legata alla crisi di fiducia che investe la categoria delle toghe da quando sono esplosi il caso Palamara e quello del correntismo. La questione è anche quella della «orizzontalità della magistratura», come l’ha definita il presidente dell’Unione Camere penali Gian Domenico Caiazza.
«Questo bilancio sociale è un atto di grande importanza e spero che diventi un parametro che valga al più presto per tutti gli uffici giudiziari italiani – ha commentato l’avvocato Caiazza, intervenendo alla presentazione del bilancio della Procura partenopea – . È un metodo che laicizza il confronto. Ovviamente quando condividiamo dei dati discutiamo di quei dati, e i dati non sono mai neutri, ognuno li legge come ritiene». E sulle intercettazioni, «il numero di persone intercettate è impressionante, su questo – aggiunge Caiazza – abbiamo opinioni diverse. Il fatto però che un singolo sostituto abbia autonomia di scelta nell’ambito di una rosa di società selezionate dalla Procura, o che si possa andare anche fuori da quella con un’autorizzazione, credo sia il frutto estremo di un’idea di orizzontalità della magistratura distrettuale che a noi non piace».
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