John Fitzgerald Kennedy, il predestinato: l’ascesa politica, le scappatelle e la morte in diretta

John Fitzgerald Kennedy è stato sicuramente uno dei presidenti più amati della storia. Un predestinato, appartenente a una delle famiglie più potenti e influenti d’America. Carismatico, bello, ambizioso, è riuscito ad entrare nel cuore degli americani (e non solo) come pochi altri leader politici. La sua tragica fine a Dallas nel 1963 contribuisce a fare entrare la sua figura mitologica nella leggenda.
Nasce nel Massachusets nel 1917; cresce a Boston e a New York. È il secondo di nove fratelli. Frequenta l’Università di Harvard, ma nel 1941 decide di arruolarsi in Marina. Le sue già fragili condizioni di salute (ne soffrirà per tutta la vita) ne compromettono in un primo momento il reclutamento. Il peso del nome e le opere di convincimento del padre Joe mettono le cose a posto. Quella in Marina è un’esperienza fondamentale per Kennedy, durante la quale ha l’opportunità di mettere alla prova il suo coraggio. L’occasione arriva quando l’imbarcazione da lui comandata viene colpita da un cacciatorpediniere giapponese. Kennedy riesce a portare in salvo i suoi compagni nuotando per kilometri in mare aperto e compiendo una vera e propria impresa che gli valse molti riconoscimenti.

Entra in politica dalla porta principale a guerra finita. Prima al Congresso e poi al Senato. Decisivo per il suo cammino (umano e politico) l’incontro con Jacqueline Bouvier (Jackie Kennedy). Per stessa ammissione di Jack (tutti lo chiamavano così) l’apporto di sua moglie fu determinante per la realizzazione di un suo famoso e importante articolo, Profiles in Courage, dedicato ai politici più coraggiosi della storia degli Stati Uniti. L’articolo, diventati poi un libro, permette a Kennedy di vincere il premio Pulitzer nel 1957.
A proposito però di Jackie, ci sarebbe un intero capitolo da aprire sul rapporto di Kennedy con le donne. Il suo insaziabile appetito sessuale è cosa ormai arcinota, così come la sue molteplici relazioni extraconiugali, tra cui quella con la leggendaria Marilyn Monroe. “Scappatelle” che accompagneranno l’apparentemente perfetta vita dei coniugi Kennedy prima e durante il periodo alla Casa Bianca, e che Jackie è costretta suo malgrado a gestire e sopportare.

Tornando alla politica; per Kennedy il ruolo di semplice senatore è troppo stretto, non può bastargli: la sua sfrenata ambizione (e quella di suo padre e della sua famiglia) glielo impedisce. Nel 1960 dichiara il suo reale obiettivo: la presidenza. Affronta durante le primarie democratiche quel Lyndon Johnson che diventerà il suo vicepresidente e il suo successore dopo l’attentato in Texas. Superato lo scoglio delle primarie restava però l’avversario repubblicano da battere: Richard Nixon. Inizia così una campagna elettorale che segna il passaggio da un’epoca all’altra. È la prima volta in assoluto che un dibattito presidenziale viene trasmesso in televisione. Dal confronto, complice un’evidente differenza di presenza scenica, uscì vincente Kennedy. Anche se qualcuno tiene a ricordare che gli americani che ascoltarono il confronto alla radio considerarono Nixon vincente; a testimonianza della sempre maggiore importanza che da lì alle successive elezioni assumeranno l’aspetto fisico e la presentabilità dei candidati.
Kennedy riesce ad avere la meglio su Nixon (che si rifarà qualche anno più tardi rendendo però tristemente famosa la sua presidenza per lo scandalo Watergate) e diventa il primo presidente cattolico (altro aspetto da rimarcare) di sempre. Il giorno del giuramento consegna alla storia una delle frasi più celebri pronunciate durante un suo discorso: «Non chiedetevi che cosa il vostro Paese può fare per voi; chiedetevi che cosa potete fare voi per il vostro Paese».

Jack Kennedy arriva alla casa Bianca a soli 43 anni, con un consenso che tocca percentuali mai viste prima. La sua presidenza viene sicuramente segnata dal tentativo di deporre Fidel Castro a Cuba e dal fallimento dell’invasione della baia dei Porci. Un governo comunista alle dipendenze di Mosca, e a pochi km dalle coste della Florida, rappresentava un problema non di poco conto per l’amministrazione Kennedy. La conseguente crisi dei missili (gli americani avevano le prove della costruzione di missili sovietici a Cuba) portò il mondo sull’orlo della catastrofe. In quella circostanza Kennedy dimostrò tutto il suo valore e scongiurò probabilmente un terzo conflitto mondiale. Nonostante le pressioni militari dei suoi generali non attaccò le basi missilistiche russe ma convinse Chruschev a fare dietrofront in cambio della promessa di non invadere Cuba e di smantellare i missili americani (i famosi Jupiter) in Italia e in Turchia.

La competizione con l’Unione Sovietica in quegli anni raggiunse anche lo spazio. Kennedy non digeriva l’evidente vantaggio sovietico nell’esplorazione spaziale e lanciò la sfida alla conquista della luna. Entro dieci anni un americano avrebbe dovuto toccare il suolo lunare e tornare sulla Terra sano e salvo. Cosa che effettivamente avvenne come sappiamo ben prima delle previsioni, nel 1969, dopo un’impressionante quantità di miliardi stanziati dal Congresso.
Per ragioni di spazio ci limitiamo a citare questi due avvenimenti della presidenza Kennedy, senza però poter fare a meno di citarne un terzo, quello fatale.

Il 22 novembre del 1963 Kennedy sta percorrendo le strade di Dallas insieme alla moglie (e al governatore del Texas) sulla macchina presidenziale scoperta quando viene raggiunto da alcuni colpi di pistola, uno dei quali gli centra la testa. Le immagini della morte in diretta del presidente (stessa tragica fine toccherà pochi anni dopo a colui che doveva esserne il perfetto erede, il suo amato fratello Bob), del vestito rosa di Jackie macchiato del sangue del marito, del piccolo John che fa il saluto militare davanti al feretro del padre, rappresentano uno schok emotivo per tutti, americani e non. Un momento che si fissa indelebilmente nella memoria collettiva, che cambia la storia degli Stati Uniti. Molti si sono chiesti che cosa avrebbe potuto fare ancora il presidente Kennedy se non fosse morto quel giorno a Dallas, a soli 46 anni. Ovviamente non possiamo saperlo, non siamo in grado di dire se il futuro dell’America e del mondo avrebbe potuto prendere una piega differente. Possiamo però cercare di capire quello che di buono e di meno buono Kennedy ha fatto; senza dubbio vale la pena conoscerne la storia, studiare il personaggio, assorbirne il meglio.

“I nostri problemi vengono creati dall’uomo, perciò possono essere risolti dall’uomo. Perché il legame fondamentale che unisce tutti noi è che abitiamo tutti su questo piccolo pianeta. Respiriamo tutti la stessa aria. Abbiamo tutti a cuore il futuro dei nostri figli. E siamo tutti solo di passaggio.”
J. F. Kennedy