Parla l’ex presidente dem
Intervista a Matteo Orfini: “Alleanza con il M5S fallita, ora ricostruiamo il Pd”

In gergo giornalistico, quella del combattivo parlamentare dem, già presidente del PD dal giugno 2014 al marzo 2019, è una intervista che dà tanti titoli. Dal ddl Zan al rifinanziamento delle missioni, per finire al tema delle alleanze. Nel PD c’è grande fibrillazione.
Orfini, lei come la vede?
La fibrillazione è una condizione strutturale del PD, oramai ci siamo abituati. Sul tavolo ci sono cose diverse. Vi sono delle battaglie importanti che il Partito Democratico ha scelto di fare, come quella sul ddl Zan, in cui stiamo cercando di andare fino in fondo su una legge di cui questo Paese ha da tempo bisogno. Basta scorrere i fatti di cronaca per rendersene, purtroppo, conto. Quello di andare fino in fondo è un tentativo politicamente complicato. Sono note le difficoltà numeriche su questa legge, però io credo che rinunciare a farlo, rimandando ulteriormente questa discussione, non sarebbe stata una scelta accettabile. E quindi bene ha fatto Letta ad andare avanti. Adesso è bene che ognuno si assuma le sue responsabilità in Aula, e lì verificheremo chi davvero vuole approvarla, questa legge, e chi ne parla solo.
Altro terreno di confronto-scontro è il rifinanziamento delle missioni. Lei già nel 2020 fu uno dei 23 parlamentari che votarono contro il rifinanziamento alla Guardia costiera libica, motivando così in Aula la sua scelta: “Qualche anno fa avremmo potuto fare finta di non sapere. Oggi no, oggi sappiamo che dire Guardia costiera libica vuol dire traffico di esseri umani, stupri, torture, omicidi. Finanziarla significa finanziare chi uccide, chi stupra, chi tortura… Lo dico al mio gruppo. Farlo dicendo in una risoluzione che chiederemo loro di comportarsi bene, non è riformismo, è solo una gigantesca e un po’ offensiva ipocrisia“. Un anno dopo, è sulla stessa barricata…
Io credo che questa sia un’altra di quelle battaglie che andrebbero fatte fino in fondo. Dopo tutto quello che è accaduto, l’idea che si possa far finta di non sapere cosa è la Guardia costiera libica, chiudere gli occhi di fronte ai comportamenti praticati, sarebbe l’ennesima ripetizione di un errore drammatico da parete del PD. E spero fino all’ultimo che ci sia su questo un ripensamento.
A proposito di temi scottanti. Goffredo Bettini ha rilanciato con forza la prospettiva di un’alleanza strategica del PD con il Movimento 5Stelle di Conte. Condivide questa linea?
Io non ho mai condiviso questa linea. Come tutti seguo con interesse l’evoluzione del sistema politico italiano, che in questo momento è molto movimentato. Un discorso che vale anche per i 5Stelle, una forza oggettivamente, e questo sarebbe sbagliato negarlo, molto diversa oggi da quella delle origini, e che però è ancora qualcosa di difficile definizione, almeno dal mio punto di vista. L’interesse per ciò che si muove dentro quel Movimento non è, per quanto mi riguarda, in discussione. Quello che non ho mai condiviso e che continuo a non condividere è l’idea di legare il destino del PD indissolubilmente all’alleanza con una forza politica che su questioni fondamentali è molto, molto, molto differente da noi. Noi abbiamo il dovere di costruire in Italia un grande partito di centrosinistra che poi è la ragione per cui abbiamo fatto il PD. Costruire un protagonismo, rafforzare il PD. Questa è la “mission” che dovremmo darci. Tutti. Il futuro del PD è il PD. Non può essere la ricerca ossessiva solo della politica delle alleanze, che ha segnato la segreteria Zingaretti e che ritorna nelle proposte che ciclicamente Goffredo porta avanti. Io penso che noi dovremmo concentrarci un po’ di più su questioni ben più cruciali del rapporto più o meno stretto con Conte e i 5 Stelle…
Questioni cruciali. Un esempio?
Nel mondo che uscirà dalla pandemia, cosa deve essere un grande partito di centrosinistra. Quale la sua identità, quale il suo profilo riformista. E su questo ricostruire un radicamento sociale nel Paese e anche impostare in termini nuovi una interlocuzione con le altre forze politiche. Su questo faccio un esempio affrontando un tema caro al suo giornale…
Vale a dire?
Sono felice, di più, orgoglioso che Draghi e la ministra Cartabia vadano a Santa Maria Capua a Vetere, per dimostrare con una presenza non rituale, perché è una cosa che non ha grandi precedenti nella storia di questo Paese, che di fronte ad una violenza inaccettabile come quella consumatasi in quel carcere, le istituzioni vanno a segnare una presenza. Ed è un comportamento, quello di Draghi e della Cartabia, enormemente differente da quello che ebbero Conte e Bonafede, quando vi fu questa vicenda. Bonafede rispose, come ricordano tutti, sostanzialmente difendendo e legittimando l’intervento in quel carcere. Il rispetto e la tutela dei diritti, il garantismo, lo Stato di diritto anche, anzi soprattutto dentro le carceri, è un tema fondamentale di cui discutere quando si immaginano le alleanze o no? In quel gesto, io sento più vicini Draghi e la Cartabia di Conte e Buonafede. Su altre cose non è così. Questo per dire: attenzione a innamorarsi delle formule, senza guardare alla politica.
La butto giù un po’ brutalmente: il PD sembra aver puntato tutto, o quasi, sui diritti civili, ma la stessa determinazione non sembra manifestarsi sui diritti sociali. Cos’è: gli operai non scaldano più i cuori a sinistra?
Mi sembra francamente un giudizio ingiusto. Io credo, anzitutto, che non dobbiamo mai accettare che diritti civili e diritti sociali vengano considerati alternativi o addirittura conflittuali tra loro. Io penso che in un grande partito contemporaneo debbano stare insieme la difesa dei diritti civili e la difesa dei diritti sociali, perché sono collegati. Nel concreto, poi, la battaglia che il ministro Orlando e altri hanno fatto per cercare di evitare uno sblocco indiscriminato dei licenziamenti, anche le parole dette da Letta dopo l’ultima vicenda delle centinaia di lavoratori licenziati con una mail, sul fatto che se questa è l’interpretazione che viene data alla norma allora questa deve essere ritoccata, tutto ciò dimostra che su questi temi c’è attenzione, come c’è stata nel tentativo, complicato, di estendere a tutti la protezione sociale durante la pandemia. Sono diritti che una sinistra contemporanea tiene insieme.
Ai tempi del referendum sul taglio del numero dei parlamentari, nel sostenere il suo “no”, lei ebbe a dire che il “si”, cito testualmente, è “il trionfo del populismo e l’umiliazione della politica”, per poi aggiungere: “Il PD ritrovi coraggio e autonomia e voti no: le battaglie giuste si fanno anche quando sono difficili. Anzi soprattutto se sono difficili”. Il PD non ha smarrito questo coraggio?
Quello del referendum è stato, a mio avviso, uno dei momenti in cui questo problema ce l’avevamo. Abbiamo accettato di sfregiare la Costituzione, minandone di fatto l’equilibrio dell’impalcatura, con la promessa di correttivi e di riforme, come quella della legge elettorale proporzionale, che poi non si sono fatte, come era ampiamente prevedibile. Non si è avuto il coraggio di fare una battaglia di verità, spiegando che il taglio dei parlamentari è una sciocchezza populista, che ha fatto un guaio. Mi sembra che da questo punto di vista, con la segreteria di Letta qualcosa sia cambiato. Letta che arriva e sceglie di riporre al centro dell’attenzione temi complicati per l’opinione pubblica, come lo Ius soli, come anche quella formula di micro patrimoniale che era la dote ai diciottenni. Tutte proposte che hanno fatto molto discutere e creato polemiche, a dimostrazione della volontà di riprendere un profilo più visibile e autonomo, e anche più coraggioso nel fare quelle battaglie difficili. Credo che questo processo di recupero di un profilo e di una identità del PD, vada portato a compimento e vada sostenuto. Per questo mi preoccupo quando qualcuno torna a riproporre una strategia fallita che punta tutto sulla politica delle alleanze. La costruzione del futuro del PD risolto di fatto nella confluenza politica con il Movimento 5Stelle, è stata la cifra della segreteria Zingaretti. Ed è una stagione politica chiusa da un fallimento. Dico chiusa proprio perché quel progetto politico è fallito. Riproporlo oggi mi sembra fuori tempo massimo. Concentriamoci tutti sulla ricostruzione del PD di cui abbiamo un bisogno impellente.
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