Brando Benifei, capogruppo Pd al Parlamento europeo, fa parte del Comitato costituente chiamato a definire la carta valoriale del Partito Democratico.

Non c’è il rischio che il dibattito “costituente” finisca per essere cancellato dal posizionamento su questa o quella candidatura?
In ogni congresso dirigenti e iscritti scelgono quale candidatura sostenere, ma è fondamentale che non ci si fermi ai nomi e ai tatticismi, ma vi sia un lavoro serio sull’elaborazione politica. Se si vuole riempire di significato il dibattito costituente, l’ultima cosa da fare è proprio la corsa all’endorsement, questa ossessione per il posizionamento non la condivido proprio dato che fino a fine gennaio nessuna candidatura sarà ufficiale.

Il Pd è attrezzato per saper fare opposizione o è stato geneticamente mutato dal virus della governabilità?
Non mi convince troppo parlare di virus del governismo, ma penso che il Pd abbia talvolta frainteso il proprio senso di responsabilità verso il Paese, accettando formule di governo improprie e poi pagandone il prezzo più alto con l’elettorato. È vero che fare opposizione può sembrare semplice, ma certamente non lo è costruire un’alternativa credibile per riconquistare la fiducia dei cittadini e tornare alla guida del Paese. Una opposizione si porta avanti nelle istituzioni e nella società, così come una credibilità si recupera con la forza delle proposte e con i giusti interpreti. La manovra di bilancio targata Meloni, primo vero atto politico della destra al governo, è ideologica, carente e confusa, non propone nulla di concreto per abbattere il costo del lavoro e mettere le imprese nelle condizioni di creare nuova o migliore occupazione, allarga le diseguaglianze e strizza l’occhio all’evasione anziché contrastarla duramente. Gli emendamenti del Pd rappresentano una prima vera occasione per chiarire la postura della nostra opposizione, che deve essere seria e decisa: questa è l’unica strada per riportarci al successo.

Nel Pd tutti si dicono europeisti. Siamo ad un esercizio retorico?
Non sono giorni esaltanti per i veri sostenitori dell’Europa unita e confidiamo che si faccia quanto prima chiarezza sul caso Qatar: come gruppo dei Socialisti e Democratici siamo sempre stati a favore di regole più severe e oggi provo grande amarezza nel vedere infangata l’immagine delle istituzioni europee, proprio mentre come Partito democratico in tutte le votazioni fatte e con interrogazioni abbiamo sempre tenuto una posizione durissima sui diritti umani nel Paese in questione. Più in generale, sono convinto da sempre che ci si debba battere per un’Italia più forte in un’Europa più forte, mentre spesso la destra mostra pulsioni anti europee e al Parlamento Europeo tiene posizioni che, in prospettiva, danneggiano il nostro interesse nazionale. Giorgia Meloni avrà compreso che nella sua nuova veste non può più limitarsi a criticare il lavoro degli altri e infatti proprio in Europa, in appena due mesi, ha già compromesso i rapporti con alcuni partner fondamentali dell’Italia. Essere per l’Europa, oggi, vuol dire saper costruire relazioni capaci di rafforzarci in uno scenario mondiale sempre più complicato e precario e dare una più compiuta forma politica al continente.

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.