Avanti! della Domenica
Intervista a Pietro Folena: “Serve un nuovo movimento socialista che ascolti le persone”
Un nuovo movimento popolare che aggreghi le varie anime del centrosinistra italiano e che si riconnetta con la sua storia, quella del socialismo delle origini, perché “il nuovismo senza storia non ha avvenire”. E’ l’appello che Pietro Folena, classe ’57, che è stato segretario nazionale della Fgci, poi storico dirigente di Rifondazione Comunista, del Pds e dei Ds, oggi lancia alla comunità progressista e riformista. Folena ha riunito, in una iniziativa a porte chiuse, i vari soggetti politici a cui si rivolge, per riflettere e confrontarsi su un documento dal titolo significativo: “i nuovi socialisti”. In questa intervista all’Avanti! della domenica, dove analizza, tra le altre cose, le ragioni dell’avvento dei nuovi populismi, non ha dubbi: “bisogna scomporre e ricomporre la sinistra”, per fare una “cosa” nuova, aperta e plurale.
Lei ha sostenuto che il socialismo è giovane e che il nuovismo senza storia ha avvenire.
Si è fatta strada l’idea che dopo il ’92, con la crisi del Psi e il Pci che si avvicinava all’area di governo, potesse nascere una sinistra o un centro sinistra nuovo che recideva le radici nel passato, senza un richiamo alle origini profonde del socialismo. E’ questo il nuovismo senza storia. Il socialismo nasce alla fine dell’ottocento come atto di amore collettivo fra le classi sfruttate che si aiutano con forme di mutuo soccorso, di cooperazione, con le scuole popolari, ad esempio. E la fondazione nel 1892 del Partito dei Lavoratori, quindi del Psi, metteva insieme tutte queste realtà di solidarietà. Un progetto che ha permesso del Novecento di realizzare delle conquiste straordinarie, culminate nel welfare state e nella socialdemocrazia. Altre strade, come il comunismo, che pure avevano altre istanze di liberazione umana, sono fallite. Il necessario richiamo alle origini è anzitutto il bisogno di un socialismo democratico di tipo nuovo in Italia come in Europa, dove queste culture esistono seppure ammaccate.
E perché in Europa esistono grandi forze socialiste e in Italia no?
Perché i partiti socialisti europei non sono mai stati travolti da questa ideologia nuovista. In Italia abbiamo avuto un doppio fenomeno: la crisi totale del Partito Socialista e il bisogno di legittimazione del Partito Comunista che è diventato governismo ad ogni costo.
E la tua iniziativa promossa con un documento dal titolo “i nuovi socialisti” in che direzione va?
Io penso che bisogna scomporre e ricomporre la sinistra. Il Pd continua ad avere al suo interno una componente socialdemocratica assai slavata ma che esiste, oltre a una componente moderata, liberale e centrista; lo stesso Psi sta cercando di intraprendere una nuova iniziativa di riunificazione tra le sue componenti; il grillismo – diventato poi contismo, che ha due anime, una populista e una di sinistra: tutte queste forze, ma non solo queste, devono aggregarsi in una piattaforma ideale.
E qual è?
E’ quella di riconnettersi alla storia e poi federarsi in un’idea plurale in cui ci saranno componenti più riformiste, più di sinistra, più laiche e componenti di cristianesimo sociale.
Ma ad esempio nel Pd esistono già varie anime con diverse sensibilità..
Il Pd ha diverse aree ma è prigioniero della sua rappresentanza istituzionale, dominata dai capi corrente e da filiere di appartenenza. Se facesse un congresso veramente aperto sarebbe una storia diversa. Ma se è un congresso in cui bisogna solo scegliere un nome, alla fine conteranno moltissimo queste filiere di appartenenza…
E non cambierà nulla?
Non cambierà granché: ci sarà da fare l’opposizione a questo governo ma deve essere un’opposizione intelligente, non intransigente. Non è urlando che risolvi i problemi. Bisogna piuttosto chiedersi perché Fdi e prima la Lega hanno parlato a strati popolari a cui storicamente prima si rivolgeva la sinistra.
In questa opera di ricomposizione della sinistra il M5S potrebbe essere della partita?
Così come è oggi no. Ha dentro un’anima di sinistra, però al fondo c’è un’impronta populista che non va demonizzata perché i populismi vanno compresi.
Ma come si risponde ai populismi?
Mettendo al centro la vita delle persone: il lavoro, il popolo che non è un’astrazione che ha bisogno di un capo, come hanno fatto Conte, Meloni o Renzi.
“Servirsi del popolo”, che è il titolo di un suo recente libro, è quello che ha fatto il M5S delle origini?
Il M5S lo ha fatto largamente fino a un certo punto. Ma anche Salvini, e il primo Berlusconi. Alcune semplificazioni che hanno dato vita a stagioni di populismo spinto non hanno trovato una resistenza…
Si moltiplicano gli appelli di movimenti, intellettuali, storici e politologi a creare una “cosa” che si richiami al socialismo democratico. Il Pd è pronto, a suo avviso, a intraprendere qeusta strada e magari a cambiare persino nome?
Così com’è adesso no. Aspetto di vedere le mozioni e se ci sarà una mozione socialista. E aspetto di vedere se il Pd è disposto ad occuparsi dei problemi piuttosto che ad andare ad ogni costo al governo. O peggio, andarci con un nuovo Draghi, sperando che Giorgia Meloni non reggerà.
A quali problemi dovrebbe guardare il Pd e il centrosinistra?
Credo che fare una battaglia per liberare i dati dalla loro privatizzazione sia la principale campagna democratica da condurre. E poi il diritto alla salute: la pandemia ci ha insegnato che il mondo è globale ma la salute è diventata una merce, penso alla questione dei brevetti per commercializzare i vaccini. Inoltre, il lavoro deve essere il cuore delle battaglie per una forza socialista e di sinistra. C’è una asimmetria tra un mondo globale, un capitalismo digitale in cui Zuckerberg, Musk, Bezos e altri soggetti dominano, impadronendosi dell’algoritmo per scavare nei nostri desideri e il lavoro che è stato destrutturato. Mi riferisco a quei lavoratori ridotti in condizioni ottocentesche come i rider, i lavoratori di Amazon, senza tutele. Bisogna ricomporre il mondo del lavoro in cui c’è anche un pezzo di impresa, contro il dominio di questo capitalismo digitale. Esattamente come la socialdemocrazia del 900 è stata, in cinquant’anni, capace di mettere le redini al capitalismo selvaggio e di imporre il welfare State, noi dobbiamo mettere le redini al capitalismo digitale. E per fare questo ci vuole un movimento socialista che deve avere una visione globale.
Perché nel suo documento ha scritto che noi di sinistra “non possiamo più definirci riformisti”?
E’ stata una provocazione. E’ chiaro che non c’è un’alternativa a un processo di riforme democratiche, ma il riformismo rispetto alla tradizione socialista è diventato un’altra cosa. Bisogna avere il coraggio di ripensare un po’ a molti settori della società, compresa la scuola. Con la logica iper produttivistica c’è una grande crisi degli adolescenti che, specialmente dopo il covid, attraversano una crisi drammatica. Ma la politica non ne parla.
Nel documento che hai presentato recentemente hai fatto anche delle proposte operative…
Penso ad esempio a una web tv progressista, non di partito, in cui ad esempio l’Avanti!, il Manifesto e altri quotidiani e riviste, oggi con un investimento ridotto e trasformando tutti i possessori di smartphone in potenziali corrispondenti, possono dare voce alla vita delle persone. Serve poi riaprire le case del popolo come luoghi della riunificazione del lavoro, delle persone, di comunità e solidarietà. E ancora le grandi inchieste di partito: questo grande movimento popolare che abbiamo in mente non si può costruire in due mesi, ma nel corso di qualche anno. Io, ad esempio, faccio parte di una vecchia generazione che si mette a disposizione perché ci possa essere la nascita di qualcosa di nuovo, fatto di una rete di persone con storie e culture diverse che trovano un terreno comune di lavoro.
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