L’Iran si sta chiaramente avvicinando al possesso di armi nucleari ed è giunto a un passo da questo obiettivo. Lunedì 27 maggio, l’organismo di vigilanza sul nucleare delle Nazioni Unite ha avvertito del fatto che l’Iran sta continuando ad arricchire l’uranio ed ha raggiunto livelli potenzialmente bellici. Non meraviglia il fatto che i funzionari iraniani si stiano comportando come se l’Iran avesse già una capacità nucleare seppur minima, e non nascondono la loro soddisfazione per il possesso di tutti gli elementi tecnici necessari per la costruzione di un armamentario nucleare e per l’effetto deterrente che avrebbero già ottenuto.

L’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) nel suo rapporto confidenziale di lunedì scorso ha sostenuto che le scorte stimate di uranio arricchito dell’Iran hanno raggiunto più di 30 volte il limite stabilito nell’accordo nucleare del 2015 tra Teheran e le potenze mondiali. Fino all’11 maggio scorso l’Iran disponeva di 142,1 chilogrammi di uranio arricchito al 60%, un livello, questo, superiore di 20,6 chilogrammi rispetto all’ultimo rapporto dell’organismo di vigilanza delle Nazioni Unite di febbraio.

Andrea Stricker, vicedirettore del programma di non proliferazione e biodifesa della Fondazione per la difesa delle democrazie (FDD) si è mostrato molto preoccupato e ha affermato: “Ora [l’Iran] ha abbastanza uranio arricchito per produrre quasi tredici armi nucleari entro circa cinque mesi e poco più di un anno per poterlo installare su un missile balistico”. Patrick Clawson, consulente di ricerca presso il Washington Institute, ha affermato che gli ultimi sviluppi sono inquietanti. Un anno fa, il governo degli Stati Uniti pensava di aver raggiunto un accordo informale con Teheran in forza del quale l’Iran avrebbe sostanzialmente interrotto la produzione di uranio arricchito al 60% e in cambio gli Stati Uniti non l’avrebbero ostacolato nell’esportazione di petrolio verso la Cina.

L’allarme dell’organismo di vigilanza del nucleare dell’agenzia dell’Onu arriva nel contesto di crescenti tensioni nella regione. Il capo dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, Grossi, afferma che l’Iran potrebbe produrre il materiale fissile necessario per una bomba addirittura in circa una settimana anche se per trasferirla su un missile balistico occorre circa un anno, “ma un anno non è poi così lungo”, sostiene Grossi. I progressi dell’Iran in ambito nucleare non solo conferirebbero alla Repubblica Islamica un potere di “deterrenza”, ma permetterebbe a organizzazioni del fondamentalismo islamico, suoi proxi, come Hezbollah, Hamas, Jihad islamica e Forze di mobilitazione popolare irachene (PMF) che operano in Libano, a Gaza, in Siria, in Yemen e Iraq, di lanciare attacchi nucleari.

Se ciò avvenisse cambierebbe il volto dell’intero Medio Oriente anche perché se l’Iran si dotasse dell’arma atomica contemporaneamente lo farebbe anche l’Arabia Saudita i cui leader da anni si rivolgono agli Stati Uniti dicono: “Se l’Iran avrà una bomba, anche noi avremo l’atomica”. Secondo un rapporto pubblicato sempre lunedì scorso su Wall Street Journal, l’amministrazione Biden sta facendo pressione sui suoi alleati europei affinché si ritorni all’accordo sul programma nucleare.

L’Iran insiste sul fatto che il suo programma nucleare è per scopi pacifici, ma Rafael Mariano Grossi, capo dell’AIEA, aveva avvertito che l’agenzia delle Nazioni Unite non può garantire che nessuna delle centrifughe iraniane venga già utilizzata per l’arricchimento clandestino. L’ex presidente Donald Trump si era ritirato dall’accordo sul nucleare iraniano nel 2018. In base a quell’originario accordo siglato nel 2015 dall’amministrazione Obama, l’Iran poteva arricchire l’uranio solo fino al 3,67% di purezza, mantenere una scorta di circa 300 chilogrammi e utilizzare solo centrifughe IR-1 molto elementari.

A metà maggio, Kamal Kharrazi, consigliere della guida suprema iraniana Ali Khamenei, ha dichiarato che l’Iran non avrebbe altra scelta che cambiare la sua dottrina nucleare e passare dal civile al militare se Israele dovesse minacciare la distruzione dei suoi impianti nucleari. Intanto, nella preparazione della umma alla rivivificazione del primo e più puro Islam, la Repubblica islamica si prepara al ritorno del Muhammad al-Mahdī, l’ultimo imam che per gli sciiti duodecimani è «il ben guidato da Dio» che secondo la credenza non è mai morto, ma si è occultato nel 940 d.C. per sfuggire all’ostilità del califfo abbaside, e resterà tale fino alla fine dei giorni quando riapparirà per conquistare il mondo. L’obiettivo di Teheran è diventare come la Corea del nord, un paese con una spietata dittatura e munito di un arsenale di bombe atomiche. La tappa intermedia è scacciare gli Usa e il suo «alleato sionista», Israele, dal Medio Oriente, visto come «usurpatore» ed «entità intrusa», e dotarsi dell’arma nucleare per affermare la propria egemonia nel mondo islamico e oltre.