In questi ultimi mesi abbiamo assistito all’ascesa del candidato della destra libertaria, liberista e a tratti anarco-capitalista alla Presidenza della Repubblica Argentina, Javier Milei.
Si è contraddistinto da subito per aver ingaggiato una campagna contro gli eredi del peronismo a colpi di motosega, come simbolo della necessità di tagliare tutti gli sprechi, ridurre la presenza dello Stato nell’economia e restituire libertà all’iniziativa privata per far risalire la china a un Paese ormai tecnicamente fallito.
La campagna elettorale, dai toni durissimi, volgare e, a suo modo, durissima nella confrontazione, è sembrata più un’ottima recita di un qualificato professore e studioso che voleva indorare la pillola del rigore economico e fiscale a un Paese che, di tali concetti ne farebbe a meno, continuandogli a preferire i sussidi Statali.

L’aggancio al dollaro, la limitazione delle operazioni della banca centrale, il dimezzamento dei ministeri e il taglio di tutti i sussidi al grido di “¡Afuera!” , altro non sono che la versione caciarona (Milei ha origini italiane del resto) delle misure “lacrime e sangue” di Mario Monti, condite da un populismo dei toni che ha consentito probabilmente a Milei di far comprendere con un linguaggio simile ai suoi avversari, l’urgenza per gli argentini di tirare il freno a mano della spesa pubblica.
Mentre scrivevo vari pezzi e facevo approfondimenti, mi è capitato di incrociare sulle reti Mediaset proprio il Presidente Milei ospite di Nicola Porro. Quest’ultimo gli ha posto, con tono chiaramente provocatorio da liberale qual è anche lui, il fatto che in Italia e in Europa il consenso si conquisti invece con promesse di bonus, sussidi e programmi sociali generosi e che quindi è impossibile creare consenso invece come ha fatto lui.

La risposta del Presidente argentino è stata tanto semplice, quanto disarmante: “Qual è il posto che cresce di meno nel mondo? L’Europa, perché ha un “Montón de Estado” (un’enorme presenza dello Stato) nella vita dei cittadini e nell’Economia.”
La vecchia ricetta liberale per cui troppa burocrazia inutile, spesa pubblica inefficiente e giustizia lentissima bloccano i processi economici e sociali, forse trova concreto e non solo retorico riscontro.
Il secondo intervento che mi è capitato di guardare, in occasione della discussione parlamentare sul decreto milleproroghe, esempio nefasto dell’incapacità legislativa del nostro Paese, è quello del Deputato Luigi Marattin, docente ed economista liberale, che denunciava davanti ai suoi colleghi la vergogna di una norma che dava agli enti della Regione Calabria e Sicilia la possibilità di “assumere in deroga a tutto, comprese facoltà assunzionali, piante organiche e persino concorsi pubblici, come previsto dalla Costituzione, incardinando disoccupati che sarebbero diventati poi precari nella Pubblica Amministrazione, rinnovati di anno in anno”.

Ecco, davanti a un paesaggio così desolante, dove si plaude in parlamento, in modo bipartisan , a norme che gonfiano il debito pubblico inutilmente sulle spalle dei nostri figli e nipoti, manca ogni tipo di approccio alla razionalizzazione della spesa pubblica e manca una visione di investimenti produttivi sulle leve di sviluppo reale, non può che sorgere in me la preoccupazione che, forse Milei non è l’ideale, essendo troppo liberista per i nostri standard e trascurando la coesione sociale, ma forse dovremmo aver in mente, noi cittadini elettori e governanti che, sullo sfondo, dopo le ennesime stagioni di populismi, di destra e sinistra, dalla ricetta tassa e spendi, beh, forse il momento di un Milei in Italia non è così lontano. E se, e quando, arriverà, forse sarà solo l’eroe che non meritiamo, ma di cui avremo disperato bisogno.

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Nato nel 1995, vivo a Trieste, laureato in Cooperazione internazionale. Consulente per le relazioni pubbliche e istituzionali, ho una tessera di partito in tasca da 11 anni. Faccio incontrare le persone e accadere le cose, vorrei lasciare il mondo meglio di come l'ho trovato. Appassionato di democrazia e istituzioni, di viaggi, musica indie e Spagna