Editoriali
John Bercow paladino della democrazia, salvaci tu!

«Order! Order! Lei, signor capo dell’opposizione oggi mi sembra un po’ troppo agitato, le consiglio un minuto di riflessione mentre vedo là la nostra cara representative che… voleva dire… Sì? Cosa? No, non se prima non lo decido io, prego. Order! Order, che diamine! Ho detto order! Lei si comporta davvero come uno scolaretto ed è di pessimo esempio per gli scolari veri che ci stanno guardando dalla tribuna, anche se lei è il primo ministro! Che diamine! Order! Ho detto order, grazie, credo che fra poco rilascerò una dichiarazione a questa House, ma prima vorrei sentire…».
John Bercow è lo Speaker della Camera dei comuni “The House” per eccellenza, essendo tutte Houses le camere di lingua inglese anche quella dei Lord, il Congresso e il Senato americano e tutte quelle dei rappresentanti. John Bercow si presenta come un borghese britannico medio e patriota, indossa cravatte modernissime e scioccanti, ha i capelli arruffati e grigi come un artista di Soho, ma è l’anima incarnata della democrazia inglese, riunita in un unico potere che ha deciso di prendere e mantenere il comando su tutto il Regno Unito di Gran Bretagna e Nord Irlanda. Licenzia, dopo averla fatta attendere due ore, l’inviata dell Regina, travestita con fiocchi e quadretti come quella di Alice in Wonderland e mette alla porta il primo ministro. È lui che ha fatto del Parlamento una patria e della patria l’estensione del Parlamento.
John Bercow è lo Speaker della Camera dei comuni “The House” per eccellenza, essendo tutte Houses le camere di lingua inglese anche quella dei Lord, il Congresso e il Senato americano e tutte quelle dei rappresentanti. John Bercow si presenta come un borghese britannico medio e patriota, indossa cravatte modernissime e scioccanti, ha i capelli arruffati e grigi come un artista di Soho, ma è l’anima incarnata della democrazia inglese, riunita in un unico potere che ha deciso di prendere e mantenere il comando su tutto il Regno Unito di Gran Bretagna e Nord Irlanda. Licenzia, dopo averla fatta attendere due ore, l’inviata dell Regina, travestita con fiocchi e quadretti come quella di Alice in Wonderland e mette alla porta il primo ministro. È lui che ha fatto del Parlamento una patria e della patria l’estensione del Parlamento.
L’opposto di quel che fanno in Italia i Cinque Stelle o Salvini: «I deputati e i senatori devono alzare il culo e andare a votare a ferragosto come tutti gli altri lavoratori…». Ricordate? L’opposto. Bercow è già in odore di santità e c’è chi lo sogna già prossimo Prime Minister di un UK nuovo e rivoluzionario, solitario ma connesso con l’Europa, fratello degli Stati Uniti ma ostile a Donald Trump che non ha accesso in the House. Aveva detto che oggi 31 ottobre, ex data fatidica ormai decaduta che avrebbe dovuto coincidere con il Brexit Day nuovamente rinviato a Carnevale del 2020, lui, John – Order! Order! – Bercow avrebbe abbandonato il suo alto scranno, davanti al quale si presentano a capo chino e con un inchino i tre rappresentanti dell’assemblea per annunciare il risultato del voto, avvenuto pudicamente nella votation room, una sala a parte come le rest rooms, o bagni di decenza. Aveva detto che se ne sarebbe andato dopo tre mandati as a Speaker, ma tutto lascia intendere che nuovo business lo debba trattenere e che resterà, malgrado le promesse alla cara moglie sempre evocata; e ai tre ragazzi, due maschi e una bambina, cui tiene come le cose più care del suo magico mondo da Mary Poppins maschile nella robusta democrazia parlamentare britannica. John è il Parlamento in rivolta. Un nuovo Cromwell. Così un mese fa parlò ai membri della sua House e davanti al mondo intero affinché tutti udissero: «Noi non siamo dei delegati, noi non siamo qui per riferire decisioni altrui!». Hi Hi! Acconsentivano tutti, commossi e partecipi come carbonari di una setta eversiva. «Noi, proseguì lo Speaker of the House, siamo Representatives – sì sì sì, urlavano tutti– noi non siamo deputati, non siamo impiegati, non siamo stipendiati ma rappresentanti ciascuno dell’intera nazione e dell’intero popolo del Regno Unito, noi – ciascuno di noi da solo – siamo tutti: anche tutti gli altri. E nessuno può essere più di noi ciò che noi siamo, perché siamo il popolo e nessun altro fuori di qui, e nemmeno qui dentro, da solo, può essere quel che noi pochi e fedeli e patriottici siamo di fronte al nostro elettorato, perché noi e solo noi siamo i representatives of the House!».
Delirio. Il Parlamento come una patria. Pronti a uccidere per resistere, pronti a farci uccidere per difendere il popolo che rappresentiamo. Era Shakespeare, Enrico IV: «We few, we happy few, we band of brothers». Un colpo teatrale: la democrazia che si fa materia, la forma che si fa persona, l’incarnazione della divinità laica della democrazia parlamentare.
Ed io, ciecamente innamorato della democrazia britannica fin dalla smarrita infanzia, tremavo di commozione in casa mia, a pochi passi dai luoghi in cui il console Giulio Cesare fu spento dai coltelli dei representatives romani nel suo attentato alla Costituzione repubblicana in the Roman House, nel Senatus Populusque Romanus di Cicerone e Catilina, per sovversione della Casa, che oggi rivive a Londra e di cui Mister Speaker è l’anima, la memoria, la voce ironica decorata da una sconsiderata cravatta come un quadro di Jackson Pollock. I representatives sono la nazione e sono ciascuno l’intero popolo, we are the House, we are Democracy, Order please, order! Quando Camillo Benso Conte di Cavour fece la sua prima e credo unica visita a Londra, fu inviato in quell’aula e ne uscì stupito, stordito, ammirato, confuso: dunque quella era la forma autentica e originaria della democrazia? È lì che il monarca esautorato deve bussare tre volte prima di essere ammesso e leggere il discorso che gli ha preparato il prime minister chiunque sia? È lì che il dibattito va avanti come in un salotto, su lunghi scomodi divani verdi da cui è difficile uscire per poi appoggiarsi alle pile di libri, volumi rilegati e scartoffie per rispondere istantaneamente all’avversario come in un talk show, senza le melense incrostazioni cui siamo abituati noi?
Sì, è così e quel che sta accadendo con John Bercow è una nuova trasformazione rivoluzionaria della centralità di un Parlamento che comanda, censura, ordina, rifiuta, disobbedisce e non ha padroni perché, come dice John Bercow nel suo manifesto applaudito dai representatives, «ognuno di noi è qui soltanto per il bene comune, pensa soltanto al bene dell’intera nazione, pronto ad ogni sacrificio e a ogni atto di indipendenza per onorare e servire il proprio paese». Questa la lezione di John Bercow oggi: sintonizzatevi sulla Bbc, guardatelo su Youtube, imparate qualcosa e cerchiamo di ricostruire o costruire ciò che non abbiamo: il patriottismo delle Camere, l’altera e regnante sovranità of the House, altro che taglio dei parlamentari e vilipendio delle istituzioni. Mister speaker, se mai ce ne fosse uno, yours is the floor, signor presidente del Parlamento, sua è la scena, a lei la parola, ma più che altro a voi il potere, rappresentanti dell’intera democrazia, senza altri padroni che la vostra coscienza per il bene del vostro Paese.
Ma che cosa mi avranno messo nell’aperitivo?
Ed io, ciecamente innamorato della democrazia britannica fin dalla smarrita infanzia, tremavo di commozione in casa mia, a pochi passi dai luoghi in cui il console Giulio Cesare fu spento dai coltelli dei representatives romani nel suo attentato alla Costituzione repubblicana in the Roman House, nel Senatus Populusque Romanus di Cicerone e Catilina, per sovversione della Casa, che oggi rivive a Londra e di cui Mister Speaker è l’anima, la memoria, la voce ironica decorata da una sconsiderata cravatta come un quadro di Jackson Pollock. I representatives sono la nazione e sono ciascuno l’intero popolo, we are the House, we are Democracy, Order please, order! Quando Camillo Benso Conte di Cavour fece la sua prima e credo unica visita a Londra, fu inviato in quell’aula e ne uscì stupito, stordito, ammirato, confuso: dunque quella era la forma autentica e originaria della democrazia? È lì che il monarca esautorato deve bussare tre volte prima di essere ammesso e leggere il discorso che gli ha preparato il prime minister chiunque sia? È lì che il dibattito va avanti come in un salotto, su lunghi scomodi divani verdi da cui è difficile uscire per poi appoggiarsi alle pile di libri, volumi rilegati e scartoffie per rispondere istantaneamente all’avversario come in un talk show, senza le melense incrostazioni cui siamo abituati noi?
Sì, è così e quel che sta accadendo con John Bercow è una nuova trasformazione rivoluzionaria della centralità di un Parlamento che comanda, censura, ordina, rifiuta, disobbedisce e non ha padroni perché, come dice John Bercow nel suo manifesto applaudito dai representatives, «ognuno di noi è qui soltanto per il bene comune, pensa soltanto al bene dell’intera nazione, pronto ad ogni sacrificio e a ogni atto di indipendenza per onorare e servire il proprio paese». Questa la lezione di John Bercow oggi: sintonizzatevi sulla Bbc, guardatelo su Youtube, imparate qualcosa e cerchiamo di ricostruire o costruire ciò che non abbiamo: il patriottismo delle Camere, l’altera e regnante sovranità of the House, altro che taglio dei parlamentari e vilipendio delle istituzioni. Mister speaker, se mai ce ne fosse uno, yours is the floor, signor presidente del Parlamento, sua è la scena, a lei la parola, ma più che altro a voi il potere, rappresentanti dell’intera democrazia, senza altri padroni che la vostra coscienza per il bene del vostro Paese.
Ma che cosa mi avranno messo nell’aperitivo?
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