Italia come Ungheria e Polonia, il Parlamento Ue ci condanna per la retorica anti Lgbtq+: si spacca il Ppe

In compagnia dei governi di estrema destra di Ungheria e Polonia. L’Italia di Giorgia Meloni si vede assestare un nuovo schiaffo alla reputazione internazionale con l’associazione ai governi populisti di Varsavia e Budapest a causa della retorica utilizzata contro le comunità Lgbt e i diritti gender.

Questa mattina infatti durante la sessione plenaria dell’Eurocamera a Strasburgo è stato approvato un emendamento dei Verdi Che “condanna fermamente la diffusione di retorica anti-diritti, anti-gender e anti-Lgbtiq da parte di alcuni influenti leader politici e governi nell’Ue, come nel caso di Ungheria, Polonia e Italia“.

La risoluzione sulla “Depenalizzazione universale dell’omosessualità, alla luce dei recenti sviluppi in Uganda”, presentata da popolari, socialisti, liberali, Verdi e Sinistra e stata adottata con 416 voti a favore, 62 contrari e 36 astenuti. Al suo interno c’era un emendamento, il 19 presentato dai Verdi e dalla Sinistra europea, che condannava esplicitamente Polonia, Ungheria e Italia: quest’ultimo è stato approvato con 282 voti a favore, 235 contrari e 10 astenuti.

Per il Parlamento europeo i movimenti che non riconoscono i diritti delle persone Lgbtq+ “ostacolano drammaticamente gli sforzi per raggiungere la depenalizzazione universale dell’omosessualità e dell’identità transgender” perché “legittimano la retorica che afferma che le persone Lgbtiq sono un’ideologia piuttosto che esseri umani”.

Già lo scorso 31 marzo scorso l’Europarlamento aveva già votato un emendamento che condannava l’Italia per “le istruzioni impartite dal governo al Comune di Milano di non registrare più i figli di coppie omogenitoriali“.

Ma la questione politicamente più rivelante per Roma è proprio l’emendamento che equipara il nostro Paese a “maestri della discriminazione” come i governi di Varsavia e Budapest. Come non manca di sottolineare Repubblica, dall’analisi del voto (i tabulati non sono disponibili per regolamento) appare più che plausibile che una parte dei parlamentari iscritti al Ppe, i Popolari di centrodestra, abbiano alla fine sostenuto l’emendamento di censura nei confronti dell’Italia.

Fonti vicine al Ppe spiegano però che il gruppo ha dato indicazione a non votare l’emendamento alla risoluzione sull’Uganda. Dai Popolari spiegano che l’emendamento era “estraneo allo scopo d’urgenza” della risoluzione e, come deciso dal Ppe a seguito della vicenda Qatargate, emendamenti di questo tipo non sono votati dal gruppo.

Il voto però di almeno una parte degli eurodeputati conservatori contro Italia, Ungheria e Polonia appare come un chiaro segnale alle leadership del tedesco Manfred Weber, presidente del Ppe, che da tempo sta cercando un avvicinamento ai Conservatori meloniani dell’Ecr, trovando evidentemente la contrarietà di una parte del suo stesso gruppo all’Europarlamento.

Immediate e pesanti le ripercussioni del voto all’Europarlamento in Italia. Per gli europarlamentari della Lega Marco Campomenosi (capo delegazione) e Marco Zanni (presidente gruppo Id) “al solo fine di attaccare gli avversari politici e di perseguire la propria agenda ideologica, la sinistra al Parlamento Europeo ancora una volta torna a banalizzare una tematica importante come i diritti arrivando persino a paragonare l’Italia a una autocrazia che impedisce le minime libertà democratiche come l’Uganda”.

Di segno opposto le parole di Malin Bjoerk, eurodeputata svedese della Sinistra, che sottolinea come nel nostro Paese il governo Meloni “sta attaccando la comunità Lgbti, l’ultimo esempio è stato il senato che ha bloccato una proposta dell’Ue per riconoscere le famiglie arcobaleni oltre i confini dell’Ue. La Meloni usa anche la pericolosissima retorica anti-Lgbti riducendo le persone ad un’ideologia piuttosto che esseri umani”.