L'inchiesta del Riformista
Intervista a Ruth Dureghello: “Attentato alla sinagoga, vogliamo la verità ma non per vendetta”
Ruth Dureghello è la voce ufficiale della Comunità ebraica, di cui è la presidente. Voce forte e libera che va dritta al cuore dei problemi.
Guardando con gli occhi dell’oggi gli eventi tragici di quel 9 ottobre 1982, quando un attacco terroristico all’antica Sinagoga di Roma costò la vita a un bimbo di 2 anni, Stefano Gaj Taché, e il ferimento di 37 persone, è ancora attuale quanto ebbe ad affermare l’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e cioè che l’antisionismo è la forma moderna dell’antisemitismo?
Questo fu il grande merito del Presidente Napolitano, come ha anche giustamente dichiarato proprio su queste pagine pochi giorni fa il presidente Fassino: quello di denunciare per la prima volta il fatto che l’antisionismo è, e continua ad esserlo tuttora, la forma più grave, più subdola e anche più pervasiva di antisemitismo. Perché l’odio verso Israele, la negazione del diritto d’Israele ad esistere e la volontà di colpire gli ebrei ovunque essi si trovino per impedire allo Stato d’Israele di esistere o comunque di agire in difesa e a tutela d’Israele, è quello che poi ha di fatto portato a quell’attacco micidiale, terribile, all’omicidio di un bambino e al ferimento di 37 persone, quasi quarant’anni fa dinanzi alla Sinagoga di Roma.
Restando a quel clima e agli stereotipi che lo caratterizzavano, nel portare avanti l’inchiesta su quella tentata strage, Il Riformista ha rivelato un episodio che riguardò la signora Daniela Gaj, la madre del piccolo Stefano. A lei che chiedeva conto del perché suo figlio non fosse stato inserito tra le vittime italiane del terrorismo nella Giornata a loro dedicata, fu risposto: «È un ebreo, non un italiano». Cosa c’è dietro questa agghiacciante risposta?
Questa gravissima, agghiacciante affermazione era il sintomo di un pregiudizio e soprattutto di una forte ignoranza che comunque ha caratterizzato la coscienza di questo paese e per certi versi la caratterizza ancora. Perché nega agli ebrei, agli ebrei italiani – agli ebrei romani in quella occasione – quel lignaggio e quella cittadinanza che non solo gli ebrei, e gli ebrei romani hanno da più di duemila anni, ma che hanno contribuito a realizzare perché furono gli stessi ebrei, parlo dei torinesi nello specifico, i romani, e comunque il pensiero ebraico e le loro azioni a determinare la nascita dell’Italia. Noi in questi giorni raccontiamo e documentiamo in una mostra all’interno del Museo ebraico, il contributo del pensiero ebraico, che ha ispirato Mazzini, con il legame Gerusalemme-Roma che già Herzl affrontava alla fine dell’800, nonché figure autorevoli che furono determinanti nel costruire l’Italia, nell’abbattere il potere pontificio a Roma e dare Roma come capitale dello Stato italiano e liberare gli ebrei da trecento anni di ghetto. Tutto questo nono può essere cancellato tout court. Lo abbiamo ideologicamente cancellato nel periodo fascista, fino al tradimento delle leggi razziali e razziste. E ancora una volta in quel giorno terribile dell’attacco terroristico. Gli ebrei non erano considerati cittadini italiani! C’è voluto il Presidente Mattarella, nel suo discorso d’insediamento, per ricordare, e quello fu veramente un momento di grande commozione ma anche di grande responsabilità, che Stefano Taché non era solo un bambino ebreo. Era ed è un bambino italiano. Per tornare al tema iniziale di questa conversazione, questa è una delle ragioni per le quali di tutta vicenda in termini di terrorismo non si è mai avuto un approccio o quanto meno una sensibilità. Oggi, invece, a quasi quarant’anni di distanza, una serie di documenti offrono la possibilità di approfondire e indagare. L’unica cosa che stiamo chiedendo non è certamente una vendetta, ma la ricerca di una verità storica e soprattutto giudiziaria.
Dalle carte pubblicate dal nostro giornale emergono interrogativi inquietanti…
Perché non ci fosse la polizia il giorno dell’attentato. Perché nonostante le comunità avessero richiesto un presidio, in un momento di particolare tensione in cui eravamo considerati e additati pubblicamente in quanto ebrei come responsabili per quello che accadeva in Israele, in Libano, in un contesto lontano migliaia di chilometri, questa tutela non c’è stata. Perché è dovuto morire un bambino e ci sono dovuti essere bombardamenti al centro della città, senza nessuna colpa. Perché l’antisionismo e l’antisemitismo siano le due facce di una stessa medaglia, oggi lo sappiamo. E non soltanto perché lo diciamo noi, ma perché lo affermano gli organismi internazionali, perché è ben declinato all’interno di definizioni chiare. Perché è sotto gli occhi di tutti che questo radicato sentimento di appartenenza che ci lega culturalmente, tradizionalmente, religiosamente a Gerusalemme e a Israele, viene visto come una colpa e spesso viene strumentalizzato e utilizzato per nascondere il più bieco e meschino antisemitismo. Ma non deve essere oggi lo strumento per impedire che si facciano le puntuali analisi, le dovute indagini, tutto quello che è necessario per fare emergere la verità. È un dovere morale, che serve anche a dimostrare che veramente le cose sono cambiate. Che, come nei fatti è dimostrato dai presidi di polizia, dalla vicinanza delle istituzioni, tutto quel sistema che dopo l’82 si è costruito lavorando insieme su presupposti totalmente differenti, fondi le sue radici anche in una ricerca della verità. Per restituire giustizia a quella madre che fu non soltanto vittima di quell’attacco terrorista, e che piange ancora un figlio, ma che fu doppiamente offesa, perché fu negata anche la dignità di suo figlio in quanto italiano. Ecco, tutto questo deve essere riportato dalla parte giusta della storia. Noi vogliamo che si scriva una pagina di storia sulla verità e non sul dubbio, sull’incertezza, sul pregiudizio e su tutto quello che purtroppo anche oggi ci preoccupa.
Per restare a questo antisionismo-antisemitismo. A me vengono in mente due cose, che raccontano di una trasversalità di questo binomio. La manifestazione sindacale durante la quale venne deposta una bara davanti alla Sinagoga di Roma, e le vergognose, feroci accuse rivolte dai No vax alla senatrice a vita Liliana Segre.
Purtroppo l’antisemitismo è il più antico, più radicato, più violento, più perverso, più pervasivo modello di odio e di discriminazione. D’altronde noi siamo il popolo più antico dell’umanità, sopravvissuto ininterrottamente per millenni, e subiamo questo pregiudizio in maniera trasversale, con una evoluzione che lo trasforma, che lo fa evolvere. E che si rafforza ancor di più nei periodi di crisi e di disagio sociale, perché è l’espressione di una insofferenza che si manifesta, per l’appunto, attraverso un pregiudizio e il pregiudizio vede nel diverso il capro espiatorio di colpe alle quali non si riesce a dare delle risposte. È un fiume carsico che riemerge periodicamente con qualche variazione, giusto per non sembrare così violento e grave come di fatto è. Questa è la difficoltà a riconoscerlo in ogni contesto. Ciò, però, non ci deve impedire di denunciarlo e di denunciarne gli efferati effetti che l’Europa e l’Italia hanno subito. Noi non possiamo ricordare Vienna, Tolosa, Berlino, Parigi, se non ricordiamo anche l’attentato a Roma del 1982. Tutte queste pagine insanguinate di vili attacchi terroristici antisemiti, non possono essere ricordate se si dimentica che anche Roma, nell’82, in uno dei primi tra questi violenti attacchi, fu offesa, tradita, colpita nella forma in cui cittadini ebrei italiani dovevano essere eliminati per la sola colpa di essere ebrei. Mi lasci aggiungere, in conclusione, una cosa che credo importante. Noi abbiamo già dimenticato che nel maggio scorso,Israele è stata vittima di una serie di attacchi missilistici da parte di Hamas. In quei giorni affermammo che quell’escalation di violenza faceva parte di una strategia del terrore che nulla aveva a che fare con una lotta pacifica per la libertà di culto. In quel momento, il web soprattutto, che oggi è quel volano mediatico perverso in cui si diffonde l’odio e che non si riesce a controllare, subì picchi estremi di odio contro Israele e contro gli ebrei in Europa. Perché ancora a tutt’oggi, forse oggi ancora di più, l’assioma Israele ed ebrei diventa una colpa nel momento in cui le tensioni si acuiscono e non si riesce, o non si vuole, vedere la verità o quanto meno analizzare la realtà delle cose. L’appello è quello a presidiare oggi anche su questo. Perché le posizioni che il nostro paese assume nei confronti d’Israele nei consessi internazionali e nei diversi ambiti della politica, hanno poi ancora degli effetti sugli ebrei europei e sugli ebrei italiani.
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