L'intervista
Intervista a Loredana De Petris: “Riunificare la diaspora degli ecologisti”

Una storia a sinistra. È quella di Loredana De Petris, esponente di primo piano di Sinistra Italiana, eletta al Senato nelle liste di LeU, capogruppo del Gruppo misto. Amici e avversari le riconoscono competenza e grande autonomia di giudizio, come quella dimostrata quando ha annuncia il proprio voto di fiducia al Governo Draghi, in dissenso dall’Assemblea Nazionale di SI.
Nel centrosinistra è un proliferare di “Agorà” alla ricerca di una identità smarrita.
La sinistra non può più rinviare la sfida di una radicale riconversione ecologica che la costringe a rivedere dalle radici tutti i suoi canoni. Ciò è vero per tutte le correnti politiche nate nell’800 e che hanno poi dominato il XX secolo. Liberalismo e socialismo condividevano la fede nello sviluppo illimitato delle forze produttive. Quella fede ha finito per mettere a rischio la sopravvivenza stessa del pianeta e tutti devono modificare le fondamenta stesse della loro visione politica. Non significa però che le differenze siano scomparse e non solo perché le resistenze della cultura liberale e liberista, con la loro fede nelle virtù taumaturgiche del mercato, saranno certamente maggiori. La riconversione deve essere veloce e sono necessari strumenti per contrastare le insopportabili diseguaglianze sociali, territoriali e di genere. Lo stiamo vedendo proprio con la pandemia, che è conseguenza della distruzione degli eco-sistemi e nella quale buona parte del mondo resta senza vaccini per non ledere gli interessi di Big Pharma.
Entrare nel Pd per spostarlo più a sinistra o lavorare per un nuovo soggetto politico?
La strada non è confluire tutti in un unico partito ma dar vita a una forza, interna al campo progressista, che faccia della riconversione ecologica e della lotta contro le diseguaglianze i suoi cardini.
Governo Draghi: opportunità o ostacolo?
Il governo Draghi non è nato perché la politica non era in grado di guidare il Paese senza un intervento esterno alla politica stessa. C’era un governo, il Conte bis, che stava operando bene. Un partito con una rappresentanza parlamentare molto sovradimensionata rispetto alla sua presenza reale nel Paese ha deciso, per calcoli propri, di far cadere quel governo. In circostanze normali ciò avrebbe portato a elezioni anticipate. Nel pieno della pandemia non era possibile e per questo è nato un governo anomalo, con una maggioranza anomala. La sua utilità sta nel portare a termine le missioni per cui è nato: la vaccinazione e il Pnrr e a questo fine noi collaboriamo lealmente. È però necessario che d’ora in poi il governo coinvolga il Parlamento molto più di quanto non ha fatto sinora.
Sia pur in termini più competitivi rispetto a Zingaretti, anche Enrico Letta ha rilanciato l’alleanza con il M5S. Non è un cedimento all’antipolitica?
Direi che è vero il contrario. Nel corso dell’esperienza del governo Conte bis avevamo avviato un lavoro di confronto programmatico che si è rivelato molto utile e proficuo. Il risultato è che oggi il M5S è una forza solidamente piantata nel campo del centrosinistra ed è un risultato che va in direzione diametralmente opposta all’antipolitica.
Unità: una parola abusata. Più se ne parla e più ci si divide. A sinistra del Pd sembra ormai una pratica consolidata…
Ogni tentativo di unificazione operato a partire dai contenitori, cercando di sommare dall’alto sigle diverse si è sempre rivelato fallimentare. Bisogna procedere in direzione opposta, partendo dai contenuti. In questo momento sarebbe molto utile riunificare la diaspora degli ecologisti, per dare vita a una componente compiutamente ecologista, come in tutti gli altri Paesi europei, della quale non solo la sinistra ma l’intero Paese hanno oggi assoluto bisogno.
Ddl Zan: vera battaglia politica e culturale o anticipazione di una “guerriglia” parlamentare che potrebbe connotare il semestre bianco?
Quello che è successo è molto chiaro. La Lega, contraria a una legge di civiltà contro le discriminazioni dovute all’orientamento sessuale o all’identità di genere, ha bloccato in commissione Giustizia per mesi la legge già approvata alla Camera, impedendo così anche di migliorare ulteriormente il testo. Quando siamo riusciti a portare il ddl in aula uno dei partiti che lo avevano votato alla Camera ha chiesto modifiche profonde con il rischio di sommare i propri voti con la destra per lo stravolgimento della legge. Se lo faranno si assumeranno la responsabilità di aver silurato una legge giusta e in linea con le norme in vigore nella maggior parte dei Paesi europei.
Al Senato sono volati gli stracci nella capigruppo. Ed è esploso il “caso Faraone”.
Non sono la sola ad essere rimasta basita alla lettura delle agenzie uscite a riunione in corso che riferivano di una bocciatura della capigruppo sull’inserimento del ddl Zan nel calendario di agosto. Non è così. Faraone non ha fatto una proposta di calendario. Ha chiesto un vertice di maggioranza per valutare modifiche al testo. Ma non è quella la sede. Quando personalmente ho chiesto se facevano una proposta in riferimento al calendario, mi è stato risposto di no. E difatti la decisione della capigruppo sul calendario è avvenuta all’unanimità. Se ci fosse stato un disaccordo, si sarebbe dovuto votare in aula.
Non molto tempo fa, il segretario del PD ha avanzato una proposta per una “mini patrimoniale” con cui finanziare una donazione per i diciottenni. Apriti cielo…
La proposta di Letta era davvero minimale e molto timida, tutt’altro che adeguata a fronteggiare le dimensioni spaventose raggiunte dalle diseguaglianze sociali. Eppure è bastata a provocare la levata di scudi della destra. Credo che non ci sia esempio migliore di cosa intendo quando dico che al di là dei proclami populisti, il discrimine tra noi e la destra passa proprio per la scelta di contrastare o al contrario di aumentare ulteriormente le diseguaglianze e l’ingiustizia sociale.
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