Parla il presidente della Fondazione Pd
Intervista a Gianni Cuperlo: “Rilanciare il Pd deve essere una impresa collettiva”
Gianni Cuperlo, parlamentare Dem, presidente della Fondazione Pd: decreto anti-raduni, guerra alle Ong. Perché è così difficile a sinistra usare la parola fascismo quando un governo fa delle cose fasciste?
Mi fa pensare a quella formula, credo fosse di Dossetti, che indicava la matrice di ogni fascismo in una iniezione di paura a cui si offriva una protezione in cambio di una quota di libertà. Se è così il punto non è spaventarsi dei termini, ma come se ne rivaluta la sostanza. Victor Klemperer in quel capolavoro che è LTI. La lingua del Terzo Reich ha spiegato perché i nazisti non avessero inventato una lingua nuova, loro avevano rubato l’anima alle parole manipolandone il significato. Pensi a cosa implica oggi la formula “carico residuale” applicata a degli esseri umani. Toccherebbe a noi restituire ai concetti, compresi quelli di sicurezza e libertà, il loro giusto valore. Il punto è che le prime mosse del governo più a destra della storia repubblicana riflettono un impianto reazionario. Sono atti simbolici, manifesti di un pensiero strutturato perché la destra è una ideologia ben piantata nella storia dell’occidente e in un tempo dove la democrazia diventa fragile quella ideologia pesca parte del consenso nelle fasce sociali più impaurite e penalizzate. È chiaro che spetta alle opposizioni attrezzare una risposta. Cita giustamente la guerra alle Ong. Tenere in ostaggio per giorni oltre cento minori non accompagnati è un’azione criminale. Calpestare il dolore di donne, uomini, bambini, privi di altra difesa che non sia la nostra volontà di soccorrerli nega l’umanità che deve sempre prevalere su qualunque altro calcolo. Dobbiamo gridarlo senza timori perché su questo piano si fondano la democrazia e la civiltà di cui siamo eredi.
“Inutile, pericoloso, autoritario: il dl sui rave è un mostro giuridico”. Così ha titolato questo giornale. Ma un “mostro” deve essere combattuto perché tale o basta accontentarsi di “abbellirlo”?
Quella misura è un errore nel merito e nella forma, se ne sono accorti persino al Viminale, andrebbe ritirata e punto. Primo, perché introdurre per decreto una fattispecie di reato con pene sproporzionate rivela una cultura giustizialista che nulla ha che vedere con l’obiettivo dichiarato. Secondo, perché la genericità della formula si presta a interpretazioni arbitrarie con la possibilità di colpire qualunque forma di espressione o dissenso violando un principio scolpito in Costituzione. Il nostro codice già prevede i reati che si potevano contestare a organizzatori e partecipanti al raduno di Modena. Per altro lo sgombero è avvenuto in modo ordinato e senza gli incidenti che qualcuno nella maggioranza avrebbe cavalcato per chiedere nuove strette “all’ordine pubblico”. Certo che la sicurezza va preservata e la politica deve offrire ai cittadini garanzie in tal senso, ma il decreto con quella stesura maldestra e provocatoria aveva un altro fine, onorare una delle tante cambiali in scadenza che la destra ha contratto nella sua rincorsa elettorale. Qualcuno dovrebbe spiegare loro che non è più tempo di comizi e la priorità degli italiani non è andare a fare la spesa con cinquemila euro nel portafoglio.
Porti sbarrati, navi salvavita bollate come “navi pirata” solo perché battono bandiere non italiane. Enrico Letta evoca un Pd “pugnace”. Ma se non lo si mostra oggi, quando?
Sì, è chiaro che quella combattività va messa in campo ora. Dobbiamo farlo con un misto di fermezza e ascolto per riconoscere anche i nostri errori. Osteggiare le Ong che salvano vite è un’offesa al diritto del mare e però ambiguità su quel fronte le hanno avute anche i nostri governi. Pochi giorni fa il memorandum con la Libia è stato rinnovato con un automatismo che non ha richiesto un voto del Parlamento, ma non è che in questo modo si ricuce la ferita consumata all’atto di un accordo che non ha evitato la tragedia di migliaia di corpi sfiniti da anni di violenze e riportati negli stessi lager dai quali erano fuggiti.
Possiamo dire che l’attacco ai principi costituzionali è già iniziato?
In parte è così, ma vedo anche un attacco alla tenuta sociale del paese. Se da un lato il governo conferma misure in essere, dal sostegno alle bollette al bonus edilizio, dall’altro mostra il suo vero volto nel sopprimere il reddito di cittadinanza per migliaia di famiglie che non avranno di che vivere. O rilancia Quota 41, costo previsto quasi un miliardo e mezzo per novantamila persone. Per capirci con Quota 100 i neopensionati sono stati 340.000 a fronte di 135.000 nuovi assunti, della serie perseverare…
Meloni insiste che la priorità è il lavoro e non sussidi a pioggia.
Certo che la priorità è il lavoro, ma vada a spiegare a chi non mette assieme il pranzo con la cena che il sussidio per sopravvivere è “diseducativo”. Nel Sud è disoccupato oltre il 18 per cento della forza lavoro mentre ci sono due milioni di persone disponibili a entrare nel mercato a condizioni dignitose. Per i giovani sotto i 35 anni il tasso di disoccupazione è 19 punti più alto che al Centro-Nord. Siamo nel pieno di un’emergenza sociale e quelli parlano di rave, aumento del contante e flat tax.
Appunto per questo starebbe a voi recuperare la rappresentanza sociale che la sinistra ha perso da tempo.
È così con una priorità, che un Pd “pugnace” deve recuperare la sua reputazione. Risultare credibile nelle battaglie che ingaggia perché giudicato coerente nelle sue scelte. Questa verità non me la nascondo, con un’aggiunta.
Quale?
Che per costruire e rendere vincente un’alternativa alla destra dobbiamo sciogliere il nodo della nostra identità, però questo clima di denigrazione del Pd non aiuta. Soprattutto non serve.
Ma avete perso e male, difficile evitare le critiche, anzi magari servono a correggere ciò che non va.
Non contesto le critiche, dico un’altra cosa. So per primo che da soli non bastiamo e senza ricucire il legame con ceti umiliati nella dignità saremo vissuti ancora come una cerchia di privilegiati ai quali nulla serve chiedere perché nulla possono dare. E questo al netto della generosità di tanti militanti, gente che senza risparmiarsi si è spesa nello scontro elettorale come ha sempre fatto.
Apprezzabile la sincerità, e quindi?
E quindi il nostro congresso ha senso aprirlo con un appello ai mondi che oggi questa destra vogliono combattere. Invece di patti tra correnti convochiamoli in un’occasione dove riflettere su un’alternativa che va costruita da subito. Quella che si è aperta non è stagione di fenomeni. Siamo di nuovo nel tempo di un’impresa collettiva dove serve elaborare quel pensiero mai aggiornato dopo la sbornia di una “globalizzazione progressista”. La realtà era diversa e da lì si sono acuite diseguaglianze nel cuore delle economie più ricche.
Da questo punto di vista la vittoria di Lula in Brasile può insegnare qualcosa alla sinistra italiana?
Il risultato di Lula è parte di una nuova stagione della sinistra centro e sud americana. La sua vicenda, il tentativo di sbranarlo col processo, la condanna, il carcere, è un messaggio di riscatto per un paese che Bolsonaro ha tenuto ostaggio di repressione e corruzione. Detto ciò, non abbiamo bisogno di modelli da importare, siano il Brasile, la Francia o qualcun altro. Ogni paese scrive la sua storia, io vorrei che scrivessimo la nostra.
In Lombardia però Calenda e Renzi candidano la Moratti. Siamo al de profundis del campo largo?
Al “dimmi con chi vai e ti dirò chi sei” aggiungerei “dimmi con chi vai e ti dirò se vengo anch’io”. Noi affronteremo quella sfida con un vero centrosinistra e una candidatura alternativa a Attilio Fontana e Letizia Moratti.
Sulla pace, una giustizia giusta, i diritti sociali, l’inclusione: la chiave d’azione, e di pensiero, è la radicalità oppure il profilo su cui il Pd deve assestarsi è quello di una opposizione tranquilla e responsabile?
Tutto quello che le ho detto spinge per una radicalità troppe volte solo enunciata. In questo senso il corteo pacifista di sabato è un bene prezioso perché nelle differenze, compreso l’invio di armi all’Ucraina, quella romana era una piazza disposta a unire sensibilità diverse.
Ma quella che lei chiama differenza per tanti era la discriminante che non vi viene perdonata.
Lo so, però mi lasci dire che ho letto le riflessioni di Andrea Riccardi e Stefano Zamagni, uomini di pace, e penso che sul terreno indicato da loro, e prima ancora dal papa, la sinistra possa incontrare il suo popolo. Fermare il massacro senza cedere al ricatto di Putin, sostenere la neutralità dell’Ucraina, favorirne l’ingresso nell’Unione Europea e non nella Nato, prevedere garanzie internazionali sulla sua sovranità, indipendenza e sicurezza, immaginare per i territori contesi una soluzione simile a quella concordata da De Gasperi e Gruber per l’Alto Adige, istituire un Fondo multilaterale per la ricostruzione e lo sviluppo delle aree distrutte o danneggiate: un piano simile può divenire la base di un’azione dell’Europa che coinvolga Washington e Pechino. La piazza di sabato sarà servita se quel traguardo lo avrà avvicinato anche di un passo soltanto.
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