Karima El Mahroug, conosciuta in Italia come Ruby, ha 29 anni, una bambina e un compagno, vive a Genova e a 12 anni dallo scandalo del cosiddetto “Bunga bunga” rischia cinque anni di carcere. “Guardando indietro, con la maturità e la consapevolezza di adesso, credo che quella ragazza di 17 anni avrebbe dovuto essere protetta, soprattutto da quello stesso sistema che non ha mai smesso di giudicarmi, anche quando nei processi mi definiva vittima”, ha fatto sapere in un testo inviato all’Ansa attraverso il suo legale, l’avvocata Paola Boccardi. La sentenza dopo l’estate.

El Mahroug era arrivata in Italia dal Marocco con i genitori. Cresciuta in povertà nelle campagne di Letojanni, in provincia di Messina. Il padre faceva l’ambulante e lei scappò da una comunità dopo essere stata abbandonata dalla famiglia. A un concorso di bellezza nel 2009 venne notata da Emilio Fede, secondo la ricostruzione dei pm. L’anno dopo esplose il caso del “Bunga Bunga”. I processi su quelle che vennero definite “cene eleganti” portano il suo nome. “Sono molto turbata dalla descrizione che ancora una volta viene fatta della mia persona da parte di chi non mi ha mai neppure conosciuta” ha aggiunto Karima El Mahroug dicendo che i pm “descrivono nella loro requisitoria una persona che non esiste, con un nome di fantasia che avevo inventato da giovanissima per proteggermi dietro una maschera”.

Ruby ter è il terzo filone dell’indagini sull’inchiesta dei presunti soldi versati alle cosiddette “Olgettine”. È partito nel 2014. Il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e il sostituto procuratore hanno chiesto una condanna senza le attenuanti generiche. Secondo le accuse l’ex presidente del Consiglio avrebbe comprato il silenzio e le menzogne di una trentina di ospiti e collaboratori che, a partire dal 2011 vennero chiamati a testimoniare nei processi Ruby e Ruby 2. Secondo i pm l’accordo prevedeva un reddito di “2.500 euro al mese e un tetto”. Secondo Gaglio “l’interesse era di pagare per mentire in tribunale e anche nelle interviste che venivano rilasciate ai media in modo da non depotenziare le testimonianze in aula”. Imputate 28 persone in tutto.

Chiesta alla settima sezione penale del Tribunale di Milano per Berlusconi la condanna a sei anni di carcere per corruzione in atti giudiziari, la confisca di quasi 11 milioni di euro delle quattro case che avrebbe fornito nell’ambito del presunto accordo, dieci milioni di euro per il “discredito planetario” causato all’istituzione. A Karima El Mahroug per corruzione in atti giudiziari è stata chiesta una condanna a cinque anni di reclusione e la confisca di cinque milioni di euro per non aver rivelato quello che sarebbe successo a Villa San Martino. “Le centinaia di migliaia di euro che Karima spendeva – ha detto Gaglio – le venivano consegnate, tramite il suo legale Luca Giuliante, da Berlusconi; lei più di così non poteva spendere, più di così c’era solo buttare i soldi dalla finestra. Soffre in quel periodo di una vera e propria compulsione a spendere. Karima era inaffidabile e il progetto era non farla testimoniare ed è stata fatta volare via per non farla testimoniare”.

E invece: “La mia vita è stata stravolta e io stritolata da un sistema molto più grande di me. La Ruby descritta in aula è molto lontana dalla donna che sono oggi, la mia vita non ha nulla a che vedere con quella descritta dall’accusa nel processo. Sono stanca di dover combattere contro una rappresentazione di me che non ha nulla a che vedere con quanto sono”, ha aggiunto El Mahroug. Come aveva scritto nel suo editoriale il direttore de Il Riformista Piero Sansonetti: “L’idea della Procura è che prima o poi un giudice amico che lo condanni si trova. Finora è andata malissimo. Primi gradi, appelli, cassazioni, Ruby ter, Ruby bis, Rubi ter-bis…: niente sempre assolto. Adesso tornano alla carica. Lo accusano di avere assoldato i testimoni. Ma perché avrebbe dovuto se è accertato che è innocente? E poi, allora, anche i giudici che lo hanno assolto vanno processati?”.

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