L'intervista
Intervista a Umberto De Gregorio: “Per uscire dalla palude servono manager coraggiosi”

“È normale che per realizzare un’opera pubblica si impieghino 18 anni o che le imprese falliscano perché la pubblica amministrazione non rispetta i tempi di pagamento? No. Perciò bisogna accorciare i processi decisionali e fare in modo che un manager venga giudicato in base ai risultati e non controllato passo dopo passo”. Umberto De Gregorio è il numero uno dell’Eav, la holding del trasporto regionale. L’incarico l’ha costretto a confrontarsi con il mostro che, anche in questa fase di emergenza sanitaria, sta divorando l’Italia: la burocrazia.
Presidente, le risorse ci sono ma tanti italiani attendono da mesi gli aiuti del governo: possibile?
“Mi sarei meravigliato del contrario. In Italia ci vogliono 18 anni per realizzare un’opera pubblica, nove dei quali per istruire la pratica e gli altri nove per la costruzione. Gli aiuti del governo rientrano in una manovra complessa, senza dimenticare che l’esecutivo è composto da diverse personalità prive di esperienza amministrativa e che pesano le valutazioni delle decine di esperti inseriti nelle task-force. Così i tempi si allungano”.
Questione di classe dirigente?
“Serve una riforma della pubblica amministrazione, ma altrettanto indispensabili sono amministratori pubblici e privati che abbiano competenza, esperienza, visione del futuro e capacità di assumere le responsabilità”.
Quali sono gli ostacoli che un manager incontra?
“Per realizzarle un’opera pubblica bisogna indire una gara, delegare un dirigente che a sua volta individuerà un consulente, nominare la commissione giudicatrice, far fronte agli immancabili ricorsi alla giustizia amministrativa e attendere le sentenze. In media ci vogliono due anni. E questo perché si è scelto di frazionare il potere decisionale per sottoporlo a migliaia di controlli anti-corruzione. L’Eav ha deciso di assumere 300 persone: tra riunioni con i sindacati, del cda e dell’assemblea, oltre i ricorsi amministrativi, ci sono voluti tre anni per centrare l’obiettivo. Perciò vanno accorciati i processi decisionali”.
Quali settori soffrono di più questo eccesso di burocrazia?
“La gestione delle aziende e la realizzazione delle opere pubbliche. Ma anche i privati vanno in affanno: quando si deve stare ai tempi del pubblico, saltano budget e previsioni di spesa e si va verso il fallimento”.
Basterebbe eliminare i controlli?
“Basterebbe valutare l’operato di un manager sulla base dei risultati ottenuti, senza controllarne ogni singolo atto. Il che presuppone un clima di fiducia e non la solita caccia alle streghe”.
Quindi è una questione anche di normativa penale?
“Reati come l’abuso d’ufficio o il traffico di influenze illecite andrebbero abrogati. È pura ipocrisia ritenere che una persona, mantenendosi nel perimetro della legalità, non debba sfruttare le amicizie costruite negli anni per raggiungere un obiettivo. Certe previsioni sono troppo vaghe ed espongono gli amministratori pubblici e privati a rischi che, alla fine, ne paralizzano l’azione”.
Più utile il metodo Genova che, grazie a commissariamenti e deroghe alla legge, ha consentito la ricostruzione del ponte Morandi in tempi da record?
“È utile attribuire agli amministratori poteri ampi che consentano loro di gestire in autonomia e con rapidità. In Eav sono subentrato a un commissario: la fiducia e gli ampi poteri conferitimi dalla Regione mi hanno consentito di chiudere 2mila contenziosi”.
Un ritorno al centralismo statale sarebbe opportuno contro la burocrazia?
“Non è detto che il centralismo statale garantisca efficienza ed efficacia dei processi decisionali. Piuttosto serve una delimitazione chiara delle competenze tra i vari enti”.
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