Italia-Inghilterra, il derby di John Foot: “Vediamo chi farà il Pertini”

Se non è un derby questo – Italia-Inghilterra, in una finale di un Europeo, a Wembley – dopo una vita a studiare e a indagare la storia, da inglese e studioso dell’Italia, e a guardare il calcio, a scrivere del Pallone dai bomber di provincia a Calciopoli; non esiste più derby e non è più domenica. John Foot, che il gioco ce l’ha nel nome, nomen omen, Professore di Storia Moderna Italiana all’Università di Bristol, origini bolognesi, autore di numerosi volumi sulla storia italiana e – in particolare Calcio – Storia dello Sport che ha fatto l’Italia (Rizzoli) – sul pallone, vivrà e vedrà stasera in campo a Londra alle 21:00 un piccolo ed eterno, esistenziale, derby personale.

I tifosi del calcio che non si limitano al Fantacalcio e che i libri sul calcio li leggono ripetono spesso che “non è solo calcio”, che insomma non è mai “solo” un gioco, “es un sentimiento”, e quindi antropologia – anche spicciola – e metafora – spesso abusata – di tutto. Più prosaicamente: è frittatona di cipolle, familiare di Peroni gelata e rutto libero, come da manuale del ragioniere Ugo Fantozzi, proprio per un Inghilterra-Italia.

Inglesi hanno fondato il Genoa, il Milan e il Napoli. Il bianconero della Juventus è stato mutuato dal bianconero del Notts County, il club più antico del mondo. Italiani hanno fatto la storia in campo e soprattutto in panchina nella Premier League. In ogni caso sarà un Rinascimento, da una parte e dall’altra,  a prescindere, “it’s coming home” o “it’s coming to Rome”.

Certo, non sarà Italia-Francia, e neanche Inghilterra-Germania; ma si può parlare di rivalità tra Italia e Inghilterra?

In un certo senso – sicuramente da un punto di vista sportivo, vedi Highbury 1934 o Torino 1948, ma anche in senso storico stretto, soprattutto per gli anni 1940-1943, durante la Seconda Guerra Mondiale. Per i popoli è un po’ difficile rispondere in breve, ci vorrebbero dei libri interi. Gli inglesi hanno portato il calcio in Italia, poi sono stati i ‘maestri’ imbattibili e superbi fino agli anni ’70, quando c’è stato il sorpasso dall’Italia, un po’ come il sorpasso economico negli anni ‘80. Quello che è rilevante è che non ci siamo mai incontrati in una finale o in semi-finale.

Come ci arrivano le due squadre?

L’Italia votata all’attacco – con un gioco fluido, nuovo, innovativo e con un grande gruppo. L’Inghilterra molto organizzata, quasi all’italiana, e sempre con due mediani. L’Italia ha dominato tutti fino alla partita molto sofferta con l’Austria e ha faticato con la Spagna. L’Inghilterra ha giocato male contro la Scozia e non ha segnato molto, a parte la partita contro l’Ucraina. Si può dire anche che ha avuto un sorteggio a favore e che ha giocato quasi sempre in casa.

Cosa potrebbe rappresentare questo successo per l’Inghilterra?

La fine del mito del 1966, quando vinse l’unico Mondiale in casa – finalmente. E tutto un complesso di cose: la squadra, il tecnico, i giovani, il multi-culturalismo, il razzismo (vedi la questione del “kneeling”). E poi c’è stato il covid, la Brexit, le divisioni e le polemiche. I politici stanno cercando di cavalcare l’entusiasmo ma secondo me non riusciranno.

E per l’Italia?

La rivincita dopo il disastro del 2018. E poi la ripresa dopo il trauma del covid ma anche il gioco di gruppo, l’importanza della provincia (vedi il Sassuolo che ha formato per gli Azzurri giocatori decisivi), la combinazione di giovani e vecchi in formazione.

La politica, e i governi dei due Paesi potrebbero sfruttare in che modo un successo del genere?

Potrebbero. In modo classico: con la fotografia del tifo, il mito della bandiera, i social media. Vedremo se qualcuno riuscirà a ‘fare il Pertini’ della situazione (passate alla storia le esultanze del Capo dello Stato per la vittoria ai Mondiali dell’82 in Spagna vinti dall’Italia, ndr) ed essere associato alla vittoria in modo stretto. Allo stadio poi ci sarà il Presidente della Repubblica Mattarella e membri della Famiglia Reale inglese.

Chi può essere il giocatore chiave per l’Inghilterra?

Ne dico due: Raheem Sterling e Jordan Pickford.