Finora speso solo il 6% dei fondi
Italia in ritardo sul Pnrr, a rischio due rate dei fondi europei: governo Meloni troppo lento sui dossier
Impegnato nella guerra ai diritti civili, all’immigrazione e nell’inutile quanto controproducente braccio di ferro con l’Unione Europea sui balneari, il governo di Giorgia Meloni pare dimenticarsi del dossier più importante sul tavolo di Palazzo Chigi: il Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza che dovrebbe portare nella casse italiano miliardi di euro per investimenti in settori chiave.
Il Belpaese è infatti in ritardo, sia nell’erogazione dei fondi del 2022 che nella spesa del 2023 e rischia così di perdere i fondi, con la gestione del dossier che come noto la premier Meloni ha voluto affidare in maniera sostanzialmente esclusiva ad un suo fedelissimo, il ministro Raffaele Fitto.
A mettere giù i numeri del possibile disastro è il Sole 24 Ore, anticipando la relazione alle Camere che la Corte dei Conti presenterà il prossimo 28 marzo. Dal dossier anticipato dal quotidiano di Confindustria emerge che è stato speso solo il 6 per cento dei fondi e che metà delle misure è in ritardo: realizzazione allo 0,5 per cento per la salute, 1,2 per cento per l’inclusione e 4,1 per cento nella scuola.
I magistrati contabili calcolano in 20,441 miliardi la spesa effettiva realizzata a fine 2022. Con un aggiornamento al 13 marzo scorso, si sale a 23 miliardi legati a 107 delle 285 misure elencate dal Pnrr. Il tasso di realizzazione si attesta quindi al 12 per cento delle risorse complessive messe a disposizione da qui al 2026.
Ma ancora più grave è la situazione relativa allo sblocco da parte di Bruxelles della prossima tranche di fondi, che vale 19 miliardi di euro. Nonostante infatti l’esecutivo abbia dichiarato raggiunti i 55 obiettivi fissati per fine 2022, in Europa la pensano diversamente: l’Ue ha concesso fino al 31 marzo al governo di Roma per mettersi in regola.
Secondo Openpolis, finora nel 2023 il governo non ha completato nessuno degli obiettivi e ormai a fine marzo mancano pochi giorni. L’ultima verifica, si legge sul portale, è del 16 marzo scorso: “Su 12 interventi previsti entro il 31 marzo, 9 sono in corso e 3 a buon punto. Quindi non solo sono tutti ancora da completare, ma la quasi totalità (9 su 12) è proprio lontana dall’essere conseguita”.
Ritardi ci sono anche sulla scadenza intermedia della quarta rata, che scade a giugno e che vale invece 16 miliardi. Dei 13 target previsti entro fine marzo, solo cinque sarebbero stati raggiunti: tra i nodi principali c’è il nuovo codice sugli appalti. La riforma dovrebbe essere approvata la prossima settimana in Consiglio dei ministri, ma il governo chiede all’Unione europea di accettare un rinvio della sua entrata in vigore, dal secondo semestre di quest’anno al 2024.
Quindi il fronte aperto con Bruxelles in merito ai balneari: l’Europa continua a chiederci di fare le gare internazionali adeguandoci alla direttiva Bolkestein ma da Roma, dove la destra di governo è da anni piegata alla lobby dei balneari, chiede ancora tempo e offre in cambio la mappatura delle spiagge.
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