Undici, come i discepoli superstiti a Gesù. Dalla magistratura iraniana non trapelano i nomi dei manifestanti condannati a morte per le proteste che da settembre infiammano il Paese, ma solo un numero: undici. Un numero che arriva dopo l’impiccagione di Mohsen Shekari, già condannato a novembre come ‘nemico di Dio’.

Cose dell’altro mondo: in Iran, un Paese dove fino all’altro giorno la legge di Dio governava su quella civile arriva una rivoluzione impensabile, le donne e i giovani scendono in piazza sfidano il regime degli ayatollah mai così in difficoltà dalla presa del potere, con la rivoluzione del 1979. L’obiettivo dei governanti era e resta uno soltanto: arginare, reprimere, silenziare in qualsiasi modo la ribellione, l’intollerabile disobbedienza alle leggi dettate dallo Stato islamico. Il Governo Iraniano passa ora al contrattacco. Arriva la prima esecuzione di un manifestante dall’inizio delle proteste anti-governative nel Paese, scattate a metà settembre dopo la morte, in custodia della polizia morale, di Mahsa Amini.

La magistratura della Repubblica islamica ha annunciato che Mohsen Shekari è stato giustiziato, impiccato. E’ importante sottolineare che si tratta di un ragazzo, per chi considera le donne personalità di secondo grado nella società, con il solo scopo di servire l’altro sesso, la responsabilità di un atto criminale non può che essere attribuita a un uomo. Il fatto poi che da tempo sia mossa anche la magistratura, con l’annuncio della condanna prima e dell’esecuzione poi, è segno che la protesta, e il pericolo che ne consegue, è cresciuta d’intensità, come se fosse diventata più matura, più consapevole.

Sempre nell’altro mondo la polizia passa a colpire le donne al seno, ai genitali, ai loro volti, per sfregiarle della loro femminilità. Le donne non temono nessun oltraggio e continuano a scendere in Piazza. Mentre da noi si continua a discutere del ‘sesso degli angeli’, della loro fluttuazione, del gender fluid. Ancora cose impensabili avvengono in Iran, dove i social network stanno aiutando la protesta. Twitter – e i social media in generale – sono stati inondati di video che mostrano i manifestanti attaccati dalle forze di polizia, i corpi delle persone uccise e le ferite riportate da chi protesta.

I video, tutti legati alle proteste contro il governo in Iran, sono stati postati su Twitter, dove sono stati condivisi migliaia di volte e visti da centinaia di migliaia di persone. Questi post, tuttavia, rappresentano solo una piccola parte dei contenuti pubblicati dall’Iran sulla piattaforma, che riveste un ruolo di primo piano nel documentare la brutalità di cui sono oggetto i manifestanti. In Occidente invece le interazioni in atto sui social network hanno portato a mettere in discussione la pandemia, i vaccini, la Scienza stessa. C’è chi azzarda a dire che a incidere sulla protesta sia stato lo specchio di un’Europa e di un Occidente dei diritti ai quali i giovani si siano ispirati, ma è solo un riflesso. La Rivoluzione è altrove, nell’altro mondo.