“Mi auguro che in questa fase il governo italiano operi per non ampliare la Nato. Buttare benzina sul fuoco di un incendio devastante non è saggio”. Vannino Chiti, ex presidente della Regione Toscana ed ex ministro, da sempre ponte sicuro del Pd con il mondo religioso e pilastro del partito nel centro Italia è promotore di un appello che chiede di rivedere la decisione di aumentare le spese militari. Si legge nel testo: “L’aumento delle spese militari fino al 2% del Pil, chiesto dalla Nato, votato quasi all’unanimità dal Parlamento, confermato dal governo Draghi anche se confusamente spalmato in anni, è non soltanto eticamente inaccettabile, ma politicamente sbagliato”.

L’appello è promosso anche dagli ex presidenti della Toscana Claudio Martini ed Enrico Rossi, Rosy Bindi, l’imam di Firenze Izzedin Elzir, religiosi e docenti universitari. Le adesioni per ora superano le seimila firme. “Non c’è per noi equidistanza tra Russia e Ucraina. È una guerra di aggressione e l’Ucraina si difende, ha il diritto di essere sostenuta e noi il dovere di difenderla. Detto questo, il tema del riarmo su base nazionale che si sta facendo in Germania, che si annuncia in Giappone e che si fa in Italia pone due questioni. È sbagliato procedere a un aumento delle spese militari al di fuori di un quadro europeo di difesa comune che al momento non c’è. È sbagliato da un punto di vista etico, ma è sbagliato soprattutto da un punto di vista politico”.

Perché?
Nel 2014 tre commissioni del Senato, la commissione politiche della Ue che io presiedevo, la commissione Difesa e la commissione Esteri fecero un’indagine e vennero fuori aspetti oggi noti: sommando la spesa militare dei Paesi dell’Unione europea siamo terzi al mondo e spendiamo tre volte di più della Russia, ma si spende a caso, bisogna razionalizzare prima di capire cosa e se tagliare e poi dove, in caso, incrementare. L’analisi va fatta in un quadro europeo, e soltanto a quel punto si vedrà se ci dovrà essere un aumento netto delle spese militari o no, sennò non ha senso. Altra questione: la democrazia ha sì il dovere di garantire la sicurezza individuale e collettiva, ma questo deve farlo in equilibrio con l’impegno per assicurare anche altri diritti. In equilibrio! Io temo invece che si stia cercando di utilizzare un sentimento, che va rafforzato, di solidarietà all’Ucraina per far passare altre scelte. Siccome sento dire che si tratterebbe di allarmismi elettorali chiariamo che dal Def approvato dal Consiglio dei ministri risulta che l’istruzione dal ‘22 al ‘25 cala dal 4% al 3,5% del Pil, nel triennio il taglio è di 7 miliardi e mezzo. E che la sanità passa dal 7% del ‘22 al 6,2 del ‘25, altri 7 miliardi e qualcosa. E si incrementano le spese militari. L’impostazione è sbagliata. Esiste poi un trattato di proibizione delle armi nucleari, 53 paesi hanno aderito ma non l’Italia. Dovremmo aderire. Abbiamo aderito al trattato sulla non proliferazione delle armi nucleari, ma non a quello che le proibisce.

È d’accordo con la risoluzione parlamentare che concede al governo di derogare alla legge che vieta la cessione delle armi a paesi belligeranti?
Dentro il nostro appello ci sono persone con posizioni diverse su questa questione. Se io fossi stato in Parlamento, avrei votato sì all’invio di armi, con un grande sentimento di preoccupazione, ma mi sarei battuto perché ci fosse un controllo, perché si fosse certi che il destinatario fosse il governo dell’Ucraina che dev’essere responsabile di quel che riceve. Invece avrei votato contro l’aumento delle spese militari fino al 2% del Pil e anche al marchingegno che per far contenti i Cinque stelle è stato elaborato. È proprio un marchingegno parlamentare. Cosa significa aumentare le spese del 2% del Pil spalmandolo fino al 2028, quando il Pil cambia tutti gli anni e quando il Def ha quelle cifre lì?

Ma il marchignegno chi l’ha inventato?
Non so chi l’ha inventato, suppongo il Pd, forse il ministro Guerini, sinceramente non lo so. Ma questo non cambia la mia valutazione: si tratta di un marchingegno. A volte in Parlamento si ricorre a queste soluzioni per andare avanti, ma così stavolta non si chiariscono le posizioni. Si possono prendere decisioni simili sull’invio di armi senza un dibattito pubblico, senza coinvolgere i cittadini e una parte delle associazioni? La democrazia così si svuota, le grandi questioni non si affrontano alla chetichella, si affrontano col dibattito pubblico assumendosi poi le responsabilità di quel che si fa.
Il marchingegno è stato trovato per tener buono un alleato vostro, vostro del Pd. Non sarà questo un problema del Pd?
Alleato nostro e di tutti, perché questo governo tranne che da Fratelli d’Italia e da Sinistra italiana è sostenuto da tutti. Quel meccanismo è stato individuato per superare un passaggio. Non è una soluzione che ha chiarito, bisognerà quindi chiarire. Noi con quest’appello, insieme a tutti quelli che ci staranno, vorremmo riuscire a vedere se nella prossima legge finanziaria ci potrà essere una impostazione diversa e non quella deriva dal marchingegno.

L’idea dell’accordo strategico tra Pd e Cinque stelle esiste. Il Pd ha fatto di tutto per non mollare i grillini fino ad adesso. Sciogliamo quest’ipocrisia: avere a che fare con un alleato vostro stretto che sulla guerra sta giocando una battaglia diversa dalla vostra è un problema per il Pd?
Sulle spese militari i Cinque stelle hanno fatto un’azione strumentale per caratterizzarsi e mettere una bandierina e siccome era una questione solo strumentale è bastato un marchingegno ad accontentarli. Io sono per un campo progressista largo e nuovo che deve costruirsi attorno a un progetto che abbia obiettivi chiari a livello nazionale. A livello locale vedo realtà delle più diverse. Schieramenti che vanno da Italia viva ai 5 stelle, altrove nello schieramento non c’è Italia viva, in altre realtà non ci sono i 5 stelle. Per costruire bisogna che le pregiudiziali si facciano sul merito delle scelte, non sulle astrazioni.

Il vostro appello sulla spesa per le armi può essere una base per aggregare forze con cui costruire questo campo nuovo?
Non ci siamo posti né io, né Rosy Bindi, né Rossi, né Martini la questione degli equilibri dentro il partito, la questione delle polemiche interne e delle alleanze del partito. Io sono convinto che le firme all’appello siano di persone anche di destra. C’è un movimento ampio. Non penso che le persone contrari all’aumento delle spese militari siano tutte di sinistra. Siccome io quando s’è deciso di fare il Pd ho condiviso la scelta perché voglio realizzare una sinistra moderna, europea e plurale vorrei un partito che si batte per una democrazia europea in cui la politica estera, la sicurezza e la difesa siano competenze dell’Unione europea. Ed è in questo quadro che devono essere fatte le scelte.

Cosa pensa Enrico Letta del vostro appello? Vi siete parlati? La potrebbe prendere come una iniziativa aggressiva nei suoi confronti, lui è quello con l’elmetto in questo momento.
Guardi, noi ci siamo posti il problema del rapporto con il Parlamento e vorremmo dare un contributo per far discutere i cittadini come si deve fare in democrazia. Mi pare che la maggior parte dei cittadini la pensi in modo diverso sull’aumento delle spese militari. Non ci siamo posti questioni interne alla vita di un partito. Anche perché tra i promotori siamo in tre gli iscritti al Pd.

Sì, ma il Pd di Enrico Letta è su posizioni di un atlantismo spinto
E vorrà dire che sarò minoranza nel Pd, non è un dramma, speriamo che con l’orientamento dei cittadini questa posizione diventi anche nel Pd prevalente, però se ci fosse stato Zingaretti al posto di Letta sarebbe stata la stessa cosa. Il Pd, Art 1, Leu e Cinque stelle hanno votato insieme in Parlamento l’ordine del giorno della Lega sull’aumento delle spese militari. Purtroppo è questa la posizione prevalente in Parlamento, secondo me è sbagliata ma la questione non riguarda solo il Pd.

Voi tre promotori però siete punti di riferimento politico in Toscana, dove c’è ancora l’ossatura di una parte del partito. C’è chi, nel Pd, vede questa iniziativa come la creazione di una corrente attorno al gruppo dei toscani.
No. Hanno sottoscritto l’appello docenti dell’università di tutta Italia, che hanno un’altra ottica e un altro orientamento che non vivono la vita del partito.

Voi promotori avete identità di vedute su altri grossi temi? Sull’alleanza con Conte siete tutti d’accordo?
Non lo so. Immagino, se dovessi interpretare ma non lo so con certezza, che su un campo politico largo e nuovo saranno d’accordo, costruito su contenuti, non sulla somma degli equilibri.

Lei mollerebbe Conte?
Non mollerei i Cinque stelle come non mollerei Italia viva: io sono per presentare dei programmi e, se non ci sono i numeri, realizzare i punti programmatici con quelli che sono più vicini. Il Pd, a parte la lodevole eccezione delle agorà che ha inventato Letta – e per la prima volta dopo tempo si discute di temi – parla solo di candidati. Chi fa l’assessore, chi fa il deputato, chi candido a presidente della Regione…

È un partito di gestione del potere. Questa è una delle ragioni per cui molte persone a sinistra non lo votano.
Diciamo che è troppo coincidente con la vita delle istituzioni. Nelle istituzioni il Pd c’è ed è un fatto positivo, ma non c’è abbastanza nella società, non riesce ad ascoltare le persone né a parlarci. Chi ha fatto la scissione del 2017 mi pare però abbia lo stesso problema.

A destra malignano: quelli del Pd sono pronti per il proporzionale e l’appello dei toscani è la prova che ciascuno è pronto a coltivarsi in pace il suo bacino di elettori.
No, non è questo. Noi aderiamo alla Marcia Perugia Assisi e facciamo parte di un movimento che chiede un cambiamento di strada. È questo cambiamento il nostro obiettivo.