Trentasei pagine per motivare la mazzata inferta alla Juventus e ai suoi ormai ex dirigenti. È il documento pubblicato oggi dalla Corte di appello della Figc, le motivazioni che hanno indotto la magistratura sportiva lo scorso 20 gennaio a infliggere al club bianconero della famiglia Agnelli-Elkann 15 punti di penalizzazione in classifica e inibito 11 suoi dirigenti.

Bianconeri che secondo i magistrati hanno “commesso un illecito disciplinare sportivo, tenuto conto della gravità e della natura ripetuta e prolungata della violazione”. Una punizione durissima: il procuratore Chiné aveva infatti chiesto per il club di Torino 9 punti di penalizzazione, mentre la Corte ha comminato una sanzione più pesante.

Le motivazioni tirano in ballo in particolare la violazione dell’articolo 6, quello riguardante la lealtà sportiva, relativamente alle plusvalenze “artificiali” messe a punto dalla società per aggiustare i propri bilanci. Decisiva, come evidente dalle motivazioni della Corte di appello della Figc, è stata la “impressionante mole di documenti giunti dalla Procura della Repubblica di Torino” che indaga a sua volta sul club bianconero: i giudici ritengono infatti che la Juventus abbia commesso gli illeciti “vista la documentazione proveniente dai dirigenti” del club “con valenza confessoria e dai relativi manoscritti, le intercettazioni inequivoche e le ulteriori evidenze relative a interventi di nascondimento di documentazione o addirittura manipolatori delle fatture”.

Juventus che sempre secondo la magistratura sportiva “ha evidenziato l’intenzionalità sottostante all’alterazione delle operazioni di trasferimento e dei relativi valori”.

Proprio alla luce delle nuove carte arrivate dalla Procura di Torino si legge il ribaltamento della sentenza di primo grado che aveva assolto la Juventus e le altre otto società coinvolte per gli stessi fatti. La Corte di appello Figc si è vista mettere di fronte “un quadro dei fatti radicalmente diverso” grazie ai documenti acquisiti dalla Procura torinese: prima infatti non era noto “l’avvenuto disvelamento della intenzionalità sottostante all’alterazione delle operazioni di trasferimento e dei relativi valori”, con la presenza “di un sistema fraudolento in partenza (quanto meno sul piano sportivo) che la Corte federale non aveva potuto conoscere”.

A proposito degli altri club prosciolti, le motivazioni chiariscono anche l’altro punto molto discusso della sentenza di Appello: per i giudici “non sussistono evidenze dimostrative specifiche per le altre società che consentano di sostenere l’accusa e tanto meno appare possibile sostenere che vi sia stata una sistematica alterazione di più bilanci”. In sostanza, nelle nuove carte non vi sono nuovi elementi contro gli altri otto club coinvolti nell’inchiesta (Sampdoria, Empoli, Genoa, Pisa, Pescara, Parma, Pro Vercelli e il vecchio Novara).

Durissima anche la parte di motivazioni in cui si evidenzia come i bilanci della FC Juventus SpA siano “non attendibili“, e di come tutto ciò abbia effetto sulla competizione sportiva anche aldilà dell’entità economica degli scambi. “Scopo del processo sportivo – argomentano i giudici – non è giungere ad una determinazione numerica esatta dell’ammontare delle plusvalenze fittizie, bensì individuare se un fenomeno di tale natura vi sia effettivamente stato, se esso sia quindi sussumibile sotto la fattispecie dell’illecito disciplinare sportivo e, infine, se esso possa essere considerato sistematico – cioè riferito a più operazioni e più annualità – come contestato dalla Procura federale. La documentazione acquisita dalla Procura federale, direttamente proveniente dai dirigenti della società con valenza confessoria, le intercettazioni anch’esse inequivoche, sia atomisticamente considerate che nel loro complesso, i riscontri ulteriori formati dalla contrattualistica volta a regolare un effetto concreto di permuta non manifestato all’esterno, e le ulteriori evidenze relative ad interventi di nascondimento di documentazione (caso Pjanic) o addirittura manipolatori delle fatture (caso Olympique De Marseille) costituiscono un quadro fattuale che assorbe ogni altra considerazione”.

I giudici citano anche il noto “libro nero” dell’ex direttore sportivo Fabio Paratici, ora passato al Tottenham. Documento che per la Corte di appello “costituisce un elemento oggettivo non equivocabile“.

Tutte motivazioni che hanno spinto la Corte ad andare oltre i nove punti di penalizzazione chiesti dalla procura, perché secondo i giudici di Appello la sanzione deve essere “proporzionata anche all’inevitabile alterazione del risultato sportivo che ne è conseguita tentando di rimediare ad una tale alterazione, così come deve essere proporzionata al mancato rispetto dei principi di corretta gestione che lo stesso Statuto della Figc impone quale clausola di carattere generale in capo alle società sportive“.

Il club bianconero avrà comunque trenta giorni per presentare ricorso al Collegio di Garanzia del Coni: quest’ultimo però può giudica solo su questioni di legittimità e non di merito, dunque potrà solo confermare o cancellare il verdetto della Corte federale.

Redazione

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