Israele si trova ancora una volta davanti a un bivio. L’addio del centrista Benny Gantz al governo d’unità nazionale è stato un primo grande segnale che per Benjamin Netanyahu la situazione sta prendendo una piega estremamente pericolosa. La destra radicale, quella guidata in particolare dai ministri Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich, adesso è l’unico alleato del premier. E gli Stati Uniti, che per mesi avevano fatto capire di vedere in Gantz un potenziale successore di Bibi ma anche un interlocutore privilegiato insieme al ministro della Difesa Yoav Gallant, adesso vogliono far capire che è il momento di dare una svolta al conflitto. La pressione di Washington su Netanyahu si fa sempre più intensa. E lo si è capito anche dal blitz del segretario di Stato, Anthony Blinken, al suo ennesimo tour diplomatico in Medio Oriente dopo il 7 ottobre.

Il capo della diplomazia Usa è sbarcato nello Stato ebraico per incontrare Netanyahu e Gallant. E l’impressione è che la mossa dell’amministrazione Biden sia quella di inviare l’ultimo avvertimento al governo israeliano e ad Hamas. Joe Biden è sempre più indispettito dall’andamento del conflitto. E le due parti in guerra non appaiono intenzionate a raggiungere quell’intesa voluta dal capo della Casa Bianca. Il presidente Usa, nelle ultime settimane, ha mostrato più di una volta la sua frustrazione per l’assenza di una vera trattativa. E da Washington sono arrivati messaggi molto chiari nei confronti della milizia palestinese e dell’esecutivo guidato da Netanyahu. Biden e i suoi funzionari hanno più volte sottolineato che è proprio Hamas a bloccare l’ultima proposta di accordo lanciata da Washington. Anche Blinken, parlando con i partner arabi, li ha esortati a premere sull’organizzazione al potere a Gaza per arrivare alla tregua e alla liberazione degli ostaggi.

E Hamas ha ribadito che quanto sostenuto dal segretario Usa in Egitto è la prova che Washington “offre una copertura” a quello che per Sami Abu Zuhri, alto funzionario della milizia, è “l’olocausto palestinese”. Ma dalla Nbc, sono trapelate anche delle indiscrezioni riguardo il possibile negoziato sotterraneo tra Stati Uniti e Hamas per arrivare alla fine del sequestro di cinque prigionieri israelo-americani in mano ai terroristi. Si tratta, a detta delle fonti sentite dal media Usa, di un’ipotesi che sarà presa in considerazione solo in caso di fallimento delle trattative. Tuttavia, è evidente che da parte di Washington vi sia l’obiettivo di non lasciare i propri cittadini alla mercé di Hamas. Del resto, non è un mistero che la situazione per gli ostaggi possa farsi ogni giorno più critica. Come ha spiegato il New York Times, la guerra parallela che Israele sta combattendo per liberare le persone rapite il 7 ottobre rischia ora di farsi sempre più rischiosa, complice anche l’ultima operazione che ha portato al ritorno a casa di quattro ostaggi (e che secondo le autorità di Gaza ha provocato più di duecento morti tra i palestinesi).

Come hanno spiegato gli esperti, Hamas potrebbe scegliere di muoversi in modo diverso. E con i nascondigli che diminuiscono insieme all’avanzata israeliana e ai raid aerei, i miliziani potrebbero scegliere di condurre tutti gli ostaggi nei tunnel, trasformandoli in vere e proprie trappole. Inoltre, secondo il Nyt, Hamas avrebbe deciso di ricorrere a una soluzione estrema: uccidere le persone sequestrate non appena intuiscono l’arrivo delle forze israeliane. E questa, se confermata, rappresenta un’enorme tegola sia per i decisori politici che per gli uomini delle forze armate e dell’intelligence. La situazione si fa sempre più difficile. Ed è anche per questo che gli Usa vogliono che si raggiunga il prima possibile un’intesa tra le parti. Ma se il pressing su Hamas può essere fatto in via indiretta attraverso gli alleati arabi (con l’Arabia Saudita è inoltre sempre più vicino un patto sulla difesa), con Israele la questione è più diretta.

Il viaggio di Blinken serve proprio a questo scopo. E non è un caso che ieri sia stato dato il via libera al voto sulla risoluzione Usa al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite in cui si parla della proposta di tregua voluta da Biden, si specifica che il piano è stato accettato da Israele e si invita Hamas ad “accettarlo anch’esso ed entrambe le parti ad attuarne pienamente i termini, senza ritardi e senza condizioni”. Biden ha messo il piede sull’acceleratore. Ma è chiaro che le difficoltà interne per Netanyahu possono essere un freno non irrilevante.

Il provvedimento sulla coscrizione degli Haredi è un nuovo fronte di guerra, con Gallant che ha deciso di votare contro. Ben-Gvir ieri ha detto che “le dimissioni di Gantz sono una grande opportunità” perché il leader centrista aveva “messo i bastoni tra le ruote della macchina da guerra”. E visto il peso specifico dell’ultradestra dopo l’addio dell’ex generale e di Gadi Eisenkot, il premier si trova sotto il fuoco incrociato del suo migliore alleato esterno e del suo più forte alleato interno.