Dopo l’attacco con missili e droni
Iraniani contro la Repubblica islamica, l’altra faccia di Teheran che sta con Israele: “Hamas, siete voi il nostro Isis”
I ragazzi lanciano messaggi in aperta contraddizione con la retorica anti israeliana e non intendono manifestare a sostegno di Gaza, perché dominata da Hamas
“L’Iran non ha attaccato Israele e il popolo iraniano non ha celebrato gli attacchi. È stata la Repubblica islamica, che è una istituzione intenta a seminare il terrore nel paese e nella regione, ad attaccare Israele e noi non condividiamo queste pratiche terroristiche”, sono queste le dichiarazioni che diffondono in Rete giovani, uomini e donne iraniane, che anche in queste ore stanno eroicamente sacrificando a mani nude la propria vita per sbarazzarsi di un regime che definiscono terroristico.
Le immagini e i filmati di manifestazioni di giubilo della popolazione iraniana che abbiamo visto girare sulle Tv di tutto il mondo, non sono altro che le raffigurazioni di raduni inscenati dalla propaganda del regime per ingannare l’opinione pubblica globale facendole credere che la popolazione è contro Israele. A manifestare, invece, sono state soltanto alcune centinaia di membri dei battaglioni Imam Ali dell’organizzazione paramilitare Basij dei Guardiani della rivoluzione.
Masih Alinejad, la leader del “Mercoledì Bianco”, del movimento in Iran “Donna, vita, libertà”, fa appello alla comunità internazionale affinché distingua tra le azioni del regime e i sentimenti genuini del popolo iraniano che anche in queste ore sta manifestando a sostegno di Israele contro Hamas e che sta combattendo coraggiosamente a mani nude contro la recrudescenza della repressione della polizia morale che impone l’applicazione spietata della legge sull’hijab obbligatorio. Numerosi sono i posti di blocco ad ogni angolo delle strade principali di Tehran e la polizia morale è presente anche nei cosiddetti “tunnel dell’orrore”, così le donne definiscono i sottopassi dei metrò, dove viene data la caccia alle donne senza velo. Anche nelle ore dell’attacco delle forze aerospaziali dei pasdaran contro Israele i mullah hanno creato un’atmosfera terrificante per le donne. I video girati nelle metropolitane di Teheran mostrano donne che resistono alle pattuglie dell’Ershad e trascinate via mentre gridano aiuto.
I giovani in Iran stanno da diversi anni lanciando messaggi dirompenti in aperta contraddizione con la retorica anti americana, anti israeliana e anti occidentale, imposta sin dalla sua nascita dal regime degli ayatollah. In Iran la nuova generazione non intende per nulla manifestare a sostegno di Gaza, perché sa che la regione è dominata da Hamas. Ragazzi universitari e delle scuole medie, gridano nelle strade: “Sepahi [pasdaran], basiji, Hamas, siete voi il nostro Isis” e ancora: “Sepahi, Basiji, Hamas, siete mostri”. Per le generazioni più giovani, la lotta dei palestinesi per la loro terra è percepita semplicemente come un giocattolo retorico con cui la leadership iraniana vuole rafforzare la propria influenza nel mondo musulmano. Per 45 anni il regime ha cercato di fare il lavaggio del cervello alla popolazione. Ha indottrinato i bambini fin dalla più tenera età, instillando l’odio per l’occidente, per l’America, per Israele e per gli ebrei.
Costretti, sin dalle scuole elementari, a bruciare la bandiera statunitense e quella della stella di Davide, ma ora gli iraniani e le iraniane gridano nelle strade di tutti i maggiori centri urbani: “Il nostro regime islamico è come l’Isis è come Hamas e per questo deve essere abbattuto”. “No per Gaza [Hamas], no per il Libano [Hezbollah], la mia vita è solo per l’Iran”. Sono questi gli slogan delle donne e degli uomini che si sono uditi nelle strade dell’Iran nelle diffuse proteste anti regime dopo la barbare uccisione della giovane curda Jina, Mahsa Amini. È a partire dal Movimento Verde del 2009 che gli iraniani esprimono più apertamente il loro sgomento e il disappunto per l’élite al potere che sostiene che usa una cospicua parte delle risorse del paese per sostenere gruppi islamisti che opprimono il popolo palestinese. “Né Gaza, né Libano: darò la vita per l’Iran” è stato proprio uno dei primi slogan emersi per sfidare il dogma del regime. Molti contribuenti iraniani ritengono che le “cricche” dei fanatici militanti di Gaza, così come altri proxi di Tehran, come Hezbollah libanese, siano pozzi senza fondo che consumano la ricchezza del paese e che producono il suo isolamento internazionale.
Esiste dunque per la popolazione iraniana una diversa valutazione del conflitto israelo-palestinese che la Repubblica islamica non vuole riconoscere. Prestigiosi accademici come Sadegh Zibakalam, ex professore dell’Università di Teheran, e istituti di ricerca ci dicono che circa l’80% del popolo iraniano è contrario alla politica di annientamento di Israele e non ha alcun problema nel riconoscere la sua legittima esistenza e desidera la convivenza con Israele. È questa, più o meno, la stessa percentuale di coloro che non hanno voluto dare legittimazione alla Repubblica islamica astenendosi dal voto farsa dello scorso 1° marzo. Anche all’interno dello stesso clero sciita e dell’appartato istituzionale della Repubblica islamica emergono forti divergenze sulla posizione intransigente dell’attuale leadership nei confronti di Israele. Nell’ambito della sua nuova dottrina di politica estera, che “guarda a est”, negli ultimi dieci anni l’Iran ha dato priorità alle relazioni con Cina e Russia, movendosi ulteriormente verso la costruzione di nuove alleanze militari con le due potenze. Questo paese, un tempo orgoglioso della sua posizione unica tra Oriente e Occidente, sia geograficamente che politicamente parlando, sembra ora aver scelto da che parte guardare: verso Est, o meglio, verso il non Ovest. Ma la maggioranza della popolazione non sembra essere d’accordo.
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