Le elezioni per il Colle
Intervista a Luigi Berlinguer: “Non c’è bisogno di elezioni anticipate ma di concludere la marcia intrapresa”

Una lezione di alta politica costituzionale. Un accorato appello al senso di responsabilità lanciato alle forze politiche, tanto più significativo per l’autorevolezza di chi lo lancia: Luigi Berlinguer. Già Rettore dell’Università di Siena dal 1985 al 1994, nella XIII legislatura è stato ministro della Pubblica istruzione, dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica nel governo Prodi e poi ministro della Pubblica istruzione nei due governi D’Alema. E ancora: nel quadriennio 2002-2006 è stato membro del Consiglio superiore della magistratura e successivamente parlamentare europeo.
Il giudice emerito della Corte Costituzionale, Sabino Cassese, ha sostenuto in una recente intervista a Rainews24 che quella del nuovo Capo dello Stato è “una elezione determinante per gli equilibri politici”. Motivando in questi termini: in una fase di grande frammentarietà delle forze politiche, il potere del Presidente della Repubblica come “gestore” delle crisi aumentata considerevolmente. Non solo. Paradossalmente, argomenta Cassese, in un sistema parlamentare, un Presidente della Repubblica che fosse anche leader di un partito, soprattutto di un partito di maggioranza, concentrerebbe nelle sue mani un potere molto maggiore del potere di un Presidente di una Repubblica presidenziale. Professor Berlinguer, cosa ne pensa?
Prima di tutto, si tratta di Cassese. Dobbiamo avere attenzione al fatto che si tratta di una personalità di assoluto rilievo, obiettività e competenza. Su questo non ci possono essere dubbi. Come non possono esserci entrando nel merito di quanto da lui affermato…
Vale a dire?
Che con questo sistema si concentra nella persona, fisica e politica, dell’eligendo poi eletto, un potere, che non è quello che noi vorremmo. Sia per la tradizione della Presidenza della Repubblica in Italia sia per lo stesso equilibrio delle parti, oggi. Quello di Cassese diventa un monito che va ascoltato. Non per bloccare l’elezione né tanto meno per introdurre una nuova qualifica personale: eleggiamo un presidente “mite” o “carino” o di tradizione democratica. Che sono tutte balle! Che non esistono in natura e tanto meno nelle istituzioni. Il procedimento si deve concludere. Non è che si possa risolvere con un vuoto di potere. Si deve concludere l’iter, certamente, ma con la consapevolezza per le forze politiche che reggono questo paese, che si debba contemporaneamente aprire un momento di riflessione sui gravi rischi previsti nelle osservazioni di Cassese. Penso che Cassese abbia ragione nel dire che ci si avvierebbe in questo modo ad una accentuazione della natura autoritaria e non democratica del nostro sistema, con l’individuazione di un tipo di Presidente della Repubblica che peraltro non rientra nella nostra tradizione, che ha sempre considerata quella carica particolare sì ma non detentrice di un enorme potere, al vertice di una procedura di scelta di quella natura. E allora se così è, terminato il percorso di elezione del nuovo Capo dello Stato, quanto meno non cercare anticorpi attraverso altri provvedimenti che tendano poi a limitarne i poteri, il che diventerebbe ridicolo. Eleggere un Presidente e subito dopo disciplinarne una limitazione della sua figura e del suo potere. Questa è roba da Repubblica delle banane!
Che fare allora?
Riflettere complessivamente su questo aspetto delle procedure e dell’equilibrio istituzionale in questo nostro benedetto paese, per vedere se c’è qualcosa da ridefinire, tale per cui questo rischio possa essere eliminato attraverso una procedura che contenga in sé certamente una agilità nella sua pratica attuazione, ma anche l’attenzione a conservare gli equilibri democratici nella gestione del potere istituzionale che questo paese merita.
Ma a suo avviso c’è questa consapevolezza nel mondo della politica, nei partiti?
Non voglio sentenziare. Si potrebbe dire, però, che la strada scelta indichi il contrario. Altrimenti non avrebbero proseguito nel seguire questa strada. La semplificazione dei sistemi di elezione degli organi, delle istanze, non può portare ad una semplificazione tale per cui si dice che si elegge un Presidente che comanda su tutto. Perché di fatto si rischia questo. Non è detto che accada, ma questo rischio c’è e sarebbe un grave errore non rilevarlo. Mi sento di fare un appello alle forze politiche, perché riguardassero la materia e rientrassero nell’idea di trovare una disciplina che si addica di più alla storia di questo paese, al suo spirito profondamente democratico e che si restituisca democraticità piena, senza rischi, alle nostre istituzioni.
Anche perché questo sarebbe il modo migliore per evitare la scorciatoia della ricerca dell’uomo o della donna della Provvidenza…
Io trovo difficile e alquanto bislacco, per usare un eufemismo, che noi disciplinassimo con norme giuridico-costituzionali come s’ingeneri un “Uomo della Provvidenza”. Perché un “Uomo” del genere lo può ingenerare solo un procedimento naturale, di nascita, che riguarda la biologia, la scienza della vita, e non certamente la scienza istituzionale. Noi potremmo avere un “Uomo” che si potrebbe definire da parte degli ingenui, o dei credenti, della “Provvidenza” solo se creiamo delle istituzioni veramente democratiche. Influiamo sull’assetto istituzionale e non speriamo nel buon cuore dell’eligendo poi eletto.
Questo significa avere anche un altro compito importante, oltre la piena attuazione del Pnrr, per i due rami del Parlamento dal giorno dopo l’elezione del nuovo Capo dello Stato alla fine naturale della legislatura, a marzo 2023?
Assolutamente sì. È proprio in questo ambito temporale, da qui alla fine della legislatura, che va trovata una soluzione istituzionale democratica. Dopo l’elezione del Capo dello Stato. Io non sono per sospendere la procedura di votazione o invocare misure di biologia dell’eredità o cose di questo genere. Andiamo avanti perché la procedura è iniziata e non si può fare un brusco arresto, non c’è ragione. Ci sarebbe ma non c’è. Diventerebbe una usurpazione. Si proceda e subito dopo le forze politiche, le istanze democratiche, riflettano e se possibile decidano anche di modificare il sistema. Che non si può conservare come tale.
Altre due definizioni che vengono utilizzate e abusate in questo “gioco del Quirinale” sono: super partes e una scelta condivisa. Professor Berlinguer, come declinerebbe queste due definizioni?
In questo momento non sento di avere l’improvvisazione e la capacità di individuare il sistema tecnico per raggiungere questo risultato. Lo si potrebbe raggiungere, forse, solo con un sistema complesso, tecnicamente funzionante. Occorre, questo sì mi sento di suggerirlo, individuare la modalità di elezione, che deve essere diversa dall’attuale. E nelle attribuzioni di competenza, cioè che cosa può fare, come si debba muovere e come dovrebbe agire l’eletto, si indichi quale sia la vera funzione del Capo dello Stato in rapporto con il complessivo assetto democratico degli organi. Bisogna fare un’operazione di definizione – costituzionale e istituzionale – che non si fermi a quello che si è raggiunto ora. La classe politica è chiamata a rettificare questo rischio e a creare invece un sistema democratico in cui si colloca la figura del Presidente della Repubblica, anche con l’agilità della forma di elezione ma soprattutto con la necessità di evitare rischi di qualunque natura.
E al partito di cui lei è stato tra i fondatori, il PD, che consiglio si sente di dare in questo passaggio delicato nella vita politica e istituzionale del paese?
L’Italia non ha bisogno di elezioni anticipate. Ha bisogno di concludere la marcia che ha intrapreso in questo periodo. Soprattutto di non perdere i soldi che ci sono stati destinati dall’Europa e che vedo a rischio se tergiversiamo con l’iper politica.
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