La colata di fango che, nella notte tra il 25 ed il 26 novembre scorso, ha travolto persone e cose, ad Ischia, ha probabilmente trascinato con sé anche le residue speranze del Governo Meloni di avere una stabile e serena luna di miele con gli elettori italiani. Infatti, quando un’isola come Ischia, abitata dagli esseri umani sin dalla preistoria, viene colpita da gravi calamità mediamente ogni 3-4 anni (a partire dal 2003 ad oggi si contano almeno 7 eventi calamitosi principali, più altri minori, con molti morti e feriti), vuol dire che l’eccezione è diventata la norma, e che l’emergenza è continua.

In un Paese normale, in queste ore, si discuterebbe solo di una cosa: come utilizzare ogni risorsa disponibile, ivi incluso il Pnrr, per mettere in sicurezza un territorio bellissimo ma fragile come quello italiano, che è sottoposto da sempre ai rischi che conosciamo (vulcanico, sismico ed idrogeologico) ma a cui, da qualche tempo, si è aggiunto un quarto elemento: il cambiamento climatico. E invece in Parlamento, nella seduta del 1° dicembre, il Ministro Musumeci, ha posto l’accento sulla fatalità e sull’imprevedibilità di quanto accaduto. Su molti giornali e mass media, inoltre, si continua a parlare dell’abusivismo edilizio, come se fosse l’unico o il principale responsabile di quanto avviene.

Eppure i cambiamenti climatici sono un fatto ormai acclarato, e tutti i Paesi stanno adottando delle strategie, più o meno complesse, di adattamento. L’Italia ha elaborato una sua Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici sin dal 2014. Ed è da oltre otto anni che i tre documenti principali di cui si compone, giacciono, poco cliccati e poco compresi, sul sito del Ministero dell’Ambiente. E, ovviamente, non sono stati tradotti in piani operativi.

È davvero un peccato, perché se qualcuno si fosse dato la pena di scorrere quelle pagine redatte col contributo di alcuni dei migliori scienziati italiani, avrebbe scoperto delle cose interessanti ed utili. Per esempio, avrebbe scoperto che l’Italia, una volta tanto, si era mossa prima della UE per elaborare una propria strategia di adattamento ai cambiamenti climatici, sin dal 2012. Per l’occasione, il MATTM fece le cose per bene: istituì un Tavolo  Istituzionale, composto da rappresentanti dei Ministeri e delle altre istituzioni (come la Protezione Civile, Comitato Regioni, ANCI…), che sulla base del lavoro svolto dal Tavolo Tecnico ha fornito input al processo contribuendo all’elaborazione del documento della SNACC. Il processo è stato impostato, fin dagli inizi, in maniera aperta e trasparente: i vari  portatori d’interesse sono stati coinvolti già attraverso una consultazione pubblica alla fine del 2012. Inoltre,  si sono svolte tre consultazioni  ad hoc con attori non governativi, Regioni e Città. Infine, una consultazione pubblica online ha  agevolato un  confronto  sugli elementi di  base della Strategia.

Il risultato è una ricognizione attenta e minuziosa sia della parte normativa, dove si evidenziano le lacune, le contraddizioni e le sovrapposizioni di normative, sia della parte operativa, dove si insiste sul fatto che l’Italia ha un’ottima Protezione Civile, ma investe troppo poco in prevenzione e tutela del territorio. Inoltre, si fa un’attenta e precisa analisi sia delle varie problematiche che affliggono l’Italia, sia dei principali ecosistemi. Per ognuna di queste voci si analizzano i problemi e si suggeriscono le soluzioni, a volte complesse, ma nella maggior parte dei casi semplici e di buon senso.

E allora, viene da chiedersi perché mai nessuno dei Governi che si sono succeduti dal 2014 ad oggi abbia pensato di trasformare questi elementi di strategia in una vera e propria azione strategica, profonda e ben finanziata, per preparare l’Italia a quello che viviamo già oggi. Alla fin fine, adattarsi al cambiamento climatico ci permetterebbe d’investire bene le risorse pubbliche, di generare occupazione stabile, di risparmiare tragedie, distruzioni e perdite di vite umane.