L'inchiesta
“Intercettazioni su Cesaro e Pentangelo inutilizzabili”, deputati colpiti dalla macchina del fango
Ci sono almeno tre argomenti che per il caso dell’ex Cirio, inchiesta per presunta corruzione a Castellammare di Stabia, invitano a usare cautela nei giudizi, evitando quelli affrettati e che potrebbero risolversi in una bolla di sapone. Non sarebbe la prima volta, del resto, che accuse su cui si sono inizialmente sollevati grossi scandali giudiziari si siano poi ridimensionate nelle aule di tribunale. Ci sono almeno tre passaggi, dunque, su cui la difesa di Luigi Cesaro (avvocati Giovanbattista Vignola e Giuseppe De Angelis) e di Antonio Pentangelo (avvocato Antonio Cesarano) punta l’attenzione in attesa della decisione delle Camere sulla richiesta di arresti domiciliari avanzata dagli inquirenti nei confronti dei due politici, oggi parlamentari di Forza Italia e già presidenti della Provincia di Napoli, e in attesa del possibile, quasi scontato, ricorso al Riesame da parte dei difensori. Due argomenti sono di carattere tecnico giuridico, un terzo va invece dritto al cuore delle vicende al centro dell’inchiesta. Ed è quest’ultimo un punto centrale nella ricostruzione difensiva.
“Tutta l’operazione oggetto delle indagini sembrerebbe non essere affatto finalizzata alla emanazione di provvedimenti illeciti ma piuttosto a rimuovere un’inspiegabile inerzia burocratica ai limiti dell’ostracismo, tanto da dover sollecitare la nomina di un commissario ad acta per l’espletamento delle incombenze richieste”, osservano i difensori di Cesaro. È un ragionamento che si basa su una chiave di lettura dei fatti diversa da quella proposta dalla Procura di Torre Annunziata che coordina l’indagine, e su una ricostruzione che considera l’interesse della politica verso una simile opportunità per il territorio come un’attenzione legittima e confinata nei limiti dei compiti istituzionali di un politico. “Nessun atto illegittimo è stato fatto, nessun atto contrario ai doveri di ufficio”, spiega l’avvocato Cesarano, difensore di Pentangelo, evidenziando come il ruolo del suo assistito si sia limitato alla nomina del commissario. Un commissario ad acta di cui nelle intercettazioni si parla come di uno che lavora per 1.800 euro. “Ma stiamo scherzando?”, si commenta in una delle intercettazioni agli atti, come a meravigliarsi secondo la chiave di lettura che offre la difesa. Uno stupore che si ritrova anche quando un consigliere comunale si meraviglia di avere a che fare con una politica che non chiede nulla, non chiede soldi: “Ma quando l’hanno avuta una cosa del genere senza cacciare una lira?”.
Eppure il progetto di riconversione dell’ex Cirio era un’operazione imponente, operazione che, come si ascolta in una delle conversazioni intercettate, avrebbe trasformato “le baracche in oro”. Centrale nell’inchiesta è la figura di Adolfo Greco, imprenditore molto conosciuto nella zona, uno con tantissimi amici e una fitta rete di relazioni con tutti i partiti, dal centrosinistra al centrodestra passando per gli esponenti di Scelta Civica. “In nessun passaggio emerge che Cesaro e Pentangelo abbiano chiesto soldi o altro”, spiega la difesa a proposito dei rapporti con l’imprenditore. Quanto all’orologio avuto in dono da Pentangelo si sarebbe trattato di un regalo di compleanno arrivato a distanza di molto tempo dai fatti, mentre a proposito dello sconto per il fitto della sede di Forza Italia di cui pure si parla nell’inchiesta, la difesa smonta l’ipotesi accusatoria evidenziando come il canone fosse a carico del partito a Roma e non già del coordinamento regionale. I fatti, a volte, si prestano a più chiavi di lettura. Poi ci sono le argomentazioni più strettamente tecniche e riguardano le intercettazioni al cuore delle accuse e la tempistica delle richieste di misura cautelare.
Sulle intercettazioni i difensori di Cesaro e Pentangelo sollevano una questione di legittimità e utilizzabilità essendo state, le intercettazioni al cuore di questa inchiesta, disposte e autorizzate in relazione a un reato non connesso a quello ipotizzato a carico dei politici. La seconda perplessità difensiva riguarda la tempistica delle richieste di misura cautelare, e quindi l’attualità delle esigenze cautelari su cui base la Procura ha basato la richiesta di arresti domiciliari per Cesaro e Pentangelo: i fatti si riferiscono agli anni dal 2013 al 2015. “E di essi già da tale epoca – spiega la difesa – l’autorità giudiziaria ne era a conoscenza. Perché allora la decisione di emettere a distanza di tale lasso di tempo una misura così grave come quella adottata?” Questo è uno dei tanti interrogativi che su questa vicenda restano ancora aperti.
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