Dalla guerra ad una sinistra senz'anima
Intervista a Massimo Cacciari: “Catastrofe della sinistra, zitta anche sulle liste di proscrizione”

Dalla guerra a una sinistra senz’anima né identità. Una riflessione su Berlinguer e sul “nanismo” della politica, e dei politici, oggi. La parola a Massimo Cacciari.
Professor Cacciari, che Paese è quello in cui chi s’interroga sulla guerra in Ucraina viene tacciato di essere un sodale di Putin?
Non stiamo a esagerare. C’è una vulgata che parte da alcuni tra i massimi rappresentanti del governo, filtra attraverso i maggiori organi di stampa, e che fa fatica in questa situazione a trovare il filo del ragionamento. Che è molto semplice: se si ragione su questa tragedia bisogna partire dalle sue cause, vedere perché queste cause non sono state affrontate nei termini giusti. E discernere le diverse responsabilità, che sono molteplici e vengono da tutte le parti. Anche cause remote. Perché è una guerra civile in corso da qualche anno, lì in Ucraina. E sulla base di queste conoscenze, di questo sapere, vedere la possibilità di rimuoverle quelle cause scatenanti. Quando sei di fronte a una malattia grave non prendi aspirine ma cerchi di curare le cause del male. Molto semplice. Si fa molta fatica a muoversi in questo modo…
Perché?
Perché non c’è governo. Perché non c’è politica. Perché sono ormai anni e anni che non c’è una direzione politica, non c’è una strategia politica, né a livello europeo né a livello nazionale. Si procede per emergenza, con risposte emergenziali a ragioni di crisi che sono epocali. Si è invocato un governo dell’Europa. Si è sperato in certi momenti che fosse la Germania a poterlo assumere e non è avvenuto. La situazione si è andata sempre più aggravando e su questo non c’è dubbio alcuno. Tutti i governi che si sono succeduti si sono rivelati sempre più deboli. In alcuni paesi, vedi la Francia, la Spagna etc., le tradizionali forze e culture politiche sono franate. E da noi si è passati da Berlusconi alla pura emergenza. Da governi che comunque avevano un vago ubi consistam agli attuali che fa ridere definirli governi. Governi de che? Governi in cui ci sono le differenze più radicali, addirittura sul piano umano. In una situazione di questo genere, quale vuole che sia il discorso? Il discorso è sì, sì, no, no, nero e bianco, non può essere diversamente. Oggi è per la guerra, come in precedenza è stato per il Covid. Pensiamo al linguaggio. È lo stesso, identico. Soltanto demonizzazione di chi discute e non si piega a un modello di comunicazione assolutamente semplificato, ridotto all’osso. E questo perché non puoi affrontare una discussione in una situazione in cui non c’è governo. Il Pci e i democristiani potevano discutere perché avevano una forma ambedue, perché c’erano governi che avevano una forma. E quando c’è un governo che ha una forma si può discutere anche con l’avversario. Quando un governo non ha forme e si regge soltanto sull’emergenza, non c’è spazio per la discussione. C’è spazio solo per la propaganda.
Per restare sulla guerra. C’è chi sostiene, più o meno velatamente, che la vera posta in palio non è la liberazione dell’Ucraina ma l’umiliazione della Russia?
Qui siamo oltre la becera propaganda. Siamo all’impazzimento totale. Le parole hanno un peso. Non si tratta più di farla ritirare dall’Ucraina, ridiscutere tutte le questioni contese, condannare l’invasione. Umiliare la Russia vuol dire abbatterla. Umiliare viene da humus, che è terra. Umiliare vuol dire ridurre a terra. Vogliamo ridurre a terra la Russia? Siamo impazziti? Come giungere a una pace, come giungere a qualcosa di più di un armistizio e di un cessate il fuoco. Come far riconoscere alla Russia la necessità che si ritiri da questa invasione, per ridiscutere su un tavolo internazionale, che abbia dimensioni davvero geopolitiche, tutte le materie oggetto di contenzioso. Questo è il problema. Ma umiliare la Russia, ridurla terra?! Altro che dare le armi all’Ucraina per umiliare la Russia. Solo un mentecatto può dire che bisogna umiliare la Russia, uno che non si rende conto del significato delle parole.
Dalla guerra alla questione sociale, passando per l’irrisolta riforma della giustizia e all’inclusione in una società sempre più multietnica. Le chiedo: ma c’è ancora vita a sinistra?
All’interno della catastrofe di cui abbiamo appena parlato, c’è quella specifica della sinistra. D’altra parte non dobbiamo meravigliarci. Uno spettro di sinistra, di centrosinistra, è rimasto in piedi un po’ così fino all’epoca di Prodi. Sono quindici anni che non c’è più. Non è che c’era con Renzi, non scherziamo per favore. È un fantasma di sinistra, di centrosinistra, che sempre più dimostra di essere tale. La crisi viene da molto lontano. Ci sono delle cose che uno che ha vissuto un po’ a lungo rimane allibito. Come è possibile che persone che si dicono di sinistra, che provengono anche vaghissimamente da quelle culture, di fronte anche a casi così farseschi come quello delle liste di proscrizione, non abbiano niente da dire. Non dicono ma chi si è inventato ste’ cose? Un pazzo dei servizi segreti, un qualche ministro…Chi s’è inventato sta robaccia? Chi ha detto di farlo? Neanche chiederlo, è incredibile. È incredibile per delle forze che sono vissute sull’esigenza di controllare l’azione dei servizi. Vede, non sono vissuto su un pero e so bene ciò che sono capaci di fare settori dei Servizi. Quella della lista dei putiniani è in sé una farsa ma una farsa che denota qualcosa che al fondo è, esso sì, molto inquietante, grave: mi riferisco a quel clima culturalmente indegno che ha segnato l’azione del governo e di buona parte delle forze politiche che lo sostengono, in questa tragedia. Ma finiamola qui. Per andare poi alle cose più serie…
Vale a dire?
A fine anno si combineranno recessione e inflazione. Cosa dicono su questa incombente tragedia sociale? Come vogliono affrontarla? Con una montagna di debito? Che politiche fiscali intendono fare? Come intendono difendere i redditi più bassi? Non dicono nulla su questa storia del salario sociale. Il reddito di cittadinanza non va bene: ok, ma con che cosa intendete sostituirlo? O siete d’accordo con Renzi di toglierlo punto e basta. Silenzio su tutto e viva la Nato. L’unica cosa che dicono è: viva la Nato! È incredibile. Siamo i primi della classe come discepoli della Nato. Se lei pensa alla storia. Non c’entra letteralmente più niente. Io non ho nessuna nostalgia di quando si gridava via l’Italia dalla Nato, via la Nato dall’Italia. Nessunissima nostalgia, zero. Ma diamine. Come cavolo si fa a passare da posizioni di un certo tipo all’opposto. Sulla politica interna silenzio, afasia sui must di una qualsiasi politica di centrosinistra: come difendere i redditi più bassi, come difendere l’occupazione, silenzio. Non si sa. Sul piano internazionale, siamo al rovesciamento totale della politica estera seguita dalle forze della prima repubblica. Tutte. Basti pensare a quel che faceva Craxi, o ai rapporti della sinistra democristiana con i palestinesi, lasciando perdere i comunisti. Sempre una grande attenzione a dire Europa prima che Atlantico. Adesso invece…
L’11 giugno 1984 moriva Enrico Berlinguer. È rimasta qualche traccia di Berlinguer, del suo pensiero, in ciò che resta oggi della sinistra e nel Pd?
Berlinguer era una figura complessa. In parte, certamente radicatissimo nella tradizione culturale del Partito comunista, in un certo gramscismo. Ma poi fondamentale in Berlinguer è l’apporto rodaniano, senza di cui non si spiegherebbe il compromesso storico. I fondamenti culturali del compromesso storico vanno cercati anche in quella direzione e non soltanto in una certa declinazione del togliattismo. Per dire che Berlinguer è una figura estremamente complessa, culturalmente ricca, travagliata, drammatica sotto certi profili. Perché sentiva come tutti i comunisti di allora il dramma del rapporto con l’Unione Sovietica. Non come lo viveva Amendola e quella generazione di comunisti. Per loro l’Unione Sovietica era quella che ci aveva salvato dal nazifascismo nella Seconda guerra mondiale. Punto. E quindi bisognava essere schierati. La Seconda guerra mondiale non era finita con una vera pace. E questo era il dramma di personalità come Giorgio Amendola che combinavano tendenze anche di destra sul piano culturale e su quello economico, con questa posizione nei confronti dell’Urss. Berlinguer viveva e soffriva queste contraddizioni. Lui apparteneva ancora a quella generazione di comunisti. Poi c’era la componente fondamentale che veniva da Franco Rodano. Ed era questa la componente che avrebbe sempre impedito a Berlinguer un rapporto con i socialisti tale da creare finalmente una forza grande della sinistra in questo paese. Non era la componente comunista. Tantomeno il rapporto con l’Unione Sovietica. Era la componente rodaniana che avrebbe sempre impedito la costruzione di una sinistra unitaria in Italia. Berlinguer è una figura del passato. Ma con una nettezza culturale, una problematica, una statura politica che oggi neanche a parlarne. Siamo in una dimensione antropologica diversa. Non politica, non culturale, proprio antropologica diversa. Ed è impensabile in Berlinguer oggi. Come impensabile un Amendola, un Ingrao, come impensabile è un Moro, un Fanfani, un De Mita, o un Craxi. Sono tutte figure assolutamente impensabili. Non per averne nostalgia, perché sono figure passate. Tutto quello che ho detto di Berlinguer appartiene a un passato. Un passato che si staglia sul vuoto assoluto dell’oggi. Non è un rimpianto. È una constatazione di fatto.
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