Come affrontare la crisi
Italiani schiacciati dalla spesa pubblica: ridurre le tasse per dare fiato ai cittadini

Come spendiamo il nostro reddito disponibile, cioè al netto delle imposte pagate, e aggiungendo i sussidi eventualmente ricevuti? Per avere un quadro succinto ma efficace, non basta distinguere tra consumo e risparmio, ma bisogna altresì distinguere all’interno del primo tra le spese volute e quelle necessitate (che devono cioè essere per forza affrontate, come affitti, spese per riscaldamento, acqua, elettricità, trasporti, carburante, assicurazioni eccetera).
Ebbene, i dati forniti da Confcommercio mostrano un quadro sconfortante sul peso di queste spese necessitate sui consumi totali: esse, pur in riduzione dal 2022 al 2023 all’incirca di un punto percentuale, costituiscono un fattore a cui prestare molta attenzione quando si ragiona sull’uso del loro reddito da parte dei cittadini italiani: banalmente, un peso delle spese necessitate intorno al 40% lascia tautologicamente meno spazio ai consumi voluti, ma finisce altresì per ridurre il risparmio, in quanto esso funziona come “valvola di sfogo” soprattutto per famiglie con redditi non alti.
Nessuno può stupirsi del fatto che Confcommercio si preoccupi dell’effetto recessivo sui consumi di queste spese, ma il tema più generale è quello del reddito come misura delle possibilità di utilizzare il proprio lavoro -e perché no? la rendita del proprio capitale- in libertà, sia dal lato dei consumi che dei risparmi in aggiunta rispetto al “necessario”.
Forse qualcuno non gradisce così tanto siffatto concetto di libertà del consumatore (anzi per dire meglio: del cittadino), ma dal punto di vista economico politico e sociale credo fermamente che ci dobbiamo preoccupare non soltanto dei cittadini che stanno sotto alla soglia di povertà ma anche di chi sta sopra, o largamente sopra di essa, cioè la classe media. Intendiamoci: non necessariamente l’intervento pubblico adatto per il benessere della classe media si traduce nell’aumentare la spesa pubblica (cioè nella forma di sussidi o di altre spese) ma potrebbe esattamente consistere nel ridurre il peso delle imposte sul reddito.
In che forma? La soluzione tipica sta nel ridurre le aliquote, ma è perfettamente coerente con una buona scienza delle finanze l’esplicita considerazione del fatto che almeno una percentuale delle spese obbligate potrebbe essere deducibile dal reddito complessivo, al fine di tenere appunto conto di questo carattere di necessità. Come si finanzia questo intervento? Forse -nel mezzo dell’euforia/preoccupazione per il PNRR– dovremmo cambiare un po’ rotta e pensare seriamente che l’efficientamento e la riduzione della spesa pubblica corrente possono funzionare come fonte importante di finanziamento per questa riduzione delle imposte, se non direttamente la principale. Il governo Meloni dovrebbe farsi tentare da questa prospettiva liberale per far star meglio il Paese.
Dopo tutto, nella sua maggioranza non c’è nessun Peppe Provenzano che mette i veti o fa le liste di proscrizione sulle vaste schiere di chi è più liberale di lui.
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