La partita al Quirinale
Intervista a Ettore Rosato: “Chi gridava ‘Conte o morte’ adesso esalta Draghi”
Dalla corsa al Quirinale alla potente denuncia di Papa Francesco sui migranti, passando per il rilancio di una battaglia per una buona giustizia. Il Riformista ne parla con Ettore Rosato, Vice presidente della Camera dei deputati, coordinatore nazionale di Italia Viva.
La corsa al Quirinale sta per entrare in una fase cruciale. C’è chi ha storto il naso di fronte alla presunta auto-investitura di Mario Draghi nella conferenza stampa di fine anno. Lei come la vede?
Io penso che i tempi non siano maturi per entrare nel merito delle candidature. Cominceremo la discussione una volta che saranno partite le convocazioni per l’Aula. Quanto al Presidente Draghi, ritengo che sia troppo saggio per non sapere che le auto-candidature alla Presidenza della Repubblica non esistono. Con un atteggiamento di grande trasparenza, Draghi ha dato delle risposte molto oneste su come vede la situazione politica attuale. Ma io non c’ho letto una auto-candidatura. Penso che quella del presidente della Repubblica non sarà un’elezione caratterizzata dalla ricerca dei singoli voti, ma ci sarà una larga convergenza della maggioranza di governo.
Dalla finanza creativa evocata dall’allora ministro Giulio Tremonti alla “costituzionalizzazione” creativa di Giorgetti, con il suo semipresidenzialismo de facto. Draghi al Quirinale anche con poteri de facto da Presidente del Consiglio?
Mi sembra che il Presidente della Repubblica non sia ancora stato eletto. Non mi porrei problemi costituzionali in questa fase. Mi porrei piuttosto problemi sulle bollette e sui vaccini.
Il centrodestra si dice unito nel sostegno della candidatura di Silvio Berlusconi alla Presidenza della Repubblica. È una unità di facciata?
No. Penso che ci sia un interesse del centrodestra di mostrarsi unito. Poi se il candidato sarà Berlusconi o meno lo vedremo nelle prossime settimane.
Cosa ne è della costruzione di un campo allargato liberale e riformista? Capitolo chiuso?
Direi proprio di no. Intanto, si vota nel 2023. E questo oltre che un dato programmatico è anche un auspicio. E poi mi sembra che ci siano dialoghi in campo molto marcati sui contenuti di chi si considera alternativo sia al sovranismo della Meloni sia al populismo di Conte.
Mentre nei salotti mediatici impazza il toto-presidente, l’Italia, come il resto del mondo, vive con crescente preoccupazione l’incedere della variante Omicron. Il nostro destino è quello di vivere una perenne emergenza pandemica?
Assolutamente no. L’umanità ha superato epidemie ben più gravi con strumenti ben meno raffinati. Supereremo anche questo. È evidente che occorra mettere in campo fatiche e sacrifici, come stiamo facendo in questi tempi, anche sacrifici che limitano le relazioni e alcune libertà. Ma quanto stiamo facendo va proprio nella direzione di sconfiggere la pandemia e non di convivere con essa.
Si continua a discutere e polemizzare sulla vaccinazione..
Su questo sarò lapidario. È necessaria la vaccinazione obbligatoria, il green pass sta aiutando il paese a riprendersi e chi non se ne rende conto fa disinformazione o peggio. I vaccini funzionano e anche green pass e super green pass stanno ottenendo i risultati sperati. Sulla campagna vaccinale è stato fatto e si continua a fare un lavoro e non può che far piacere aver sentito dire dalla Cancelliera Merkel nel suo discorso di addio alle istituzioni l’elogio per l’Italia.
Per restare ai grandi tempi dei nostri tempi. Papa Francesco nel riferirsi al tema dei migranti ha usato parole molto potenti e dure. Quello dei migranti, ha detto, “è uno scandalo sociale dell’umanità”. La politica non si sente chiamata in causa?
La politica, non solo quella italiana, è certamente responsabile delle cose che succedono nel mondo, compreso il mancato governo dei flussi migratori. È evidente che una Europa con una politica più forte, unita e capace di dialogare con l’Africa, potrebbe governare in modo migliore un fenomeno, quello delle migrazioni, che c’è sempre stato nella storia e che sempre ci sarà.
Un’Europa che non vuole abiurare ai suoi principi fondativi, come quello dell’inclusione, può limitarsi a praticare esclusivamente una politica di esternalizzazione delle sue frontiere?
Decisamente no. Però va detto che la crisi pandemica ha fatto fare passi in avanti all’Europa. Li ha fatti fare in maniera importante nella solidarietà interna, lo abbiamo visto anche sugli aiuti, sui vaccini, sul sostegno ai paesi più in difficoltà. L’evoluzione naturale deve essere quella di continuare su questa strada. Anche sui temi delle migrazioni. Non si può pensare di risolvere i problemi tirando su dei muri. Oltre che essere ingiusto è anche qualcosa d’inutile. Perché i muri non fermano le migrazioni. Ottengono solo più sangue e sofferenze. È la politica che può governare le migrazioni, non i muri o i blocchi navali.
Questa visione non dovrebbe essere qualcosa di condiviso da chiunque abbia una coscienza civile e democratica, al di là dell’appartenenza politica, e non invece, come purtroppo continua ad essere, utilizzare il tema migranti per meri calcoli elettorali?
Questa non è una domanda, è un’affermazione che non posso non condividere. Infatti, per quanto mi riguarda, non uso mai il tema delle migrazioni come una bandiera politica, perché penso che l’interesse generale sia smussare le differenze pure aspre, anche nella politica italiana, su questi temi per arrivare ad essere un paese che sia trainante in Europa su una problematica che richiede necessariamente maggior coesione e maggiore operatività.
Il 2021 sta per volgere al termine e il 2022 è alle porte. Sul piano politico, qual è il suo auspicio per l’anno che sta per arrivare?
Il 2021 è stato un anno in cui abbiamo saputo affrontare con efficacia problemi economici e sanitari. Ma le soluzioni vanno stabilizzate. La crescita va consolidata. Siamo il paese che cresce di più in Europa, +6,2% secondo le ultime stime di Bankitalia. ma questo non deve essere un rimbalzo tecnico. Deve essere il consolidamento di una ripresa dell’economia italiana. E ciò può avvenire solo con un duro lavoro da parte del Governo e sostenuto dalle forze politiche. Da questo punto di vista, la legge di Bilancio approvata definitivamente dalla Camera oggi (ieri per chi legge, ndr) va nella direzione auspicata. Mi lasci aggiungere, con un po’ di orgoglio, che sono cambiate molte cose rispetto a un anno fa. E i riscontri varcano i confini nazionali. La Presidente della Commissione europea in una recente visita a Milano ha detto che la nostra economia “cresce come non mai” mentre The Economist, che certo non è mai stato tenero con noi, ci premia “Paese dell’anno” con la presenza di Draghi a Palazzo Chigi. La fatica di certe scelte, controcorrente, è valsa la pena. E oggi ad esaltare i risultati di questo governo c’è anche chi fino a qualche mese fa diceva “o Conte o morte”.
In questa conversazione, abbiamo parlato di pandemia, migranti, grandi temi che segnano il presente e investono il futuro prossimo. Altro tema caldo, molto caro a questo giornale, è quello della Giustizia. Di una Giustizia giusta. Su questo, qual è l’impegno che Italia Viva intende assumersi per l’anno a venire?
Lo abbiamo dimostrato con la scelta di far cadere il Governo precedente. Per quanto ci riguarda, sul garantismo e una Giustizia equa non ci sono possibili mediazioni. Mi sembra che quella presa dalla ministra Cartabia sia una strada equilibrata che però va percorsa più rapidamente e con il coraggio e la determinazione ad andare fino in fondo. Abbiamo questioni fondamentali davanti, come quella dell’elezione del Csm, della valutazione dei magistrati, dei decreti legislativi sulla riforma del penale e del civile. Tutte cose che possono cambiare veramente la Giustizia in Italia. Se fatte presto e se fatte bene.
Per restare ad auspici e impegni. Il 2022 può essere l’anno della tanto evocata riforma della legge elettorale?
Cambiare la legge elettorale è molto più difficile di quanto sembri. Ci vorrà, se si vuole fare per davvero, forte determinazione e coesione tra i partiti.
Sul tappeto vi sono diversi modelli, e lei in questo campo è un’autorità…
Non entro nel gioco dei modelli. Nella precedente legislatura di leggi elettorali ne ho scritte più d’una: da quelle più maggioritarie al proporzionale sul modello tedesco. Quello che conta sulle regole, e la legge elettorale sono regole, è che sia condivisa. E la legge elettorale attuale, nonostante il voto segreto, è stata comunque la legge elettorale che ha avuto più largo consenso nella storia repubblicana.
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