Parla l'ex sindaco
Intervista a Giosi Ferrandino: “L’errore del Pd: subire il M5S per 2 anni e lasciarlo nell’unico momento utile”
Onorevole o sindaco, come preferisce esser chiamato? “Dalle mie parti, la Campania e le sei regioni del Sud che mi hanno eletto all’europarlamento, mi chiamano il sindaco. A me piace, è il mestiere più bello del mondo”. Giosi Ferrandino, 59 anni, è stato per quindici anni sindaco in due diversi comuni dell’isola di Ischia, una striscia lunghissima, e recordman di preferenze alle Europee del 2019. Formazione politica di centro, scelse la Margherita e poi, nel 2007, il Pd. “Un folgorazione, ricordo ancora la passione e l’entusiasmo per quel progetto politico che immaginava un centrosinistra maggioritario nel Paese”.
Dopo 15 anni lascia il Pd e approda al Terzo Polo. Nel momento più difficile per il Pd. Parla di scelta sofferta e sincera. Ce la spieghi.
Sofferta perché ho tentato fino alla fine di resistere ma visto come sta andando il dibattito sul congresso mi sono convinto che difficilmente sarebbe cambiato qualcosa. Ho scelto il Terzo Polo perché è il mio campo: Renzi e Calenda erano entrambi nel Pd e ne sono usciti denunciando le stesse dinamiche che denuncio io. Inoltre è un partito schiacciato a sinistra e quella moderata è ormai solo una parte residuale. Ecco perché non è più casa mia.
Quando è iniziato lo sfratto?
Quando non abbiamo più deciso chi siamo. E con chi avremmo fatto il nostro viaggio. Faccio notare che Leu e Articolo 1, che per primi fecero una scissione dal Pd nel 2017, sono stati reintegrati a pieno titolo senza neppure un’assemblea. Lo sfratto è iniziato quando ho capito, negli anni, che esiste all’interno del Pd una pozione alchemica distruttiva di quelle che sono state le ragioni fondative del Pd.
In cosa consiste questa “pozione”?
A distanza di anni mi tocca dare ragione a Massimo D’Alema quando, mentre noi si teneva a battesimo il Pd, scrollava la testa dicendo che “sarebbe stata una fusione a freddo” e ne prefigurava il fallimento.
Sta dicendo che la “pozione” l’ha messa D’Alema?
Ma no, dico solo che aveva ragione. La pozione è quel meccanismo conservativo e autoreferenziale per cui nel Pd tutto cambia senza cambiare mai nulla. È come se nella stanza dei bottoni del Pd ci fosse una sorta di formula alchemica che accelera o rallenta il tempo avendo sempre come unico intento quello di lasciare tutto immobile e uguale a se stesso”.
Fuor di metafora?
Tutti dicono abolire le correnti che sono il problema serio del partito ma nessuno ha spiegato come. Ci siamo avviati in un congresso costituente che è la fotocopia di tutti gli altri con le solite lotte di gruppi e capibastone. A cosa è servito lo sfogo di Zingaretti al momento delle sue drammatiche dimissioni? A cosa sono serviti gli applausi che ha scatenato quell’accorato appello a cancellare correnti, capi e capetti? E il lavoro di sintesi per dare una guida al partito nel momento più buio per gli italiani? A nulla. È come se non fosse mai accaduto nulla.
Fosse stato lei il segretario avrebbe fatto scelte diverse tra luglio e agosto quando si sono preparate alleanze e candidature?
Sicuramente sì. Non ho compreso il motivo per cui per quasi due anni il Pd ha stretto un accordo politico con i 5 Stelle in nome del quale abbiamo ingoiato provvedimenti non nostri e poi al momento del voto politico abbiano rotto quell’alleanza.
Nostalgia dei 5 Stelle?
Ma per carità. Conosco bene e non dimentico cosa hanno fatto questi maestri del camufflage politico. Proprio per questo, poiché li ho dovuti subire per due anni, non capisco perché nell’unico momento utile li abbiamo lasciati andare. Perché hanno fatto cadere il governo Draghi? Ricordo che la Sinistra, con cui è stata stretta l’alleanza elettorale, non ha mai votato la fiducia a Draghi. A quel punto, comunque, avrei preferito una corsa solitaria ma identitaria del Pd, una sfida con orgoglio e dignità in cui avremmo potuto candidare le migliori risorse locali di cui il Pd abbonda. Oggi invece sul territorio ci sono macerie. E’ stata delusa un’intera classe dirigente. In Campania, la mia regione, i candidati sono stati tutti paracadutati. Poi c’è stato l’altro grande errore: quel no preventivo a Matteo Renzi. Gravissimo errore di Letta.
E dopo il 25 settembre?
Io mi sarei aspettato un azzeramento di tutti i vertici e una fase costituente vera dove ognuno poteva dire la sua. Il mio “schema” personale era: congresso immediato, nuova guida del partito e soprattutto nuova linea politica Invece è rimasto tutto come prima. Primarie a marzo… ma ci rendiamo conto? Lo spirito di autoconservazione di pochi ha messo a tacere il grido di tanti. Quando con dolore ha capito tutto questo, allora ho scelto di lasciare il Pd.
Lei parla di “spirito di autoconservazione di pochi”. Chi sono?
Letta, Orlando, Franceschini, Zingaretti. La segreteria e i capi corrente.
Mette anche Goffredo Bettini in questo elenco?
Ho grande rispetto per Bettini perché ha il coraggio di dire quello che pensa. Non condivido quasi nulla del suo pensiero ma gli riconosco coerenza e correttezza. So riconoscere il valore della persona a prescindere dalla vicinanza.
Ha scelto il Terzo Polo perché crede che il Pd abbia deciso la sua autodistruzione?
Il Pd ha deciso la conservazione del gruppo dirigente anche a costo di perdere consensi. Tutto pur di avere un partito e qualche leva di potere. Il punto è che non si deve governare per forza: si governa quando si hanno idee e le prospettive convincono l’elettorato a darti la maggioranza. Il Pd ha perso contatto e affinità con l’elettorato perché oggi non è più custode di nessuno dei valori su cui è stato fondato.
Lei è stato un sindaco di grande successo e un portavoce del Sud tra i più votati. Una carriera politica che nel 2015 un’inchiesta poi risultata infondata ha provato a spezzarle la carriera. Lei è stato assolto del tutto nel 2021. C’è qualcosa che vuol dire di quel periodo della sua vita?
È stato il periodo più tragico della mia vita e non lo auguro a nessuno. Mi resta tanta amarezza e un giudizio negativo sulla giustizia e su come la magistratura possa incidere sulla politica. Dovrei scrivere un libro. Intanto qualcosa ha scritto Matteo Renzi ne “Il mostro”. E lo ringrazio per questo.
Come dovrebbe essere riformata la giustizia italiana?
Ho letto un’intervista al ministro Nordio e mi sono riconosciuto parola per parola. Se farà anche solo il 50% di quanto ha promesso, avrà iniziato a risolvere il buco nero delle nostre istituzioni che è la giustizia. Un buco nero dove può cadere dentro chiunque ed essere distrutto.
Perché aderisce al partito di Calenda e Renzi?
Il laboratorio messo su da Calenda e Renzi oggi offre una prospettiva nuova a chi come me crede nel riformismo come strumento di trasformazione della società. Cosa sanno fare lo hanno già dimostrato quando erano al governo. Entrambi sono per il lavoro e non per i sussidi, per tutelare l’impresa che è l’unica cosa che può creare lavoro. Riconoscono i problemi e li affrontano con pragmatismo anche a costo di perdere consensi. Lo vedo dai messaggi che ricevo: c’è tanto entusiasmo.
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