Elvis Demce era un uomo di Diabolik, e sulle sue orme voleva prendersi Roma con una pioggia di droga. Non c’era solo Demce ma anche altri albanesi appartenenti a quei due clan che stavano cercando di emergere a costo di uccidersi a vicenda per impossessarsi del dominio di Fabrizio Piscitelli.

Lo scettro lo voleva solo uno e Demce si vedeva già sul trono della Capitale senza dividere niente con nessuno. Descritto come violento, spregiudicato, pronto a uccidere perché “il Dio sono io”. Aveva tentato di fare fuori il suo connazionale e rivale nel 2019, il capo dell’altro gruppo, Ermal Arapaj. Adesso sono tutti e due in carcere per droga, estorsioni (e per Demce e il suo gruppo anche l’aggravante mafiosa).

L’operazione per l’arresto è stata condotta dai carabinieri del nucleo investigativo di Roma e del gruppo Frascati che hanno raccolto un grande successo. Le due bande spadroneggiavano tra Prenestino, litorale Pontino, i Castelli Romani e Velletri, dove gestivano gli affari di droga. La grande quantità di denaro e la lotta per il predominio sul territorio avevano portato i boss dei due gruppi ad odiarsi a tal punto da programmare l’uno il delitto dell’altro.

Durante il periodo in cui Demce era agli arresti per un omicidio (dal quale è stato poi assolto), Arapaj si era preso la sua piazza. Per questo un killer tentò di ucciderlo ma senza successo e Arapaj aveva ferito anche il killer. Invece il progetto di far fuori Demce è naufragato con gli arresti. L’avrebbe aspettato una Steyr calibro 40 e 12 proiettili. “Lui vuole il potere, qui ci sto io. Non mi muovo, tu te ne vai”, diceva. “Con questa sei sicuro che muore”, gli aveva consigliato la moglie mostrandogli la pistola.

Odio, estorsioni, incendi e i progetti di sequestro per chi non pagava i debiti. Al centro di tutto la droga che veniva direttamente dalla Colombia. Per due fratelli pusher di San Basilio in debito per 100mila euro Demce aveva deciso una punizione efferata: “Prendetegli il fratello di 15 anni, sequestratelo e staccategli tutte e due le braccia”Demce vantava contatti con i camorristi del clan Mazzarella per i quali avrebbe cercato di recuperare alcuni crediti. Ma il suo cruccio era fare fuori Arapaj. Ai suoi nel 2020 spiegava: “Qua c’è solo una chiesa. Qui pure i sampietrini sono nostri. E, ancora: “Gli devi dire che prima ti faccio a pezzi e poi pezzo pezzo ti butto dal balcone. Quando parlo io è Cassazione, è morte. È uscito l’Isis. Mo andateve a chiudere tutti quanti”. E sempre parlando di Arpaj mimava: “Gli dovete levare tutti i denti”.

Demce seguiva le orme del suo padrino anche nei locali che frequentava. Quelli di Ponte Milvio come il Coco Loco dove lavorava Adrian Pascu, ucciso a colpi di pistola nell’adrone di un palazzo di Primavalle i primi giorni dello scorso dicembre. Una vera e propria esecuzione. Donna chiave nel gruppo di Arapaj, per gli investigatori, è una colombiana, vedova di un trafficante di cocaina dei Castelli Romani. Si era impegnata per far giungere in Italia cocaina dal suo Paese, dalla Spagna e dalla Grecia. Andò male e Arapaj meditava vendetta. “La prendo in ostaggio e fanculo. O mi da i soldi oppure…”.

Riccardo Annibali

Autore