Hanno alzato la testa, sfidato il regime e si sono recati in quello che è stato un vero e proprio pellegrinaggio sul luogo di sepoltura della giovane Mahsa Amini, a quaranta giorni dal suo omicidio che tradizionalmente in Iran è celebrato come la fine del lutto. Erano in diecimila ma le forze dell’ordine non hanno esitato ad aprire il fuoco e lanciare lacrimogeni per disperdere manifestanti che si erano radunati a Saqqez, nel Kurdistan iraniano, per commemorare la ventiduenne uccisa durante un arresto scattato perché non portava il velo in modo corretto.

La prima a riportare gli scontri, dopo che i primi video erano apparsi sui social, è stata l’agenzia iraniana Isna. In mattinata una grande folla si era radunata nel cimitero dove la ragazza è sepolta per commemorarla. Isna aveva parlato di “circa 10 mila persone”. Si contano a decine ormai le persone arrestate. Secondo l’Afp, sono oltre mille i manifestanti incriminati in Iran a seguito delle proteste.

“Abbasso il dittatore!”, “Kurdistan, la tomba dei fascisti!”, “Donne, vita, libertà! e “Siamo tutti Mahsa, hai lottato e lotteremo anche noi!”, sono stati alcuni degli slogan gridati dai dimostranti che si sono recati alla tomba a piedi, dopo la decisione del governo di chiudere le strade che portavano al cimitero per evitare manifestazioni di protesta.

Non è ancora chiaro se alla manifestazione, o presenti al cimitero, fossero presenti anche i familiari di Masha. Secondo l’agenzia di stampa Irna la famiglia avrebbe deciso di non organizzare una cerimonia in ricordo della vittima, ma una fonte vicina ai parenti di Mahsa avrebbe smentito la dichiarazione alla Bbc.

Gli attivisti iraniani riferiscono inoltre che le autorità di Teheran avrebbero minacciato il fratello di Mahsa nel caso in cui si fosse svolta una cerimonia commemorativa. Ma secondo il collettivo di attivisti dell’opposizione le proteste per Mahsa si sono svolte oggi anche al Grand Bazaar di Teheran e nelle università di Teheran, di Mashhad nel nord-est e di Ahvaz nel sud-ovest.

“La situazione a Saqqez è calma” sostiene il governatore del Kurdistan Esmail Zarei Koosha, smentendo inoltre che le strade siano state chiuse alla circolazione, anche se l’Iran ha bloccato “per motivi di sicurezza” l’accesso a internet in città. “La connessione a internet è stata tagliata a Saqqez per motivi di sicurezza”, conferma l’agenzia Isna.

Iran Human Rights, ong per i diritti umani con sede in Norvegia, ha denunciato che almeno 234 manifestanti, inclusi 29 bambini, sono stati uccisi dalle forze di sicurezza dall’inizio delle repressione di quelle che i leader iraniani hanno definito “rivolte” fomentate da nemici stranieri.

Anche la scalatrice Elnaz Rekabi, agli onori delle cronache per essere finita agli arresti domiciliari una volta rientrata a Teheran dopo aver gareggiato senza velo ai Campionati asiatici in Corea del Sud, ha postato su Instagram un messaggio per Mahsa, accompagnato da una sua foto e dalla didascalia: “In questi giorni i miei eroi sono persone che pagano un caro prezzo per avere una vita normale. Avere una vita sicura, normale e libera è un diritto di tutti gli esseri umani”.

Riccardo Annibali

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