“Non è questione di partito. Qui si deve distinguere ciò che è giusto da cioè che è sbagliato” ha detto Liz Cheney al teatro Royal Oak in Michigan, il suo palcoscenico elettorale da cui aveva sempre tenuto ardenti discorsi di destra e da cui oggi sostiene l’alleanza con la sinistra di Kamala Harris.

Grandi applausi dei suoi elettori, ai quali dice: “So che molti di voi sono già d’accordo con me, ma hanno paura di parlare apertamente perché si sentono il fiato sul collo dei trumpiani. Ho detto e ripeto a tutti che è arrivato il momento di parlare ed agire in unione con i democratici di Kamala Harris anche se non chiedo loro di rinunciare alle proprie idee: le loro idee sono giuste e restano le nostre. Ma un pericolo più grave ci minaccia e minaccia la Costituzione che noi americani dobbiamo difendere”. Quindi il momento clou: “Chiedo ai repubblicani di fare qualcosa che è solo in apparenza contraria alle loro idee perché posso assicurarvi che Kamala Harris non è il nemico di sinistra da battere, perché Kamala è una donna saggia ed equilibrata che conosco bene e con cui ho una stretta amicizia malgrado le idee politiche diverse: oggi è arrivato il momento in cui dobbiamo far prevalere la salvezza della democrazia senza rinunciare alle battaglie che né io nei miei amici repubblicani intendiamo abbandonare. Non abbiate paura, non dovete confidare a nessuno come avete votato, ma fate in modo che il vostro voto salvi la Costituzione americana”. L’alleanza fra elefante repubblicano e asinello democratico è varata da due donne.

Cosa manca a Kamala per vincere

Kamala Harris è all’ultima spiaggia perché malgrado il conforto dei grandi numeri, alla sua vittoria mancano sia gli Stati chiave come la Georgia, il North Carolina, il Michigan, l’Arizona e il Wisconsin, che gli elettori neri che nel 2019 votarono per Biden e di cui un quinto è in marcia verso Donald Trump. La comunità nera è delusa e si sente oltraggiata dal “buonismo democratico” che ha portato nel secolo scorso masse di neri discendenti dagli schiavi nelle periferie di concentramento metropolitane e restare lì a marcire come riserva di lavoro a basso costo e riserva di voti, ma serviti ad ogni angolo di strada di strutture per aborti rapidi per il più brutale contenimento delle nascite. Oggi la borghesia afroamericana non guarda al colore ma al curriculum e alle università per i figli.

Il confronto

Così è stata annunciata la nascita di un fronte civico per la difesa della Costituzione, guidato da una antiabortista come Liz Cheney e Kamala Harris. Le due donne sono ora scatenate in una campagna delle aree suburbane dette “blue wall”, conservatrici antiabortiste; mentre Elon Musk versa nelle casse di Trump il massimo consentito dalla legge per un sostegno elettorale e lui, Donald, cerca di recuperare i voti che ha perso improvvisando un racconto di oscenità da spogliatoio che ha mandato in bestia gli elettori cristiani. E poi c’è la politica estera: se ne parla a bassa voce e i repubblicani si sentono spiati in casa loro, ma tutti sanno che la vittoria di Trump darebbe luce verde all’espansionismo russo mentre Kamala assicurerebbe una politica filoeuropea e di confronto a con Putin e i suoi alleati iraniani, cinesi. Inutile dire che dietro Kamala si muove il Deep State e la tradizione del Dipartimento di Stato e delle agenzie di intelligence, Cia in testa.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.