La proposta
Italia-Israele a Udine, allarme da non ignorare. Tra cortei pro Pal e infiltrati in curva: una partita da giocare a porte chiuse
L’imminente incontro di calcio Italia-Israele, in programma a Udine il prossimo 14 ottobre, si presenta sotto i peggiori auspici. È bene ricordare che il Comune di Udine, per bocca del sindaco De Toni, si è rifiutato di concedere il patrocinio al match, con l’incredibile motivazione che “Israele è un paese in guerra”, come se la guerra non fosse stata scatenata dal pogrom del 7 ottobre e Israele quell’attacco non lo avesse subìto. Inoltre, nel giorno stesso dell’incontro (in altra ora e in altra parte della città) è previsto a Udine un corteo pro Palestina, promosso dalla solita galassia di sigle arabe sostenitrici di Hamas e di circoli di estrema sinistra. Ad aggravare la situazione sono infine arrivati gli ignobili cartelli di sabato scorso a Milano, con invettive e aperte minacce nei confronti di Liliana Segre e di altri esponenti della comunità ebraica italiana. Tutti questi campanelli d’allarme non possono essere ignorati: da quasi un anno nelle piazze del nostro paese i fondamentalisti islamici gridano senza ritegno “Morte agli ebrei!”, con la complicità dei partiti di sinistra e la sostanziale inerzia del governo.
Le minacce
In un simile contesto, la partita di Udine rischia di trasformarsi in un evento che con il calcio ha ben poco a che fare. Già sui social media si annuncia che convergeranno su Udine facinorosi e violenti della peggiore specie, ben intenzionati a infiltrarsi all’interno dello stadio. Costoro non possono essere in alcun modo considerati “tifosi”: vengono infatti con un obiettivo politico, cioè per rivolgere alla squadra israeliana ogni genere di invettiva e grida di odio, presumibilmente in un tripudio di bandiere palestinesi. Un clima orribile, in cui facilmente gruppi di esaltati o violenti potrebbero tentare il tutto per tutto, pur di colpire i giocatori israeliani – con il rischio concreto di una nuova Monaco.
Giocare Italia-Israele a porte chiuse
Se anche fossero scongiurate le peggiori ipotesi, resterebbe un episodio vergognoso e antisportivo, che l’Italia ha il dovere di impedire. Per evitare questo scenario, vi è una sola soluzione, drastica ma a portata di mano: decretare che l’incontro si svolga a porte chiuse (come peraltro è accaduto sabato in campionato per Genoa-Juventus, dopo i noti incidenti dei giorni precedenti). Questa decisione, oltre a tutte le motivazioni di ordine pubblico di cui si è detto, assumerebbe anche un significato di grande fair play e di etica sportiva, da parte italiana. Non va dimenticato infatti che la squadra di Israele è già stata penaliizzata nell’incontro di andata, avendolo dovuto disputare sul campo neutro di Budapest invece che nel proprio paese. Per il ritorno, sarebbe corretto almeno evitare il rischio di aggressioni: un conto è affrontare i fischi della tifoseria avversaria, tutt’altra cosa è giocare temendo per la propria incolumità e per la propria vita.
Giocare a porte chiuse eliminerebbe completamente il rischio di attentati e renderebbe onore alla sportività dell’Italia intera, isolando violenti e facinorosi.
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