Forza Nuova e uno scioglimento per decreto. Il Riformista ne discute con Stefano Ceccanti, costituzionalista, parlamentare dem, vicepresidente vicario dell’associazione di cultura politica “Libertà Eguale”.

Scrive Piero Sansonetti: «Sciogliere un partito, un gruppo, un’organizzazione, per motivi ideologici è una stupidaggine gigantesca, che porta all’immagine della democrazia una ferita molto più grande della modestia del gesto. E che apre varchi pericolosissimi. Se oggi si scioglie Forza Nuova niente esclude che tra qualche mese o tra qualche anno qualcuno chieda lo scioglimento di organizzazioni di sinistra. Anche più forti e radicate di Forza Nuova. Riducendo sempre di più i margini del possibile dissenso politico». Senatore Ceccanti, da politico e autorevole costituzionalista come risponde al direttore di questo giornale?
Il punto è che nessuno sta sciogliendo una qualsiasi organizzazione per motivi meramente ideologici. Non lo si sta facendo anche perché non si potrebbe comunque farlo, anche volendo, neanche verso organizzazioni di estrema destra per la loro mera esistenza. L’Italia non è una democrazia protetta, ossia una democrazia in cui, come accadeva negli anni ’50, all’inizio dell’esperienza tedesca, era lì possibile sciogliere una forza politica solo per la sua incompatibilità coi principi delle democrazie liberali. Come accadde sia al partito nazista sia a quello comunista. La stessa XII disposizione finale della Costituzione non vieta organizzazioni di estrema destra in sé, ma solo quelle che configurino la ricostituzione del disciolto partito fascista proprio perché per loro natura agiscono senza quel “metodo democratico” che l’art. 49 Cost. pone come unico limite all’azione dei partiti. L’elemento di continuità è dato dal legame col ricorso alla violenza e dalla concretezza del pericolo che per tale via si viene a creare con la possibile ricostituzione del disciolto partito fascista, come ha chiarito anche la Corte costituzionale nel riconoscere, con qualche cautela, la legittimità della legge Scelba. Non si reprime il dissenso, anche quello radicale di destra. Si punisce il pericolo di ricostituzione del disciolto Pnf. La democrazia non è protetta da ideologie, ma non è neanche imbelle rispetto alla violenza, non si arrende unilateralmente. La XII disposizione, e la legge Scelba che la attua, è una polizza di assicurazione contro nuovi cedimenti come quello successivo alla Marcia su Roma di 99 anni fa.

Forza Nuova non è infiltrata ma parte riconosciuta del movimento no pass, no vax. Va allora messo fuorilegge anche questo movimento?
Non capisco cosa voglia dire che è riconosciuto come parte. Da chi? E come? Dal punto di vista delle istituzioni democratiche ci sono i movimenti di protesta con le idee più varie, tutte da rispettare, e ci sono i violenti. Tra le due cose c’è rottura, non c’è continuità. I primi si rispettano, i secondi subiscono il rigore delle leggi che violano, il monopolio dell’uso legittimo della forza che assicura lo Stato democratico, anche nell’interesse della componente non violenta delle proteste. Altrimenti le istituzioni vengono travolte e non garantiscono più i diritti dei cittadini singoli e associati che si battono con lealtà nel rispetto delle regole. Se una democrazia protetta, che reprime le idee, non è conforme a Costituzione, non è però che possiamo ripetere la resa delle istituzioni democratiche prebelliche al fascismo e al nazismo.

Che ne pensa dell’idea del vicesegretario del Pd, Peppe Provenzano, di mettere il partito di Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia, fuori dall’arco democratico e repubblicano. Per Sansonetti «Siamo al diapason della tentazione autoritaria e illiberale». E per lei?
Non mi è chiaro il significato della riproposizione odierna di un concetto di ‘arco’ che nella cosiddetta prima Repubblica era propriamente l’arco costituzionale, escludendo l’Msi dall’accesso al Governo dato che esso si autoescludeva rispetto al consenso sulla Costituzione (cosa che poi ha superato col passaggio ad An). Né mi sono chiare le possibili conseguenze di una tale definizione. Quindi non posso dare un parere su cose che non capisco. Forse, però, al di là di quella definizione, emerge comunque un problema reale, tutto politico che ha segnalato anche Gianfranco Fini: qual è il rapporto tra il partito Fratelli d’Italia e la precedente esperienza di An? C’è continuità tra esse oppure l’attuale Fdi ha una posizione più arretrata di An nella svolta rispetto all’eredità del Msi? Questi elementi non possono impedire l’accesso al Governo, ma possono costituire problemi seri una volta al Governo per l’intero Paese, specie nei rapporti con le altre democrazie consolidate dell’Unione europea. Quanto potrebbe durare un Governo del genere? Insomma: una destra democratica non dovrebbe avere paura di Scelba e non dovrebbe tenersi il simbolo dell’Msi nel proprio. Dovrebbe rinunciare al secondo e rivendicare il primo, che era un antifascista di centrodestra.

Domani (oggi per chi legge) si preannuncia una giornata ad alta tensione: divieti e militari in strada per le manifestazioni no-pass. Senatore Ceccanti, siamo una democrazia “blindata”?
Siamo in una democrazia che reagisce in modo proporzionato alle minacce. Si parla di monopolio legittimo della forza e non di violenza perché il concetto di forza suppone il rispetto dello Stato di diritto. Le democrazie sanno di essere imperfette ma questo non giustificherebbe una remissività alle violenze fuori dal diritto.

Un tempo, negli anni di piombo, il Pci aveva mobilitato un popolo per difendere la democrazia dal terrorismo di ogni coloritura. Non è questa la strada da percorrere anche oggi?
Indubbiamente sì, ma questo lavoro di tipo culturale ed educativo, segnato dal ripudio dell’ambiguità dello slogan “Né con lo Stato né con le Br” neanche allora era privo di una componente repressiva, di denuncia dei comportamenti illegali. Guido Rossa viene ucciso non perché fa parte di una campagna culturale ma perché denuncia dei fiancheggiatori delle Br. Un’opera educativa efficace combina sempre i due aspetti.

Non intravede il rischio che anche in questo frangente, come altre volte in un passato più o meno recente, le forze progressiste deleghino alla magistratura compiti che dovrebbero attenere alla sfera della politica?
Appunto per questo abbiamo avviato un dibattito politico su mozioni nelle Aule parlamentari. Se non lo avessimo fatto vi sarebbe stata solo l’azione della magistratura e delle forze dell’ordine.

Un clima politico avvelenato non rischia di rendere più accidentato il percorso del governo Draghi? E al tempo stesso, come è pensabile, da parte del Pd, condurre una battaglia politica e culturale contro la destra stando al governo con Salvini?
Infatti noi pensiamo che sia possibile approvare la mozione senza voti contrari. È pacificamente successo al Comune di Pisa dove la maggioranza è di centrodestra e il sindaco leghista per cui, votando dopo i ballottaggi, in un clima più calmo, potrà accadere anche in Parlamento. Ci sono due battaglie diverse che non vanno confuse. Una è contro l’estrema destra violenta che deve vedere unite tutte le forze parlamentari. La seconda è l’impegno a sostenere Draghi e il suo programma anche superando le resistenze leghiste.

Domenica si vota a Roma per l’elezione del nuovo sindaco. In una intervista a questo giornale, la presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, Noemi Di Segni, ha usato parole molto dure per stigmatizzare l’uscita sulla Shoah del candidato sindaco del centrodestra Enrico Michetti. E Michetti è stato fortemente voluto dalla leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni. Come la mettiamo?
E qui torniamo anzitutto ai problemi di Fdi rispetto all’eredità di An. Fini si era smarcato in modo netto da reticenze e riserve sull’antisemitismo. Come può capitare che un candidato scelto dalla leder di Fdi per la Capitale d’Italia abbia ancora in tempi recenti riproposto stereotipi di questo tipo? Sono domande che devono trovare risposte convincenti.

Dal voto delle amministrative il Movimento 5Stelle esce con le ossa (elettorali) rotte. Ha ancora un senso rilanciare l’alleanza Pd-5Stelle per le elezioni di fine legislatura?
Il ragionamento sul M5S mi sembra contraddittorio. Il M5S esce dalle amministrative come forza che con tutta evidenza ha un bacino di voti inferiore a quello del Pd. Ma questo elemento, di per sé, al netto di tutti gli altri problemi di compatibilità politico-programmatica col Pd e con gli altri potenziali alleati posti più al centro del sistema, gioca per il Pd a favore di un accordo. Infatti, mentre di solito si è legittimamente preoccupati per alleanze con partiti più grandi perché in coalizioni di quel tipo di solito i meriti alla fine ricadono sull’alleato maggiore che guida le alleanze, che esprime la leadership, sarebbe strano aver paura di un alleato minore. Sarebbe una curiosa subalternità piscologica. Se il Pd fa il Pd in termini di proposta di continuità dinamica col Governo Draghi per la prossima legislatura, non dobbiamo aver paura di nessuna alleanza concepita in questa chiave. L’alleanza di continuità dinamica con Draghi non dovrebbe avere limiti pregiudiziali, ma solo, nel caso, registrare autoesclusioni.

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.