Queste settimane hanno registrato l’ennesima débâcle del rapporto tra scienza e società. Alessandra Biondi Bartolini, agronoma e direttrice scientifica di MilleVigne, il periodico tecnico dei viticoltori italiani, commenta così il dibattito che è seguito alla norma che “equipara l’agricoltura biodinamica a quella biologica” nell’ambito del disegno di legge 988 sull’agricoltura bio, approvato al Senato con un voto quasi unanime. Ma precisa che «sebbene equiparazione non sia forse un termine felice – la norma in realtà interesserà esclusivamente i produttori che, avendo la certificazione biologica (con tutti i vincoli e controlli che questo comporta), aderiscano anche ai protocolli previsti dalla biodinamica».

Da giornalista scientifica lei ha seguito con un approccio laico – e con un po’ di disagio – la polemica del mondo scientifico contro l’agricoltura biodinamica. Come mai?
Ho sempre rifiutato gli schieramenti e i giudizi di superiorità qualitativa o morale di un modello di agricoltura rispetto a un altro. Mi sono trovata più spesso a difendere l’innovazione – e a spiegarne i contenuti anche di sostenibilità – di fronte ad attacchi ingiustificati in nome di una non ben specificata naturalità. Oggi però non condivido il modo in cui alcuni scienziati pongono la scienza in una posizione di superiorità, come dispensatrice di verità che per sua stessa definizione non possiede. Né mi convince il modo con cui lo hanno fatto, creando scandalo e indignazione con frasi e parole a effetto sul mondo della biodinamica senza proporre alcun approfondimento sull’attività agricola che molti di questi scienziati, del resto, provenienti da discipline molto diverse, non conoscono.

Ma, come spiega l’epistemologo Gilberto Corbellini, «la scienza favorisce la diffusione del pensiero critico e così produce libertà».
Dovrebbe essere così. Ma il clima di caccia alle streghe che si è creato ha scavato un solco molto profondo nel mondo dell’agricoltura e della ricerca agronomica. In un settore dove l’osservazione e lo scambio di esperienze è fondamentale, fare le crociate significa bloccare qualsiasi progresso o dialogo.

Prima c’erano le crociate contro gli Ogm e il glifosato. Ora lei dice che le parti si sono invertite e la crociata è contro la biodinamica?
È sempre meglio entrare nel merito delle questioni. Una scienza che imbraccia le sue armi contro alcuni agricoltori, quali che siano, non è la scienza che voglio divulgare. È un errore pensare che ci sia un unico modello di agricoltura con l’unico obiettivo di incrementare le rese e la produzione di cibo per una popolazione sempre più numerosa. Le stesse politiche comunitarie valorizzano il ruolo che l’agricoltura deve avere nella conservazione dell’ambiente, sostenendo le pratiche che comportano la riduzione degli impatti e delle emissioni.

Dunque, dove sta l’errore?
L’errore è anche trattare l’agricoltura come una disciplina scientifica: l’agricoltura è un settore produttivo. La ricerca e l’innovazione sono di vitale importanza per il suo progresso. Ma è un settore che si compone anche di fattori e valori sociali, culturali ed economici che non si possono trascurare.

Per esempio?
Esistono ambienti e colture molto diversi: quindi le soluzioni e il livello di tecnologia applicata possono essere diversi. Non sempre l’obiettivo è la massimizzazione delle rese, ma offrire alla collettività e all’ambiente servizi di diverso tipo. Ad esempio, mantenere l’agricoltura nella aree marginali e in quelle montane non serve a produrre il cibo che sfamerà il pianeta ma per gestire il territorio, conservare il suolo e prevenire il rischio idrogeologico. E questo lo fanno gli agricoltori. Poi ci sono anche colture che non producono cibo per la popolazione mondiale ma che generano comunque reddito e occupazione, conservano e promuovono il paesaggio e danno valore al made in Italy, come la viticoltura.

Gli agricoltori biodinamici però rivendicano pratiche che la scienza giustamente non riconosce…
La biodinamica unisce pratiche agronomiche empiriche a spiegazioni filosofiche ed esoteriche: finora è stato un mondo chiuso, convinto che il metodo scientifico non sarebbe stato in grado di dare una spiegazione ai fenomeni legati alla fertilità del suolo o alla produzione e vegetazione della pianta. Questo ovviamente non è vero: il metodo scientifico non si può applicare alla dimensione filosofica della biodinamica, ma nessuno tenterà mai di misurare l’influenza delle congiunzioni dei pianeti sull’efficacia del cornoletame, né ha mai tentato di misurare l’effetto di una processione religiosa sul raccolto o su un’invasione di cavallette. Ma se si considerano solo le pratiche agronomiche e si isolano i fattori chimici, fisici e soprattutto biologici dei fenomeni che si osservano in campo allora c’è spazio per l’indagine.

E sul piano agronomico?
Gli agricoltori biodinamici applicano una serie di “buone pratiche”, spesso non esclusive del loro mondo, come il sovescio e le rotazioni colturali, che hanno lo scopo di migliorare la salute del suolo. Altre pratiche come la produzione o la distribuzione dei preparati biodinamici, sono invece proprie della sola biodinamica. A loro si deve riconoscere che da sempre hanno posto il suolo al centro. Oggi la perdita di fertilità dei suoli agricoli, dovuta anche all’applicazione di modelli intensivi ormai superati, è una delle grandi sfide della sostenibilità. Tutti gli schemi di agricoltura sostenibile che hanno come obiettivo la conservazione del suolo e dovranno essere più valorizzati e studiati in futuro.

D’altra parte, in agricoltura, la pratica empirica e l’osservazione dei fenomeni hanno spesso precorso la loro spiegazione scientifica.
E infatti negli ultimi anni, alcuni scienziati hanno cominciato a indagare i diversi aspetti delle pratiche empiriche della biodinamica per dare loro una spiegazione e verificarne l’efficacia. I risultati non sono ancora soddisfacenti, ma è giusto che gli scienziati continuino a farsi domande e che la ricerca scientifica sia libera di indagare tutti i diversi mondi di cui si compone l’agricoltura. Solo dopo aver fatto ricerca si potrà sapere se alcune delle tecniche utilizzate dai produttori biodinamici possano avere un valore trasferibile o no.

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Ho scritto “Opus Gay", un saggio inchiesta su omofobia e morale sessuale cattolica, ho fondato GnamGlam, progetto sull'agroalimentare. Sono tutrice volontaria di minori stranieri non accompagnati e mi interesso da sempre di diritti, immigrazione, ambiente e territorio. Lavoro al The Watcher Post.