Che cazzo significa un’intervista? Ma no, chi se ne frega che sono morto, è proprio che non c’è niente da dire.
Hai visto quello stronzetto che è venuto da me tutto carino, era simpatico gli ho dato uno scotch, ma balbettava e non sapeva che chiedere. Mi ha fatto tenerezza. I giornalisti non sanno mai che chiederti e ti mettono sotto questo microfono come se fosse la padella e ci devi pisciare dentro e loro sono tutti felici, ma non sanno che chiedere, che mestiere del cazzo, no?
Aspettano che dica io che non ho niente da dire salvo quello che dico nelle parole del mio stile e poi che cazzo altro devo dire? Che gli scrittori fanno schifio? Fanno schifo, si salvano in pochi, con Hemingway che si sfrittella il cervello sul muro o Céline e pochi altri.
No, non è che io per scrivere devo ubriacarmi. Questa è una stronzata. Tutti si ubriacano, ma scrivono merda. Sai quel tipo di racconto era una sera d’ottobre e mister Gordon camminava sulla 24esima… ma chi se ne frega, ma che par di coglioni, no? La scrittura deve essere bum-bum-bum. A capo. Bum. Trac. Non tutte quelle frasette.
Sì, quella poesia che dico ha avuto successo perché era nella guerra, no? E allora vedevo questo albero sotto casa e un giorno lo trovo pieno di bambini e bambine impiccati, alcuni sono già morti, altri stanno morendo. Allora dico a un poliziotto: ma non vede? Che cazzo state a fare? Lui dice: non si preoccupi, è tutto autorizzato. Il giorno dopo stessa scena ma stavolta con cani e gatti, impiccati, morti o morenti, tutto autorizzato, poi lui, l’altro che mi ascoltava mi porta a me, all’albero e dice che è autorizzato a impiccare anche me e io dico ma vaffanculo, ma impiccati te, e lui dice no prima te perché io ho l’autorizzazione e tira fuori una pistola e mi spara alla testa. E io dico ma non dovevi impiccarmi? Ecco. Tu dici le donne, le donne che? La fica? Dopo esserne uscito, è tutta la vita che cerco di rientrarci ed è una vita sprecata.
A me piacciono le gambe. Che sono la via della fica. Ma è uno spreco dell’esistenza perché le donne portano felicità supreme e anche ferite irreparabili e io ne ho di letali. Con una andavo a sbronzarmi e giravamo per le strade abbrancati a questo cazzo di vino italiano da quattro soldi, sai quello che ti danno nelle trattorie che non costa un cazzo e che dentro c’è il tappo? Io ero pronto per questa performance davanti al pubblico e ancora una cosa così non l’avevo mai fatta. Però bevo questo cazzo di vino italiano e mi viene da vomitare nel camerino e io dico ma posso vomitare davanti al pubblico. E quelli dicono fa un po’ come cazzo ti pare. Là in sala intanto stanno impazzendo, erano quasi settecento e io dovevo vomitare, scorreggiare e ruttare così aprii la porta sul palco e feci tutto insieme e camminai brancolando fino al tavolo e mi hanno applaudito e io ho detto ma voi siete completamente scemi. Poi ho detto che cazzo volete da me? Volete un poema, eh? Un poema. Ma andate tutti a fanculo, e ridono. Allora prendo la birra e me la sgargarozzo e devo vomitare subito: mi alzo apro la piccola porta e mi viene fuori dalle budella e dallo stomaco un’apocalisse e applaudono. E io mi siedo, mi aggiusto il microfono e dico volete un poema, vero? Voi volete che io vi dica un poema. Urlano. E io dico: supplicatemi. Mi viene da ridere. Per forza che vogliono un poema e io sono lì per questo. Mi implorano e io provo di colpo tenerezza per quella folla di disgraziati esseri umani che vogliono da me un poema e io sono lì per leggerglielo. Ma mi piace che mi implorino. Fa ridere. Hanno pagato e mi implorano.
Va bene. Silenzio. Ehm, ehm. Dunque. Io. Sono. Charles Bukowski… Delirio di applausi. Mi alzo e vado a vomitare. Torno subito, dico, non è che voglio fregarvi, ma quel cazzo di vino italiano col tappo dentro è veramente un disastro. Io rido, mi fa piacere. Il bello della vita è il piacere io posso fare qualsiasi porcata per il piacere, e poi – sì – sono invidioso narcisista e non me ne frega un cazzo.
Così gli dico il poema ed era molto bello, quello dell’albero degli impiccati ma mi chiedono subito delle mutandine delle ragazze e non capiscono che per me è un argomento terribile. Hai visto la mia faccia? Butterato dalla peste, è stato l’acne che mi ha massacrato e sembro Frankenstein. Sai come sono contente le ragazze se io gli chiedo di scoparmi? Dicono: con quella faccia, tu prima diventa famoso e poi quando sei una celebrità torna con quel cazzo di fuori e vedrai che mi si bagnano, e così è stato. Tutte quelle braghette leggerissime crespose e bagnatissime e quelle fiche, così raspose, diocristo, che cazzo, vedi che vale la pena vivere? E dicevo loro che la cosa più importante non è solo vivere ma avere anche qualcosa da dire. Uno stile.
Io non sono nato nella fogna. Io vengo dalla lettura, dall’inglese sia della teppa che dell’alta letteratura. Sì, un po’ di tedesco perché ero tedesco e mi hanno portato qui vestito da bambino tirolese, capisci, mia madre mi odiava e mi faceva andare in giro vestito come un tirolese. Mi prendevano tutti per il culo e mio padre mi prendeva a schiaffi e mi frustava con la cinta di cuoio per affilare il rasoio, (allora ogni padre ne aveva una e serviva per l’esecuzione del figlio) e io venivo frustato a sangue per nessun motivo, anche tre volte alla settimana e sai che cosa, se io non avessi avuto questo trattamento da mio padre non avrei capito un cazzo, mai, non avrei conosciuto il male, il dolore, l’ingiustizia, la ribellione, la furia, la vendetta e prima di tutto sentii la voglia il desiderio fisico di liberarmi di questo schifo che è la bontà di tutti quelli che ti rompono il cazzo dicendoti che devi essere buono, to be nice, I don’t want to be nice, nobody is nice, che cazzo! e così quando mi sono abituato alle frustate di mio padre ho sentito che la voglia di esprimere quel che sento dentro veniva dalla mia testa come un’esplosione.
E per aiutarmi, vino, alcol, birra, tutto, fino a vomitare. Ed è vero, maltrattavo le donne. L’hai visto nel documentario, e sai perché? L’appiccicume. C’era sempre quella che mi voleva abbandonare e io non volevo che andasse con gli altri, e allora io le saltavo addosso o la buttavo fuori dal divano a calci, non l’ho mai picchiata, ma calci sì e poi tutte queste che ripetono e ripetono e ripetono sempre le stesse parole tutto il giorno e la notte, tutti uguali, maschi e femmine. Ecco perché morire: perché la vita è una ripetizione senza senso. Perché nessuno ci mette un po’ di poesia e d’intelligenza. Stile e significato, ecco i punti importanti.
Quando scrivi devi avere un tuo stile e le cose che dici devono sorprendere. Esatto, lo so, anche Borges diceva così: gli unici libri da leggere sono i polizieschi perché devi scoprire chi è l’assassino e in letteratura il lettore deve essere schiaffeggiato, liberato dall’ovvietà, da quello che già ti aspetti, capito, deve essere portato per mano sul ciglio del baratro e lo devi assassinare, lo devi buttare di sotto e devi sentire il suo urlo e la testa che si sfracella e i figli che piangono e se occorre butti anche loro, ma sono violento, ma ne ho pieni i coglioni della retorica e anche della Beat generation. Non sono beat. Loro sono beat, io sono un rottame tedesco finito in America e sai una cosa? Ora ti dico questa: quando ero ragazzino negli anni, cos’era, giravano un sacco di nazisti americani della Hitler Bunde, stronzi, che ho visto che si vestivano da nazisti e io ci andavo perché avevano la birra gratis e migliore e pensavano che fossi dei loro, manco sapevo chi era sto cazzo di Hitler e poi, questo è venuto dopo, mi hanno preso con una retata e portato in galera per renitenza alla leva. Dovevo andare in guerra ma nessuno me l’aveva detto e così mi portano alla visita medica e dicono ma figlio mio che ti è successo alla faccia, ma sei ridotto uno schifo, non hai capacità gastrica né polmonare e vorresti anche essere arruolato dallo zio Sam che ti porta in giro a liberare i popoli? Ma vaffanculo. But fuck yourself, gli ho detto e ho sfangato la guerra e poi c’è tutta quella roba dell’ufficio postale che tutti raccontano ed è vero, so che adesso Trump è in lotta con la Pelosi perché vogliono rifare gli uffici postali come erano una volta quando io lavoravo nell’ufficio postale e mi portavo anche i quaderni e scrivevo, scrivevo tutto il giorno da professionista e poi mi hanno dato anche un assegno mensile da poveracci, cento dollari per stare alla fame e scrivere, e l’ho fatto, con disciplina perché l’editore era un bravo ragazzo.
Avete provato a sentire gli scrittori, giusto per cambiare disco? Volete scrivere voi stessi, cantare, urlare, fare uno sforzo come quando cagate ma invece di cagare dovete spingere il culo per far uscire parole che abbiano significato e non le stronzate di mister Brown che camminava una sera nel parco quando udì un sospetto fruscio. Vaffanculo mister Brown e vaffanculo il fruscio. Spero che lo abbiano sgozzato.
Uccidere è una grande attività letteraria, come vivere., eiaculare, eccitarsi, scopare anche se poi ti stufi e ti viene a tedio tutto. Che è sempre la stessa rottura di coglioni della narrativa, dovreste aver avuto un padre come il mio che vi prendeva a scudisciate puntualmente senza motivo e voi lo sapevate e vi sareste dovuti organizzare per accogliere le frustate e intanto vi vengono in gola le parole e le parole hanno un ritmo, e uno stile e fanno tac-tac. Bum-tatata, non quelle parole blablabla, la parola deve saltare come un orso alla frusta, ma è inutile perché il genere umano si ripete, si specchia in sé stesso e tu vuoi solo ubriacarti e scrivere? Capisci? No, tu non capisci un cazzo. Non sai che chiedermi perché non c’è niente da chiedere. Che stronzata, un’intervista, vero? Be’, tanto tu devi dire per forza di sì, se è un’intervista, cerca almeno di far finta di essere vivo, capito? Non prendertela come un fatto personale ma adesso mi sono veramente rotto i coglioni perché l’umanità, non so se è proprio senza speranza, ma è noiosa. E la noia è molto, molto peggio della morte, credimi, te lo dice il tuo Charles Bukowski.