Nel 2018 le cancellazioni anagrafiche per l’estero, ovvero i cittadini che dall’Italia scelgono di trasferirsi all’estero, sono 157 mila (+1,2% sul 2017). Di queste, quasi tre su quattro riguardano emigrati italiani (117 mila, +1,9%). A fare il percorso inverso, ovvero le iscrizioni dall’estero, sono circa 332 mila, per la prima volta in calo rispetto all’anno precedente (-3,2%) dopo i costanti incrementi registrati tra 2014 e 2017. Più di cinque su sei riguardano cittadini stranieri (286 mila, -5,2%).

Sono i numeri presenti nel rapporto Istat su “Iscrizioni e cancellazioni anagrafiche della popolazione residente”, che mette il punto sulla questione immigrazione/emigrazione nel Belpaese.

L’EMIGRAZIONE ALL’ESTERO E TRA NORD E SUD ITALIA – Gli italiani che si sono trasferiti all’estero negli ultimi 10 anni sono 816mila , oltre il 73% ha 25 anni e più; di questi, quasi tre su quattro hanno un livello di istruzione medio-alto. Cala invece il numero di immigrati provenienti dal continente africano: nel 2018 ha toccato il -17%. Sono invece 117mila gli italiani che si sono trasferiti dal Mezzogiorno al Centro-Nord: lo scorso anno Sicilia e Campania hanno perso oltre 8500 residenti italiani laureati di 25 o più anni, che hanno scelto di emigrare in altre zone d’Italia.

AUMENTANO GLI ITALIANI CHE LASCIANO IL PAESE – Nel decennio 1999-2008 gli italiani che hanno trasferito la residenza all’estero sono stati complessivamente 428 mila a fronte di 380 mila rimpatri, con un saldo negativo di 48 mila unità. Dal 2009 al 2018 si è registrato un significativo aumento delle cancellazioni per l’estero e una riduzione dei rientri (complessivamente 816 mila espatri e 333 mila rimpatri); di conseguenza, i saldi migratori con l’estero dei cittadini italiani, soprattutto a partire dal 2015, sono stati in media negativi per 70 mila unità l’anno.

La regione da cui emigrano più italiani, in valore assoluto, è la Lombardia con un numero di cancellazioni anagrafiche per l’estero pari a 22 mila, seguono Veneto e Sicilia (entrambe oltre 11 mila), Lazio (10 mila) e Piemonte (9 mila). In termini relativi, rispetto alla popolazione italiana residente nelle regioni, il tasso di emigratorietà più elevato si ha in Friuli-Venezia Giulia (4 italiani su 1.000 residenti), Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta (3 italiani su 1.000), grazie anche alla posizione geografica di confine che facilita i trasferimenti con i paesi limitrofi. Tassi più contenuti si rilevano nelle Marche (2,5 per 1.000), in Veneto, Sicilia, Abruzzo e Molise (2,4 per 1.000). Le regioni con il tasso di emigratorietà con l’estero più basso sono Basilicata, Campania e Puglia, con valori pari a circa 1,3 per 1.000.

LE METE PREFERITE DAGLI ITALIANI – Nel 2018 il Regno Unito continua ad accogliere la maggioranza degli italiani emigrati all’estero (21mila), seguono Germania (18 mila), Francia (circa 14 mila), Svizzera (quasi 10 mila) e Spagna (7mila). In questi cinque paesi si concentra complessivamente il 60% degli espatri di concittadini. Tra i paesi extra-europei, le principali mete di destinazione sono Brasile, Stati Uniti, Australia e Canada (nel complesso 18 mila).

LA FUGA DEI LAUREATI – Considerando il livello di istruzione posseduto al momento della partenza, nel 2018 più della metà dei cittadini italiani che si sono trasferiti all’estero (53%) è in possesso di un titolo di studio medio-alto: si tratta di circa 33 mila diplomati e 29 mila laureati. Rispetto all’anno precedente le numerosità dei diplomati e laureati emigrati sono in aumento (rispettivamente +1% e +6%). L’incremento è molto più consistente se si amplia lo spettro temporale: rispetto a cinque anni prima gli emigrati con titolo di studio medio-alto crescono del 45%.

IL CALO DEI FLUSSI MIGRATORI DALL’AFRICA – L’andamento dei flussi migratori in ingresso nell’ultimo decennio per macro-aree di provenienza evidenzia un calo generale delle immigrazioni per tutti i paesi esteri: dopo l’incremento dovuto alle regolarizzazioni e all’ingresso di Romania e Bulgaria nell’Unione europea osservato nei primi anni Duemila, i trasferimenti dall’estero hanno avuto un lento declino. Dal 2015 al 2017 le immigrazioni sono tornate ad aumentare per via dei flussi numerosi provenienti dai paesi che si affacciano sul Mediterraneo, caratterizzati prevalentemente da cittadini in cerca di accoglienza per asilo e protezione umanitaria. Nel 2018, questi ingressi hanno subito una battuta d’arresto.

Nel 2018 le iscrizioni anagrafiche dall’estero più numerose provengono, in valore assoluto, da paesi europei: la Romania con 37 mila ingressi (11% del totale) si conferma il principale paese di origine seppur in deciso calo (-10% rispetto al 2017). Meno numerosi i flussi provenienti dall’Albania (oltre 18 mila) ma in forte aumento rispetto all’anno precedente (+16%). Seguono le iscrizioni da Ucraina (8 mila, -2%), Germania (oltre 7 mila, +9%) e Regno Unito (poco meno di 7 mila, +12%). Per gli ultimi due flussi si tratta prevalentemente di cittadini italiani che fanno rientro in patria dopo un soggiorno all’estero.

Sempre consistenti, ma nettamente in diminuzione, le immigrazioni provenienti dal continente africano, in particolare quelle provenienti da Nigeria (18 mila, -24%), Senegal (9 mila, -20 %), Gambia (6 mila, -30%), Costa d’Avorio (5 mila, -27%) e Ghana (5 mila, -25%) che durante il 2017 avevano fatto registrare aumenti record. Il Marocco è l’unico paese africano che segna una variazione positiva rispetto all’anno precedente (17 mila, +9%).

LA FUGA DI CERVELLI DAL MEZZOGIORNO – Con riferimento al titolo di studio, i movimenti degli italiani di 25 anni e più con almeno la laurea che partono dalle regioni del Mezzogiorno e si dirigono verso quelle del Centro-nord (al netto dei rientri) hanno provocato, nel 2018, una perdita di oltre 16 mila residenti. Le regioni con le perdite più consistenti di questo “prezioso” contingente sono la Sicilia e la Campania (complessivamente oltre 8,5 mila residenti qualificati in meno), seguite da Puglia (-3 mila) e Calabria (-2 mila). Perdite più contenute si registrano per Basilicata, Abruzzo e Molise che, complessivamente, perdono 1,5 mila residenti. Le regioni che guadagnano di più da questo scambio sono la Lombardia (+8 mila) e l’Emilia-Romagna (+4 mila).

Redazione

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