«I Cinque Stelle hanno poco spazio con il governo Draghi, per fortuna. Il patto per Napoli? Un bluff, ma Manfredi non lascerà Palazzo San Giacomo». Ne è convinto lo storico Paolo Macry.

Professore, che idea si è fatto della delibera denominata “Parentopoli”?
«Il caso specifico è un piccolo episodio di una questione più grande, cioè dei guasti della retorica dell’onesta e dell’anti politica, elementi principali dei grillini che, come speso capita, scivolano sempre su delle bucce di banana. Questo scivolone non è il primo e certamente non sarà l’ultimo. Anche il caso del 2×1000 è abbastanza simile. Perché a Conte servono risorse economiche. Alla fine si tratta di contraddizioni oramai radicate nell’origine di questo Movimento».

Chi avrà la meglio tra Conte e Di Maio?
«Sono dinamiche interne, un tempo si sarebbe parlato di correnti e di lotte tra leader, queste cose sono indicibili perché il Movimento continua ad avere questa pretesa di diversità e purezza. Credo che per Conte non sarà facile togliersi Di Maio di torno, anche perché in questi anni ha maturato un’esperienza politica grazie a Ministeri guidati. Resta da capire chi farà le liste nei prossimi turni elettorali e che ruoli avranno altre figure come Roberto Fico. C’è anche la possibilità che Alessandro Di Battista, già coccolato dalle televisioni, fondi un partito tutto suo. Ma oggi capire chi è e che fine ha fatto l’elettorato dei Cinque Stelle è complicato, credo che nessuno di questi personaggi abbia delle truppe su cui poter contare in una prospettiva elettorale».

Che idea si è fatto di Di Maio?
«Gli atti di Di Maio possono essere molto più compatibili con un’impostazione liberale e democratica rispetto a quando faceva le incursioni a Parigi per appoggiare le manifestazioni dei gilet gialli. Ha una posizione importante oggi, la sta sfruttando con una certa abilità e in questo si vede che ha un’esperienza politica più lunga rispetto a Conte che appare spesso e volentieri molto disorientato, non riuscendo a reggere il filo politico dei suoi uomini. Di Maio invece sembra che in qualche modo abbia alcuni punti di riferimento più forti. Appare più flessibile di Conte, che è incastrato dalla sua stessa leadership perché non può diventare il leader di un Movimento che viene da Grillo e compagni senza entrare in rotta di collisione con Draghi e con il Pd. Insomma, Di Maio ha le mani libere, Conte no».

Secondo lei che fine farà il Movimento?
«Una brutta fine. È un dato di fatto che questo è nato prendendosi un pezzo di società arrabbiata, scontenta, e oggi si tratta di capire quanto spazio ha da questo punto di vista. Resta da capire poi quanto sono arrabbiati gli italiani, ma finchè c’è Mario Draghi al governo i Cinque Stelle non hanno nessuno spazio. Non a caso, nel dibattito politico quelli che non hanno mai niente da dire sono proprio loro. Diciamo che finchè c’è Draghi al governo siamo salvi dai Cinque Stelle».

Ora il Patto per Napoli proposto da Pd e 5 Stelle sembra essere andato in fumo e Manfredi minaccia le dimissioni. Come legge questa situazione?
«Era un bluff che hanno cavalcato durante la campagna elettorale, era ovvio che il Governo non avrebbe potuto fare una legge speciale solo per Napoli e lasciare fuori tutti gli altri enti in difficoltà economica. Sono certo che il Patto non si farà, come sono certo che un aiuto da Roma arriverà e che Manfredi, che minaccia le dimissioni, non lascerà Palazzo San Giacomo».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.