“Io vi accuso”, l’inchiesta in un’Italia senza memoria: la solitudine personale di Matteotti brucia ancora

Questo è un libro scritto da un giornalista con i suoi ferri del mestiere, che poi alla fine sono soprattutto gli occhi per vedere e la penna (o l’Ipad) per scrivere. Siccome Concetto Vecchio è un eccellente giornalista, non poteva non riuscire nel compito che si era prefisso: andare a vedere nel dettaglio la figura reale di Giacomo Matteotti e raccontarcela. In questo “Io vi accuso” (Utet) il Matteotti in carne e ossa viene reso benissimo, fin nei dettagli personali: per esempio è giusto il rilievo dato alla moglie amatissima, Velia, la donna che dopo aver chiesto informazioni sulla sorte del marito (e quell’infame le assicurò che avrebbe fatto tutto il possibile, ben sapendo che il cadavere di Giacomo giaceva in una piccola fossa) si rifiutò di stringergli la mano.

Ma “Io vi accuso” è un’inchiesta sulla solitudine di un uomo politico in un’Italia senza memoria, e il racconto di un trauma pubblico e privato: questa solitudine personale di Matteotti brucia ancora. È un libro, questo di Vecchio, che al tempo stesso possiede la freddezza della ricerca giornalistica e la passione antifascista che in Matteotti avrà sempre un indistruttibile faro.