Italo Bocchino – autore di Perché l’Italia è di destra, pubblicato da Solferino – è stato quattro volte parlamentare con An, poi Pdl e infine Futuro e Libertà, di cui era Vicepresidente. È direttore editoriale del Secolo d’Italia.
Giorgia Meloni sta trasformando Fdi in un autentico partito conservatore europeo. Riuscendo dove altri, a destra, hanno fallito…
«Giorgia Meloni sta facendo un capolavoro politico innestato nella grande tradizione della destra italiana, che nel 1948 si fece democratica e parlamentare e nel 1994, grazie a Gianfranco Fini e Giuseppe Tatarella, si fece destra di governo. Non l’avevano vista arrivare, ma adesso si sente forte l’odore di una leadership internazionale. La Meloni sta costruendo in Italia un partito conservatore nazionalpopolare capace di saldare la borghesia produttiva con i ceti popolari. È un miracolo riuscito in passato soltanto alla Dc, che però usava la parola “cristiana” per avere il popolo con sé, e in parte a Silvio Berlusconi».
Tra l’altro, Meloni riesce nella non facile operazione di traslare la vecchia destra attribuendole un posizionamento nuovo, europeo, atlantista, senza con questo perdere consenso.
«La destra italiana è atlantista dagli anni Cinquanta, è europeista da sempre, come ci ricorda la chiusura del comizio di Giorgio Almirante a Piazza del Popolo a Roma in occasione delle prime elezioni europee del 1979, quando disse che “la destra o è Europa o non è”. Soltanto chi non conosce la destra italiana può meravigliarsi del posizionamento internazionale della Meloni, che è stato ribadito con fermezza e abilità».
È d’accordo con il cambio di simbolo, senza la fiamma?
«Il tema della fiamma nel simbolo non mi sembra di attualità. È un segno di continuità di una storia di uomini che hanno lottato per la Nazione e la libertà, che hanno sofferto l’isolamento per poi andare al governo. Con o senza Fiamma nel simbolo il consenso e l’alleabilità internazionale della Meloni non cambierebbe».
In Europa Meloni, rivela la stessa von der Leyen, avrebbe appoggiato la maggioranza o meglio, contribuito a impostarne una diversa. C’è un asse Ecr-Ppe destinato a rafforzarsi?
«Solo chi è cieco non vede che cosa sta accadendo e che cosa accadrà in Europa. Le ultime consultazioni le hanno vinte le destre, molto diverse tra loro, e le hanno perse le autocrazie più o meno di sinistra, molto diverse tra loro. Hanno perso Macron, Scholz, Sanchez e hanno vinto Meloni, Le Pen, Orban e Afd. L’Europa vira a destra e la leader naturale è Giorgia Meloni. Macron è politicamente un morto che cammina, Sanchez è zoppicante, Scholz è politicamente un morto che non cammina. L’unico governo stabile e che aumenta i consensi è quello italiano».
E come si comporterà con la maggioranza che guida l’Europa?
«In Europa c’è una maggioranza naturale di centrodestra che va dal Ppe ai conservatori, ai patrioti e ai cespugli di destra. Questa maggioranza purtroppo non può esprimersi perché alcune destre europee sono ancora “ruvide”, ma nel corso degli anni Le Pen, Orbán e i tedeschi dell’AFD troveranno il loro Tatarella e faranno la loro Fiuggi, creando così le condizioni per una centro destra europeo simile a quello italiano. Nel frattempo, a Strasburgo si andrà avanti con maggioranze variabili, come sempre accade, e sui voti importanti (globalizzazione, concorrenza e mercato, politicamente corretto e immigrazione, green deal e difesa) vedremo spesso vincere una maggioranza di centrodestra e perdere la sinistra».
Nascerà da qui a qualche anno una Cdu italiana, una forza conservatrice capace di ancorare a lungo il consenso a destra?
«La Meloni non ha altro da far nascere, il prodotto della sua politica è già un capolavoro. Ha il 30% dei consensi, è inaggirabile in Europa e apprezzata nel mondo. Presto nascerà un’internazionale conservatrice di cui lei è il leader naturale. Lo è già in Europa e lo sarà nel mondo anche a causa dei limiti anagrafici di Trump. Il melonismo sarà una stagione che durerà trenta anni e cambierà la destra europea e occidentale come ha cambiato quella Italiana».
C’è bisogno di riforme forti. Quelle costituzionali importanti, come il premierato, subiranno gli scossoni del referendum. Una battaglia per niente scontata, il vero banco di prova del melonismo?
«Il premierato va fatto e la sua definitiva approvazione segnerà la nascita della Terza Repubblica nata sul melonismo. Il referendum non sarà un problema, anche perché mi auguro che si terrà dopo le politiche del 2027. La Meloni farà una doppietta, vincerà prima le politiche e poi, in scia, il referendum. Gli italiani vogliono cambiare e vogliono decidere e sono a favore del premierato. Secondo un sondaggio Demos per Repubblica il 55% è a favore e tra questi il 50% degli elettori 5Stelle e il 30% di quelli del Pd».
La riforma della giustizia rimane aperta. E debole. Si procede a tentoni, forse anche perché c’è un malinteso nella cultura politica della destra che vede nei magistrati degli eroi indiscutibili e nel panpenalismo la panacea di tutti i mali. Una nuova destra può nascere a prescindere dal garantismo?
«Senza garantismo non c’è una vera destra conservatrice e non può nascere la Terza Repubblica. Non vanno fatte battaglie contro la magistratura, ma contro la politicizzazione di una parte di questa e contro il corto circuito pm-giornalisti che calpesta le regole dello stato di diritto. Le riforme abbozzate vanno tutte bene, ma la riforma delle riforme è il sorteggio per il CSM per annientare le correnti interne all’ANM, che rappresentano il cancro di uno dei baluardi del nostro ordinamento. Va poi chiarito che la Costituzione all’articolo 104 parla di un ordinamento e non di un potere. Quando un ordinamento si erge a potere rischia di sconfinare nell’eversione».
Il carattere nazionale degli italiani, su cui indaga il suo ultimo libro, ha tratti moderati che guardano più volentieri a destra che a sinistra. La nuova destra è un’evoluzione naturale della nostra storia politica nazionale?
«Gli italiani sono sempre stati di destra e sempre lo saranno. Dall’unità d’Italia ad oggi non c’è mai stata una stagione di governo della sinistra guidata da un suo leader grazie al consenso popolare. Abbiamo avuto la destra storica, poi il fascismo, poi la Dc, poi il berlusconismo e adesso il melonismo. L’unica volta che la sinistra conquistò legittimamente il governo è stata con Mussolini, la cui rivoluzione politica nacque a sinistra tra i socialisti e nel laboratorio de L’Avanti».
Scenario internazionale: Meloni ha reso l’Italia interlocutore privilegiato degli Usa di Trump (e di Elon Musk), dell’India di Modi, adesso anche dell’Argentina di Milei. E di Orban. Quali sono le partite su cui vede vincente il futuro impegno italiano nel mondo?
«Oggi Giorgia Meloni è di moda. Recentemente ho fatto un viaggio in India e ho notato che gli adolescenti ballano sulle note di una musichetta chiamata Melodi, crasi di Meloni e Modi, con un video animato con l’immagine dei due. In Europa la Meloni sarà quella con più forza di governo, per Trump sarà l’alleato privilegiato, per Milei sarà una compagna di viaggio nel conservatorismo del sud dell’Occidente. La futura Europa sarà in parte a trazione italiana, anche a causa della fine dell’asse franco-tedesco, e l’internazionale conservatrice avrà come sua leader naturale proprio la Meloni. Sarà una gran bella stagione per l’Italia e la destra».