«Napoli ha bisogno di essere governata da una grande anima. Il sindaco che verrà dovrà prestare attenzione alle fasce più deboli e realizzare un progetto per la cultura per far sì che diventi la punta di diamante dell’economia cittadina». Il regista napoletano Edoardo De Angelis accende la sua cinepresa sulla città, offrendo spunti e riflessioni per la Napoli che sarà.
Lei ha firmato l’adattamento televisivo di Natale in casa Cupiello. Il capolavoro, messo in scena per la prima volta da Eduardo De Filippo nel 1930, è ambientato nel 1950 e racconta di una Napoli ancora ferita dalle bombe ma con una grande voglia di rinascere. Quali analogie vede con la Napoli di oggi?
«La nostra città ha sempre convissuto con due forze sentimentali contrastanti: da un lato la distruzione, dall’altro il desiderio di ricostruzione. Il ‘50 è stato individuato nella versione cinematografica come anno emblematico per l’espressione di quel sentimento e credo che la stessa dimensione emblematica si possa riscontrare con riferimento al tormentato 2020».
In che modo Napoli deve uscire da questa drammatica fase?
«Deve ripartire dalle ricchezze che possiede. La nostra città è una metropoli avanzata sotto molti punti di vista, ma è anche villaggio tribale e come tale vive ancora secondo le dinamiche di una tribù. Sono due anime che convivono nella stessa città, è assurdo pensare che un giorno una delle due possa prevalere sull’altra. Credo, quindi, che debba ripartire trovando un equilibrio tra le due parti».
Il suo è il ritratto di una città molto complessa. Come mai un regista del suo calibro ha scelto di continuare a vivere qui?
«Perché qui le contraddizioni della natura umana si esprimono con una potenza unica. È come se in questo luogo fosse racchiuso tutto il bene e tutto il male del mondo. Io tramando storie e qui è possibile ascoltarle dalla terra che trasuda dolore, ma anche il desiderio e la forza irrefrenabile di volerlo e poterlo lenire».
Napoli offre storie e ispirazioni uniche a chi vive d’arte. Eppure, a volte, la sensazione è che non ci siano opportunità e che con la cultura non si riesca a vivere.
«Non sono d’accordo. Negli ultimi anni la città ha dimostrato che la cultura fa vivere molte famiglie. Il cinema e il comparto dell’audiovisivo in generale hanno creato qualcosa di cui l’uomo ha bisogno e che è un suo diritto avere: hanno creato lavoro. Abbiamo assistito a un’esplosione senza precedenti del cinema, del teatro e dell’arte in generale. A un tratto c’è stato un piccolo miracolo. Per anni, in molti serpeggiava l’idea che la cultura fosse qualcosa di superfluo o un hobby della domenica. Oggi non è più così».
Cosa bisogna fare, allora, per far sì che la cultura possa esprimere al massimo il suo valore?
«Servono orientamento e visione. La politica dovrebbe guardare con attenzione e rispetto al mondo della cultura. Occorre rendere sistematico questo sviluppo e trasformare le singole esperienze d’arte in un’industria. Oggi Napoli è pronta per accogliere una vera industria del cinema. C’è bisogno di infrastrutture funzionanti, di incentivi economici per le produzioni. Vanno velocizzati i meccanismi di accesso al credito. La cultura può essere molto importante per lo sviluppo di Napoli. Anzi, potrebbe essere la punta di diamante dell’economia della città».
Ora è tutto fermo: come si aiutano i cinema e i teatri a ripartire?
«Bisogna innanzitutto riaprirli. Tutti abbiamo voglia di riunirci in una sala buia per assistere a uno spettacolo, insieme, senza paura. Oggi sembra un gesto quasi impossibile da compiere ma, appena la paura sarà passata, basterà alzare le saracinesche. Le istituzioni dovranno senz’altro sostenere e aiutare gli imprenditori del settore che quest’anno hanno sofferto moltissimo la crisi».
A proposito di istituzioni, tra qualche mese ci sarà un cambio ai vertici di Palazzo San Giacomo dopo dieci anni di amministrazione de Magistris. Quali caratteristiche dovrà avere il prossimo sindaco di Napoli?
«Il prossimo sindaco dovrà avere una visione chiara della città. Chi dovrà gestirla in futuro dovrà essere un uomo con una grande forza d’animo, con un grande rispetto per il passato ma anche con una capacità importante di ascolto dei segnali che provengano dal futuro. Non dovrà essere solo un politico, ma anche un taumaturgo. Immagino un sindaco che presti molta attenzione alle fasce più deboli che abitano la città».
Crede che in questi dieci anni sia mancata un’attenzione verso le fasce più deboli?
«Non mi piace parlare di mancanze e non voglio parlare in accezione negativa. Preferisco discutere di auspici, di nuovi punti di partenza, di qualcosa che non è ancora stato indagato. C’è stata senz’altro un’attenzione alle fasce deboli, ma vorrei che i più fragili si abbracciassero con i più forti e che ci aiutassimo gli uni con gli altri. Vorrei che si infilassero le mani nelle ferite di questa città».
Tra i suoi personaggi c’è qualcuno con una caratteristica che dovrebbe avere anche il prossimo sindaco?
«No, direi di no. I miei personaggi sono dei disperati che si attaccano a un filo d’erba pur di continuare a vivere su questa terra. Il sindaco che verrà dovrà aiutare i miei personaggi a trovare un posto nel mondo».
Che cosa augura a Napoli per questo 2021?
«Le auguro di guarire e di rinascere. Vale per lei e per tutti noi».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.